“Il termine eletto possiede la virtù di ricordarmi ad ogni momento che sono presidente, esclusivamente grazie alla volontà degli elettori; mi avverte che sono un mandatario e che questo mandato mi è stato concesso dal popolo e non da me stesso.”
Queste le parole con cui José “Pepe” Mujica esordisce, durante il discorso del 1 marzo 2010, giorno in cui si insedia ufficialmente alla guida dello Stato uruguayano.
“Per me governare, significa innanzitutto creare le condizioni politiche per farlo; e governare per ottenere delle trasformazioni a lungo termine, significa prima di tutto, creare le condizioni per governare trent’anni di politica di stato.”
E ancora: “Mi piacerebbe credere che questa di oggi sia la sessione inaugurale di un governo di trent’anni; ma non mio né del Frente Amplio (il partito di Mujica), bensì di un sistema di partiti: capace di costruire tunnel ermetici in grado di attraversare le diverse presidenze e i diversi partiti che si susseguiranno nel tempo, e tramite questi tunnel far scorrere, intoccabili, i grandi assunti e le grandi linee strategiche.”
Parole, dunque, mirate al dialogo e alla collaborazione con gli avversari politici.
Dopotutto, il Frente Amplio si è riconfermato vincitore per la seconda volta consecutiva, non senza qualche difficoltà.
Nonostante, infatti, la maggioranza dei voti ottenuta rispetto agli altri partiti, il consenso popolare è decisamente calato in confronto alle elezioni precedenti.
Mujica questo lo sa bene, perciò ha deciso di riporre gran parte delle sue attenzioni alla realizzazione di programmi comuni.
“Questa è una formale dichiarazione d’intenti” conferma l’ex tupamaros, “sto immaginando un processo politico futuro, in cui ogni parte (politica e sociale) sia indispensabile all’altra.”
Dopo la dichiarazione dei buoni propositi, il nuovo presidente passa in rassegna, quelli che secondo lui sono i temi in cui è necessaria una risoluzione comune.
“Senza pretendere di annunciare una verità assoluta…i quattro assunti principali sono: educazione, energia, ambiente e sicurezza.”
“Educazione, educazione, educazione” ripete Mujica, “attraverso essa si definisce il volto della società che verrà” e dalla quale, aggiunge, “dipende buona parte delle potenzialità di un paese.”
Questo l’assunto principale.
A seguire il problema energetico, “assunto pieno di complicazioni tecniche”, con problemi come quello delle fonti non rinnovabili o l’utilizzo dell’energia solare, eolica o nucleare.
Inoltre, un ulteriore problema, come Mujica stesso fa notare, insorge in base a quanto i cittadini siano disposti a rinunciare per appoggiare le energie rinnovabili (ricollegandosi quindi all’assunto ambientale) economicamente redditizie, sottolineando come, “In questo caso, il nuovo sistema politico dovrà essere forte e sincero, dato che per impegnarsi sul tema dell’ambiente, sarà inevitabile rinunciare ad alcune promesse produttive; o viceversa, per sostenere la produzione, si dovranno ridimensionare le ambizioni di una natura intoccabile.”
Infine, il tema della sicurezza cittadina.
“Ora”, ricorda il leader del Frente Amplio, “abbiamo droga; mafie arricchite, capaci di corrompere ad ogni livello; narcotrafficanti internazionali che sfruttano il paese come via di transito, ma soprattutto come punto di distribuzione e riciclaggio di denaro sporco.”
Aggiungendo però, che “Ancora siamo una società tranquilla e relativamente sicura, tuttavia, il comportamento più sbagliato da assumere è proprio quello di sottovalutare questa minaccia.”
Questi, quindi, i temi per cui Mujica e la sua controparte politica, dovranno definire strategie comuni, finalizzate al raggiungimento di obiettivi a lungo termine.
Per il resto, “Occorre che la politica scorra nella sua forma naturale, ossia, il governo nel governo e l’opposizione nell’opposizione.”
Parafrasando: il dialogo è fondamentale ma solo per tutti quegli argomenti proposti dalla maggioranza politica.
Per quel che allora concerne gli intenti “solisti”, o meglio, quei cambiamenti annunciati in campagna elettorale, il nuovo presidente dell’Uruguay riassume il programma in due parole: “Más de lo mismo”, ovvero, ancora meglio dell’operato, già buono, svolto dalla precedente amministrazione Vázquez.
Dunque, andando per ordine: un’ulteriore crescita dell’economia, “di modo che la gente possa lavorare ed investire tranquillamente”; la realizzazione di un’agricoltura intteligente, capace di rinnovare le proprie tecniche di lavoro e allo stesso tempo in grado di accrescere l’attività d’esportazione; e soprattutto, la riforma “dello Stato come struttura, come organizzazione, come prestatore di servizi.”
“L’Uruguay” sostiene Mujica, “si è mantenuto ai margini dei venti privatizzatori degli anni ’90; la società ha ricevuto proposte, le ha considerate e respinte esplicitamente.”
“Siamo stati fra i portabandiera (il Frente Amplio) di quei rifiuti, e non ci pentiamo di ciò”, tuttavia prosegue, “l’appoggio dato a quelle decisioni, fu espresso (dal popolo) nei confronti di una certa modalità di proprietà sociale, e non ad una maniera piuttosto che un’altra, di gestione della cosa pubblica.”
“Come bene ha detto il presidente Tabaré Vázquez, questa è la madre di tutte le riforme e non dobbiamo permettere che continui ad aspettare.”
Terminata la lunga premessa di politica interna, Pepe Mujica si rivolge al popolo latinoamericano.
“Siamo una famiglia balcanizzata che desidera unirsi, ma non può.”
“A volte ci comportiamo come splendidi paesi, eppure continuiamo a fallire nel costruire un’unica Grande Patria; per lo meno fin ora.”
Nonostante tutto, aggiunge, “non perdiamo la speranza, perché sono ancora vivi i nostri sentimenti: dal Rio Bravo alle Malvinas vive una sola nazione, la nazione latinoamericana.”
“All’interno della nostra casa latinoamericana”, prosegue Mujica, “abbiamo un dormitorio comune che si chiama MERCOSUR (Mercado Comun Del Sur); quanto amore e quanta rabbia ci suscita questa parola!” sospira Mujica.
“Oggi però”, continua scherzosamente, “siamo in pubblico (oltre ai vari Lula, Chavez, Correa e così via, sono presenti alla cerimonia d’insediamento anche diverse delegazioni esterne al continente, fra cui Hillary Clinton e il russo Medvedev) è non è il momento di parlare degli argomenti da camera da letto (risate generali).”
“Lasciatemi però affermare”, incalza Mujica, “che per noi, il MERCOSUR è finche morte non ci separi (a questa affermazione partono gli applausi) e che speriamo sia lo stesso anche per i nostri soci maggiori.”
Con queste parole di buon auspicio, nei confronti di un’unità continentale futura, Mujica chiude il suo discorso.
Le affermazioni fatte su Cuba (“A Cuba non c’è socialismo ma mafia”, tanto per citarne una) e Argentina, prima delle elezioni, non promettono comunque niente di così prossimo.
E’ vero che almeno per l’Argentina sono arrivate subito le scuse e le spiegazioni riparatorie, ma quando Mujica afferma che “i Kirchner sono una sinistra truffa”, qualche problema di fondo esiste, e al di là delle scuse diplomatiche, difficilmente si avranno delle intese immediate.
* Stefano Pistore, laureando in Mediazione linguistica e culturale, collabora con “Eurasia”
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