L’antica frase romana: si vis pacem, para bellum: chi vuol la pace, guerra apparecchi. È una frase di Flavius Renatus Vegetius, scrittore dell’epoca dell’imperatore Valentiniano II, fine del IV secolo, la quale proviene dal libro De Rei Militaris (Delle cose delle Milizie). Non è una frase aggressiva o un’idea espansionista o imperialista ma, tutto l’opposto, vale a dire, affinché una guerra possa essere evitata o un paese aggredito da un altro, la cosa migliore è stare ben armato per difendersi e non per lottare con le altre nazioni. Poiché si è dell’opinione che chi ha una buona difesa sarà rispettato dalle altre nazioni e non potrà essere aggredito.
Questa espressione si adegua molto bene alla situazione attuale e, specialmente, a quella del dopo 7 settembre 2009 (Giorno dell’Indipendenza del Brasile), quando questo paese ha firmato con il governo della Francia (presidenti: Lula da Silva e Sarkozy) un accordo strategico per mezzo del quale il Brasile riceverà armi e tecnologia d’avanguardia per costruire un nuovo sistema difensivo che sarà composto di 36 aerei Rafael, 51 elicotteri e 5 sottomarini, di cui 1 nucleare, che nel continente sudamericano lo porrà all’avanguardia per quanto concerne il sistema di difesa, la cui componentistica si fabbricherà in Brasile con trasferimento tecnologico verso quest’ultimo da parte della Francia.
Sin dal momento della firma dell’accordo, tutta un’ondata di critiche proveniente dai mezzi di comunicazione di massa, le cui sedi principali si trovano negli Stati Uniti, si sta portando avanti con argomentazioni del tipo: “corsa agli armamenti nell’America del Sud”, “spesa militare eccessiva in un’America con grandi problemi sociali”, o con ragionamenti fasulli di un pacifismo ipocrita che recita che questa corsa agli armamenti impedirà la nostra integrazione regionale (?).
Sono gli stessi mezzi di comunicazione che nulla comunicarono riguardo: a quale scopo, nel 2008, gli Stati Uniti ha riattivato la IV flotta che naviga dalle calde acque dei caraibi al gelido mare nostro australe? o sul perché volere incrementare a dismisura la loro presenza nel nostro continente mediante l’insediamento di nuove basi in Colombia e che, di là dell’alternarsi delle amministrazioni di Bush e di Obama, non sono in grado di dare una spiegazione credibile sul fatto che non sono stati coinvolti nel “golpe” di Honduras, ad esempio. Quali sono le ipotesi di conflitto che conduce gli Stati Uniti nell’America meridionale?.
Il maresciallo tedesco Von Clausewitz, insisteva che la guerra moderna è “la continuazione della politica con altri mezzi”, dopo la caduta del muro di Berlino è stata la forma che ha adottato la politica estera degli USA per controllare il mondo e cercare d’imporre un indiscutibile unipolarismo dove tutto ruoterebbe secondo i loro interessi strategici (per questa ragione si è formato il cordone di basi militari tanto nei caraibi quanto nell’America del Sud, così come in tutto il mondo), l’insediamento delle stesse si è realizzato sotto il pretesto di lottare contro il narcotraffico e il terrorismo internazionale.
Ma non dobbiamo essere molto diffidenti per comprendere gli obiettivi e i destinatari delle suddette manovre militari con questa manovra strategica intimidatoria, verso un continente che aspira a non essere più il loro cortile posteriore e che Washington vuole sottomettere a qualsiasi prezzo e, inoltre, controllare le importanti risorse di cui disponiamo.
L’America del Sud non ha scelto le sue ipotesi di conflitto, le sono state imposte dal Paese del Nord, poiché in un mondo globalizzato non possiamo fuggire al duro sforzo che si sta svolgendo tra le potenze emergenti e gli Stati Uniti per l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale multilaterale e che quest’ultimo non vuole accettare. Anzi, molti analisti americani autorevoli considerano che l’America del Nord abbia iniziato la sua fase di decadenza. E forse, ciò che rende evidente questa decadenza non è tanto la palude bellica dell’Iraq e dell’Afganistan, bensì la crisi finanziaria che, precisamente, oggi compie un anno, era iniziata con il crollo della banca Lehman Brothers, scatenando una crisi che avrebbe in seguito trascinato tutta l’economia mondiale e che ancora non si sa come si potrà risolvere.
Di fronte a questo scenario, il Brasile in quanto potenza emergente integrante del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), ha raggiunto una soglia di potere (*) che fino a pochi anni fa non possedeva e per conquistarsela ha sviluppato una politica estera guidata da una: (“pazienza strategica”, per il Brasile la capacità di condotta sovrana in un’economia globalizzata si rafforza nel contesto di un blocco regionale. Il paese è a conoscenza che, per promuovere i propri valori e obiettivi, i migliori alleati sono i suoi vicini. Partendo da quelle idee, Brasile ha elaborato una chiara scelta per stimolare un ambizioso programma d’integrazione regionale sud e latinoamericano”.) (1) Per questa ragione ha stimolato l’UNASUR e il Consiglio di Difesa Sudamericano che come abbiamo potuto osservare nel recente Summit di Bariloche, monitorerà l’adempimento degli accordi tra Colombia e Stati Uniti riguardo alle basi militari in quel paese. Ecuador e Venezuela, nello stesso tempo, si sono messi a disposizione di quest’organismo sudamericano affinché siano esaminate anche le loro politiche di difesa.
Alcuni giorni fa affermavamo che l’obiettivo del Comando Sud era il Brasile, per quanto concerne la nostra America meridionale e tuttora lo ribadiamo (2), di là da levarsi dai piedi i leader “discoli”. Dal momento che il Brasile non solo è un gigante economico e demografico nella nostra regione, ma ha anche raggiunto il livello (di potere soft) con il quale integrare i suoi vicini e soci; così come si sta impegnando a formar parte integrante del G8 e membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il che lo fa apparire un serio concorrente nei confronti delle pretese egemoniche degli Stati Uniti nell’America meridionale.
Quello che è in gioco (nello scacchiere instabile in cui si trova il mondo di oggi), è la possibilità che il nostro continente raggiunga i livelli di potere e di sovranità necessari per incorporarsi al nuovo ordine mondiale, nelle condizioni di resistenza ad una globalizzazione che ci è stata imposta e che non ci consente la piena autodeterminazione interna. Sotto questa cornice dobbiamo comprendere l’accordo strategico firmato dal Brasile e dalla Francia e alla luce di quello che ci hanno insegnato i classici: si vis pacem, para bellum.
Dottor Carlos Pereyra Mele Analista Politico Specialista in Geopolitica Sudamericana.
http://licpereyramele.blogspot.com
14.09.2009
(*) Soglia del potere: è una categoria utilizzata dal Dott. Marcelo Gullo nel suo libro “La insubordinación fundante”, la cui lettura è fondamentale per ogni argentino e sudamericano che si sente responsabile verso il destino della Patria.
(1) Marcel Fortuna Biato, Consulente speciale di affari internazionali nella presidenza del Brasile.
(2) El objetivo es… ¡Brasil! http://licpereyramele.blogspot.com/2009/08/el-porque-de-las-bases-militares-en.html
(trad. dallo spagnolo di V. Paglione)
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