« Il Mondo si sorregge su quattro colonne: La Saggezza del Sapiente, La Giustizia del Potente,
La Preghiera del Giusto, ed il Coraggio del Valoroso »
(Scritto sul frontale dell’Università di Cordova, XI sec.)
La corrente situazione storica è percepita all’interno della comunità islamica come estremamente negativa. Prodromo dei peggiori aspetti che le vicende umane possono assumere. Chiunque miri a contrapporsi al cosiddetto «Nuovo Ordine Mondiale», dovrebbe tener conto di quale sia la reale situazione della comunità islamica e di alcuni aspetti metapolitici della sua tradizionale visione degli eventi del Mondo, per evitare di cadere preda dello «sguardo Gorgonico» del Mostro che si vorrebbe fronteggiare, la cui natura è molteplice, anzi per eccellenza duale, al di là della parodistica affermazione di unità.
Premessa metafisica. La base dell’Islam è la dottrina del Tawhid, ovvero l’unicità del Divino e la sua assolutezza; dal Principio deriva ogni relativo aspetto, sia esso «benefico» che «malefico»; ogni evento è predestinato dall’Essere Supremo e dalla Sua volontà è determinato. Perfino la più banale concatenazione di causa ed effetto è puramente illusoria, in realtà è determinata dalla manifestazione degli aspetti e delle qualità divine. Cosi’ ogni contrapposizione è di per sé apparente e relativa ed al Principio appartiene ogni esistenza e realtà.
Alla luce della succitata considerazione metafisica, gli eventi storici vengono interpretati come il risultato della provvidenziale azione divina (il cui scopo essenziale è far «ricordare» all’essere umano la sua natura di creatura destinata al servizio ed alla sottomissione al Principio Supremo) e della puramente apparente contrapposizione ad essa operata da un accidente relativo che cerca di «velare» o far «dimenticare» tale Verità: LA VERITÀ. Questo accidente trae la sua origine stessa dalla Volontà principiale e la sua azione è strettamente limitata nei piani della Provvidenza, quindi la sua esistenza è puramente illusoria. Nondimeno la sua più strenua ed assoluta essenza è appunto l’arrogarsi un’esistenza ed un valore metafisico indipendenti ed in questo risiede la sua «connaturata» falsità: esso è l’AVVERSARIO per eccellenza sia sul piano microcosmico che sul quello macrocosmico e viene appunto chiamato, nella tradizione islamica, Shaytan, colui che si oppone. La sua natura è creata, formale e sottile, di «fuoco», così come l’essere umano è di «terra» – non è un angelo caduto, come riferisce la tradizione biblica – e la sua ribellione è sita nella «indipendenza» di giudizio a fronte dell’ordine divino di «prosternarsi» di fronte ad Adamo (su di lui la Pace) per un segreto tra lui ed il suo Creatore. La sua essenza è «prometeica» e la sua massima menzogna consiste nel presentarsi come «arimanico».
Considerazioni metastoriche
Sul piano umano l’azione provvidenziale si manifesta attraverso esseri appositamente prescelti, siano essi Inviati (Mursalin = portatori di una determinata e definita forma tradizionale), Profeti (Anbiya’= rinnovatori all’interno di una forma già preesistente), Santi (Awliya’ ar-Rahman [AR] = cooperatori, e continuatori dell’azione dei precedenti e quindi loro eredi spirituali, organizzati in specifiche gerarchie con funzioni proprie nei confronti dei diversi aspetti del creato; gli uomini di buona volontà di evangelica memoria).
Per la sua stessa connaturata tendenza parodistica anche l’Avversario (che ci sia concesso il rifugio dal suo inganno) opera similmente attraverso una gerarchia di creature umane che, come lui stesso, sono le prime vittime della loro illusione, essendo per loro natura «velate» come i servi della Provvidenza sono «svelati» rispetto alla Realtà Principiale.
Nella terminologia propria della tradizione islamica, questi «ingannati» ingannatori sono detti Awliya’ ash-shaytan [AS], ed i loro «principi» Dajjalin, o «impostori» (plur. di Dajjal, di cui l’Anticristo apocalittico è l’ultima e più perniciosa manifestazione).
Le forme attuali di tale invertita quanto illusoria gerarchia sono derivazioni di «tradizioni» abrogate. La fonte coranica connette tali parodistiche forme alle tradizione egizia (Sura 20, 60-76, che descrive la sfida tra Seyyidna Musa [Mosè], su di lui la pace, ed i Maghi del Faraone), mentre nelle raccolte delle tradizioni profetiche (Hadith o detti e avvenimenti di Seyyidna Hadrat Muhammed, su di lui la Pace) tali esseri si presentano di volta in volta come Ebrei o come Arabi politeisti (1). Altre fonti tradizionali islamiche connettono tali forze con aspetti ancora più anteriori, antidiluviani, di cui la tradizione egizia e quella ebraica sono in qualche modo eredi. (2) Comunque sia, la base operativa delle loro «azione» risiede sempre nei domini intermedi della forze cosmologiche, e delle influenze erranti; non a caso è sempre attraverso la evocazione di apparenti contrapposizioni riconducibili alla dicotomia cosmologica di Coagulazione e Dissolvimento, che questi impostori per eccellenza creano le loro illusioni.
E nessuna illusione è mai stata più estesa e completa del cosiddetto mondo moderno, nato dalla perversione dell’Occidente cristiano attraverso una secolare ed ininterrotta opera appunto generata dall’alternarsi di tendenze, ideologie e «movimenti» inizialmente coagulanti, quali il protestantesimo, soprattutto nella forme puritano-calviniste, l’illuminismo, il positivismo, le teorie economico-sociali che ne derivano, e le estensioni tuttora attivamente propagate in altre forme tradizionali, quali il sionismo ed il riformismo-modernismo islamico. (3) Tendenze contro le quali ne sono state suscitate di opposte, quali i vari neospiritualismi che hanno imperversato ed imperversano in Europa e nelle Americhe negli ultimi tre secoli sino alle estreme «follie» New Age. Ovviamente l’opposizione tra questi aspetti era ed è puramente illusoria; non a caso un’attenta indagine storica spesso connette elementi che dovrebbero in principio esser inconciliabili, ma che per «strani» casi della storia «si generano» a vicenda. (4) Ma in questa sede non vogliamo dilungarci a narrare singole vicende che l’attento ricercatore potrà meglio trovare riassunte in altre sedi.
Altro carattere proprio della azione degli AS (o «controiniziati» come molti tradizionalisti amano definirli) negli ultimi sette secoli è stato quello di operare preferenzialmente, ma non unicamente, attraverso l’azione economica, culturale e quindi politica, sia palese che occulta, del mondo anglosassone, prima rappresentato dall’Impero Britannico e successivamente dalla «Superpotenza» degli Stati Uniti. Ma questi luoghi di dominio temporale sono lungi dal soddisfare le mire dei loro evocatori, poiché il loro fine è la completa sovversione delle diverse forme della rivelazione divina nei loro centri tradizionali: da Roma a Gerusalemme, fino a Mecca e Medina. (5) Infatti solo l’insediamento definitivo in tali luoghi sacri può permettere l’ulteriore progresso verso nuove fasi della Parodia satanica, la realizzazione illusoria di un Eden da cui il «serpente» fu primordialmente scacciato.
Riteniamo comunque parziale il voler far coincidere i centri controiniziatici esclusivamente con le terre d’Oltreoceano, anche se per forza di cose tali centri devono avere dei luoghi di manifestazione fisica. (6) Peraltro le cosiddette «torri di Satana» sono situate lungo una direttrice che va dal cuore dell’Asia centrale fino al Sudan centrale, spesso a ridosso di ben noti luoghi sacri. (7)
L’azione degli AS è stata comunque già descritta e dettagliatamente spiegata da autori molto più capaci di noi, e sulle vicende storiche dei loro ispirati discepoli gli esperti della teoria cospiratoria si sono lungamente soffermati con diversa capacità di reale comprensione. Perciò in questa sede preferiamo soffermarci sulle meno note modalità di azione degli AR (che Allah santifichi il Loro Segreto).
La gerarchia degli AR è duplice: una di natura regolare, trasmessa attraverso catene interrotte di esseri viventi fin dal Profeta Muhammed (su di lui la Pace), dai quali si dipartono le varie ramificazioni delle regolari ed attive confraternite proprie di ciascuna epoca. (8) Le fonti scritte, più o meno ben interpretate dai vari orientalisti, divergono spesso su tale argomento; spesso tale apparente confusione è dovuta all’uso di una stessa terminologia per indicare gerarchie diverse, alcune specifiche di determinati luoghi o tempi. Non è comunque nostra intenzione inoltrarci in tali considerazioni. Una seconda gerarchia dipende da una trasmissione che non sempre avviene tra viventi ed è in un certo senso dispensatrice di un insegnamento in condizioni straordinarie che solo parzialmente può sostituire, per individui eccezionali, quello proprio della gerarchia «storica». Spesso tali individui per il completamento del loro iter spirituale devono comunque ricollegarsi ai rappresentanti della prima in una forma o in un’altra. Le linee che da questa si dipartono sono dette «uweisi», dal santo yemenita Uweis Qarani, che ricevette una forma di istruzione diretta dal Profeta Muhammad (su di lui la Pace) senza mai incontrarlo fisicamente. Il capo supremo di tal e gerarchia è Hadrat al Khidr (su di lui la pace) ed i suoi più elevati rappresentanti sono detti Afrad, plurale di Fard, o i «separati» appunto. I santi di queste categorie, a differenza degli AR della gerarchia «storica», non intervengono negli eventi terreni se non in casi eccezionali. Alla base di questa gerarchia si trovano i cosiddetti majdhub o «rapiti», folli di Dio che servono in modo inintelligibile le superiori gerarchie; essi intervengono principalmente nei piani sottili ed incorporei del mondo umano, tanto che la loro azione viene interpretata come «folle» agli occhi dei profani.
Come già accennato, solo gli AR della gerarchia storica operano nel mondo profano, anzi ne sono i «reali» responsabili, e la loro azione è perfino più indiretta e difficilmente rilevabile di quella degli AS, soprattutto nelle attuali contingenze. All’interno delle società islamiche tradizionali il veicolo privilegiato di tale influenza era rappresentato dalle confraternite o turuq, nelle cui reti di connessioni familiari e sociali risiedeva il vero potere, indipendentemente da chi, Sultano, Emiro o Califfo, lo esercitasse esteriormente. (9) Tale funzione è sopravvissuta perfino quando, per contingenze storiche, le confraternite si sono dovute formalmente «dissolvere». Attualmente esse sono attive e vitali in tutti i territori tradizionalmente islamici e nei paesi di recente immigrazione, spesso sotto aspetti del tutto informali; anzi, queste «forme di clandestinità» forzata rendono talvolta l’azione sul mondo profano addirittura più efficace. Comunque solo in casi eccezionali questa influenza assume gli aspetti storici di una «cospirazione» o ha delle esteriorizzazioni che possiamo definire «politiche»: il suo scopo non quello di «prendere il controllo degli eventi», ma bensì solo di «limitare i danni». L’obiettivo è la salvaguardia delle possibilità spirituali che fanno di una forma tradizionale quello che essa è, ossia il veicolo per il «ritorno» dell’essere umano alla sua radice sacrale. Questo spiega perché non è raro riscontrare atteggiamenti talvolta contraddittori da parte delle stesse organizzazioni, e perfino organizzazioni che apparentemente si contrappongono l’una all’altra. (10) Contrariamente a quanto «auspicato» dagli AS, il fine dei singoli e delle organizzazioni ispirate dalle gerarchie tradizionali è esattamente l’opposto della Parusia finale: lo scontro «apocalittico» è materia della Provvidenza Divina, non dell’azione dei Santi. Non almeno fino al punto estremo, il cui raggiungimento si vuole ritardare il più possibile. L’esser un «fanatico dell’Apocalisse» automaticamente colloca in un fronte ben preciso di questo «scontro cosmico».
Gli incantesimi dei moderni: maschere dell’Islam contemporaneo
L’immagine che i media occidentali (e questa è una definizione culturale, non geografica) danno del mondo islamico è quanto mai confusa. Di volta in volta l’Islam è
intollerante, se si vuole sottolineare aspetti socialmente o eticamente in contrasto con i punti di vista moderni;
terroristico, quando un’opposizione armata all’azione politica delle potenze occidentali ha un base ideologica di ispirazione islamica, anche se del tutto o parzialmente eterodossa;
legittimo, quando per i più svariati motivi vi è un qualche interesse all’azione di popoli o paesi di cultura islamica: Kosovo, Cecenia, in parte Afghanistan, Bosnia, Kurdistan. In questi casi deliberatamente o meno l’Islam viene aggiunto come ingrediente ad altri fattori quali quelli etnici e nazionali, che poco o nulla hanno a che fare con una forma tradizionale per di sé sovranazionale e plurirazziale. Inoltre, senza coerenza alcuna, diverse «forme» di Islam vengono colorate come più accettabili o meno «pericolose»; i wahhabiti vanno benissimo o comunque sono tollerabili se sauditi, kuwaitiani o ceceni; la Shi’a va bene se irachena ed anti-Saddam; il tasawwuf solo se pacifista con tinte sincretiste e New Age. Ciò non è comunque sorprendente; più sorprendente è che in alcuni ambienti si accettino tali etichette come reali, talvolta perfino tra i musulmani stessi, e senza che si manifestino dubbi sul fatto che tale «confusione» può essere spiegata solo nell’ottica di una grossolana DISINFORMAZIONE. I primi a cadere in questa trappola sono spesso coloro stessi che se ne dichiarano immuni, altrimenti «teorie» accademicamente ineccepibili quanto politicamente irreali quali «la dorsale islamica» nei Balcani non sarebbero mai state enunciate. È evidente che certe nazioni quali Turchia, Albania e popolazioni affini sono manipolate, ma accettare l’etichetta “islamica” fa solo il gioco di chi si vorrebbe contrastare. In Turchia il potere è strettamente e saldamente nelle mani di una minoranza secolarizzata e dalle forti radici controiniziatiche (11), anche se diverse forme di «penetrazione» da parte di organizzazioni iniziatiche islamiche o di loro emanazioni hanno potuto operare una certa tutela degli elementi tradizionali, cosa che viene periodicamente rimessa in gioco (caso esemplare fu il defunto presidente Turuk Ozal, legato alla stessa linea iniziatica del Sultano Abd el Hamid II). L’Albania è un paese del tutto secolarizzato con un elemento islamico anche numericamente ridotto; in Kosovo l’appoggio delle turuq, le confraternite sufi, all’UCK ebbe termine nel momento stesso in cui gli USA entrarono in gioco, con la prevalenza assunta dall’elemento cristiano e secolarizzato (da notare che attualmente le autorità islamiche cossovare si trovano in Bosnia o… in Serbia). La Bosnia è un discorso a parte, ma può esser preso a paradigma della manipolazione occidentale e della miopia in cui può incorrere perfino chi aspira ad opporvisi.
Da un punto di vista più esteriore, il gioco degli AS è attuare, provocare, e perfino solo favorire e ispirare la massiccia repressione esteriore delle popolazioni musulmane che si identifichino come tali. Operata dai loro stessi governi, non fosse che attraverso perenni condizioni di miseria e vessazione economica accompagnata da endemica corruzione, o da governi di nazioni e popoli non musulmani con cui vengono appositamente creati, provocati e fomentati conflitti. Lo scopo è scardinare i sistemi sociali non ancora modernizzati, lasciando come unica alternativa la lotta armata sotto l’egida di una miriade di movimenti e fazioni che hanno una solo cosa in comune: l’adesione alle forme più virulentemente eterodosse della tradizione stessa che dichiarano di volere difendere. Lotta armata che per evidente disparità tecnica ha come unico risultato la creazione di masse diseredate, esauste, sradicate e pronte alla fine ad accettare qualsiasi cosa, ormai con il più pallido ricordo della propria cultura e tradizione. (12)
Allo stesso tempo questi stessi governi (USA & C.) favoriscono la massima tolleranza all’interno delle proprie nazioni, arrivando al parossismo di proteggere sul loro suolo quegli stessi elementi estremizzati che si peritano di combattere agli antipodi. Magari aiutando il formarsi, all’interno della proprie popolazioni, di ulteriori sentimenti di avversione ed intolleranza. Il fine a cui si punta è un musulmano occidentalizzato nei costumi e nello stile di vita, che a fatica continua più o meno la pratica della propria tradizione a puro livello privato, o uno spossessato e perseguitato che ha come massima aspirazione di raggiungere se non altro le condizione materiali del primo. Comunque sia, un essere senza radici che è controllabile in «definiti» canali di comportamento.
I volti dietro le maschere
La Umma contemporanea, in quanto essa è uno dei meno «danneggiati» supporti della rivelazione divina, è sottoposta ad una intensa azione di attacco e penetrazione. Il risultato è la progressiva suddivisione in differenti gruppi e sottogruppi, espressione delle tendenze coagulanti o disgreganti nei confronti della propria tradizione eccitate dal «mondo moderno».
Dal punto di vista islamico (13), esisterà sempre e comunque una maggioranza di credenti che conserveranno il Din (la tradizione islamica) nella sua interezza e ortodossia, anche se le forme che lo hanno permesso finora dovranno probabilmente modificarsi, non essendo alcuna forma immune dalla «infezione» della modernità montante; potremo definire questi ultimi come Musulmani tradizionali. Costoro preservano l’opera compiuta in 14 secoli di trasmissione ininterrotta della tradizione profetica, senza sentire alcuna necessità di riforme o restaurazioni, accettano la realtà delle quattro scuole giuridiche e mantengono strettamente distinti i domini spirituali da quelli giuridici, sono intrinsecamente refrattari ad ogni atteggiamento o costume «moderno» nell’ambito della propria tradizione; non assumono né forme né comportamenti che li facciano in qualche modo identificare come un gruppo o una corrente, né cercano alcun compromesso o affinità con mentalità, costumi o abitudini moderne. Né tanto meno reclamano per questa o quella cultura una qualsivoglia prerogativa di miglior preservazione della religione o miglior capacità di rivivificarla.
Da questi si distinguono tutti coloro che in un modo o nell’altro soccombono alla mentalità moderna, attualmente veicolata dalla cultura angloamericana. Alcuni subiscono principalmente il «fascino» delle idee riformiste e protestantizzanti, con le conseguenti impostazioni razionalistico-positiviste. Così tutta una pletora di movimenti «neo-kharigiti» (Wahhabiti, Salafiti, Dehobandi, Jamiat Tabligh) derivati da preesistenti forme di eterodossia che per mutate condizioni storiche, politiche e culturali sono state rafforzate al contatto con la cultura occidentale, sono penetrate nel seno dell’Islam sunnita, da cui erano in precedenza escluse. Queste ideologie sono solo la premessa ad una completa «desacralizzazione» dell’Islam (esattamente come la Riforma è stata la nutrice del secolarismo occidentale) che finisce per stemperarsi e «dissolversi» in varie forme di modernismo e laicismo.
Altri invece, reagendo a questa tendenza «riformistico-puritana», ormai bisecolare, sono «soggetti» all’opposta corrente, sempre moderna nella sua genesi intellettuale. Questa è tesa ad un tradizionalismo formale e sentimentale che potremmo definire, mutuando le similitudini storiche con la cristianità latina, come controriformistico. Questa nuova «modernizzazione» non a caso trova sia i suoi maggiori esponenti sia i suoi discepoli nelle recentissime comunità islamiche occidentali dall’Europa alle Americhe. Se il campo delle ideologie politiche era ed è quello da cui sono mutuati obiettivi e attitudini nel caso dei riformati, i controriformati prendono l’aspetto di organizzazioni comunitarie con interesse nel sociale, scendendo in competizione con i primi in termini di puritanesimo dei costumi ed applicazione letterale della Sharia. Spesso si tratta vere e proprie turuq (14) esteriorizzate e dominate da elementi di cultura e lingua anglosassone o germanica, le quali raccolgono su basi sentimentali e devozionali sia convertiti occidentali che le nuove generazioni delle comunità immigrate da paesi islamici, nate, cresciute ed educate in Occidente. Questo in sé non sarebbe tanto grave, se le suddette organizzazioni non si peritassero di giudicare e censurare o distorcere gli insegnamenti metafisici che dovrebbero trasmettere, arrivando talvolta per la limitata comprensione dei membri (cooptati attraverso un proselitismo degno delle sette cristiano-protestanti estremiste) a divenire dei banali movimenti neo-spiritualisti, eterodossi anche negli aspetti puramente esteriori della religione. Il principale pericolo che esse costituiscono è dovuto ai mezzi economici e tecnici di cui si possono avvalere ed alla perfetta «simbiosi» con la modernità globalizzante. (15)
Una conferma indiretta delle suddette considerazioni sono stati gli avvenimenti della guerra in Bosnia, nel contesto più generale dei conflitti per la «ristrutturazione» dei Balcani (16). L’apparente fine di tali recenti conflitti è contribuire all’accerchiamento dei paesi est-europei non ancora del tutto «stabilizzati», quali Federazione Russa, Romania e Bulgaria, alle direttive del Nuovo Ordine Mondiale. Ma la particolare virulenza e violenza che ha rivestito la guerra in Bosnia ha avuto un più profondo e inquietante obiettivo finale: lo «sradicamento» prima e l’«assorbimento» poi di comunità islamiche che – fino allora «periferiche» rispetto a molte delle manovre operate su altre popolazioni come quelle nordafricane e mediorientali – potevano rappresentare una «scomoda» testimonianza di un Islam ben diverso dai paradigmi definiti a Londra o a Washington. Quanto questa operazione abbia avuto successo è difficile dire, ma il limitato impatto tuttora ottenuto dalla propaganda «wahhabita», unitamente ad una certa «incompatibilità» etnica con la cultura anglosassone, stanno rallentando questo processo. Indubbiamente l’intero piano sarebbe stata molto più difficilmente operato se le azioni contro le popolazioni musulmane non fossero state così «stupidamente» violente, cosa peraltro già avvenuta nei precedenti conflitti balcanici (17).
Queste considerazioni, limitate nel loro schematismo, vorrebbero aiutare a comprendere diverse «apparenti» contraddizioni, che le odierne organizzazioni riformate e controriformate «islamiche» presentano; infatti operano solo apparenti ruoli contrapposti che alla fine «devono» contribuire ad una «nuova omogenea» fase dell’opera parodica.
Conclusioni
La nota conclusiva a questo intervento dovrebbe inoltrarsi ad esaminare le dottrine escatologiche dell’Islam. Purtroppo ciò richiederebbe un apposito e dettagliato studio che l’autore non ritiene di dover affrontare nella sua complessità, almeno in questa sede. Esistono peraltro già numerosi studi, specialistici o meno, disponibili in diverse lingue occidentali.
Vogliamo qui limitarci a considerare come in passati momenti storici (conflitto interno tra il quarto califfo ‘Ali ibn Abi Talib e Mu’awiya, fine del Califfato abbasside, invasioni mongole, ecc.) la comunità islamica abbia attraversato eventi di “aspetto” apocalittico, senza nel suo insieme essere sconvolta da alcun fremito millenaristico. Tale generalmente l’atteggiamento attuale.
Indubbiamente le condizioni esteriori perché un’azione arginante si formalizzi sono ben diverse, non fosse altro che per la mancanza di un qualsiasi supporto esteriore, essendo stato il califfato esteriore legalmente abolito (18) nel 1922 da una vasta assemblea di autorità giuridico-religiose.
In questo caso non ci sarebbe da sorprendersi se una forma tradizionale, o meglio l’élite depositaria della sua essenza (19) finisse per utilizzare elementi esteriori di altre forme, “fisicamente” più favorite nelle attuali contingenze, per preservare se stessa.
Note
(1) Naturalmente ciò non va affatto interpretato come una discriminazione contro le forme ortodosse dell’ebraismo, ma come una possibile deviazione insita in tale rivelazione; non si dimentichi che è appunto Mosè il vincitore coranico per eccellenza su tali forze. Nell’arabo coranico si utilizzano tre termini completamente diversi per indicare ora i deviati controiniziati di derivazioni ebraica (Yahud), ora i pii israelit (alladhîna hâdû), ora i depositari della tradizione israelitica (Banû Isra’îl).
(2) Spesso alcuni autori tradizionalisti si sono riferiti a queste forme come «atlantidee»; va qui sottolineato che questo termine ha una assonanza con quello prettamente geografico o geopolitico di «atlantico», ma forzare tale associazione potrebbe esser ingannevole. Per fare un esempio, le tradizioni sciamaniche dell’Asia centrale e del Nordamerica sono strettamente legate e sono entrambe atlantidee, cosi’ come la tradizione giapponese.
(3) Wahhabiyya, Salafiyya, Deobandi, Tabligh, Ikhwan etc. etc., a loro volta continuatori dell’eterodossia kharigita presente fin dall’origine della rivelazione coranica, a sua volta riconnessa ad una «presenza» preislamica legata ad un centro controiniziatico situato nel Nejd. Uno dei nomi di Shaytan nella tradizione islamica è appunto “il Vecchio”, letteralmente lo Shaykh, del Nejd; strano a dirsi il fondatore storico del Wahhabismo, Mohammed Ibn Abd el Wahhab, oltre ad esser originario di tale area, era appunto chiamato lo Shaykh del Nejd. Molte sono le informazioni “inquietanti” che potrebbero esser raccolte a proposito del movimento “wahhabita” e che ne evidenziano una comune “filiazione”, al di la’ dello “spazio e del tempo”. Vorremmo qui ricordarne due. 1) Il non tanto famoso Nathan di Gaza, ispiratore e manipolatore di Sabbatay Zevi e del suo movimento, scrisse a suo tempo un falso rapporto diretto alle comunità ebraiche descrivendo un fantomatico esercito ebraico che uscito dal Nejd, scorrazzava per la penisola arabica, muoveva guerra al Califfo ottomano e conquistava Mecca e Medina, DISTRUGGENDO LE TOMBE DEI COMPAGNI DEL PROFETA E DELLA SUA FAMIGLIA. Questo e’ esattamente quello che Mohammed abd Al Wahhab fece 150 anni dopo il profetico rapporto del rabbino di Gaza. 2) La Pulzella di Orleans, Jeanne d’Arc Romeé, fu a suo tempo condannata come eretica per “avere ASSOCIATO a Dio le voci che sentiva e per aver indossato abiti NON CONFORMI CON IL SUO SESSO”, un odierno tribunale “wahhabita” di Riyad o Gedda non potrebbe per tali “crimini” decretare un diverso giudizio e condanna.
(4) Giusto per fare qualche esempio, organizzazioni quali gli Ikhwan muslimum, od il Jamiat al Tabligh sono state inizialmente originate ed ispirate da ambienti del tutto ortodossi; solo successivamente sono state progressivamente infiltrate e manipolate, sempre attraverso una deviazione intellettuale di tipo wahhabita. Lo stesso si può affermare per il movimento Dehobandi in India, i cui più recenti frutti sono i Talebani afgani. Utilizzare un supporto spirituale «dissolto» come base psichica di una successiva tendenza coagulante, o viceversa, è una comune «opera» magica. Alla fine del secolo scorso un centro di studi giuridico religiosi di stretta osservanza sunnita, di scuola hanafita, si sviluppò a Dehoband, cittadina del Nord dell’India. I giurisperiti di questa scuola (che erano inizialmente ispirati da insegnamenti tradizionali e strettamente collegati a diversi rami di due delle principali turuq indiane, la Chistiyya e la Qadiriyya), pur assumendo un atteggiamento di “vago” tenore moralistico puritano, si sono sempre guardati dal condannare gli aspetti spirituali ed esoterici dell’Islam, anzi. Purtroppo li hanno con il tempo ridotti al loro livello di comprensione, trasformandoli in pratiche ascetico-moralizzanti non immuni da un certo psicologismo. Non a caso molti discepoli del recentemente scomparso Shaykh Ali al Nadwi, uno dei maggiori esponenti della scuola dehobandi e delle maggiori personalità del secolo negli studi della tradizione profetica (scienza degli Hadith o detti e fatti della vita del profeta Muhammad su di lui la pace), sono degli psicologhi e pedagoghi di formazione occidentale classica. E lui stesso non è stato immune da grossolani errori come la stima per ben noti “controiniziati” ed agenti della sovversione quali Jamaluddin Al-Afghani. Personaggio, questo, che gode di una parossistica ammirazione da parte del movimento dei “Talebani”, tanto che il suo mausoleo a Kabul è stato recentemente restaurato con tanto di lauto finanziamento UNESCO, mentre tombe di noti Awliya’ (santi) sono lasciate cadere a pezzi. Una tendenza del tutto opposta si sviluppò contemporaneamente ad opera dell’Imam Reza Khan al Qaderi al Baralewi, originario dell’omonima città dell’India, per contrastare le “innovazioni” di ispirazione wahhabita dei giurisperiti dehobandi, quali la condanna della celebrazione della nascita del Profeta (Mawlid al-nabi) o della visita alle tombe dei santi. Questa scuola, pur rimanendo nell’ambito dell’ortodossia sunnita e a suo modo preservandola, tende ad esteriorizzare molte pratiche rituali della tariqa qadiriyya, esasperandone l’aspetto sentimentale e devozionale a detrimento di quello intellettuale e metafisico. Queste due “polarizzazioni” sono un chiaro esempio di tendenze, l’una coagulante l’altra dissolvente, che nel loro insieme contribuiscono alla divisione ed alla confusione nel seno della tradizione islamica.
Un fenomeno molto simile si sta attualmente verificando sotto altri aspetti anche in cosiddetti ambienti “tradizionali” musulmani in Gran Bretagna e nelle Americhe, tra immigrati di seconda generazione e convertiti, dove turuq tradizionali o si esauriscono in devozionalismo formale o si irrigidiscono in un puritanesimo razionalistico. Un sottomovimento derivato dalla scuola Dehobandi è il Jamiat al Tabligh, una specie di versione islamico-indiana dell’Esercito della Salvezza, i cui fini sono essenzialmente la “riforma” dei costumi morali e la dissuasione da pratiche tradizionali quali la visita alle tombe dei santi ed il sacrifico di animali in loro onore, il tutto nel più tipico stile delle dottrine wahhabite.
Gli Ikhwan al Muslimum furono ispirati da Shaykh Muhammed al Hanafi al Shadhili (che Allah santifichi il suo segreto), attraverso l’opera del suo discepolo e fondatore storico degli Ikhwan Dr. Hasan Al Banna. Il fine originario di tale organizzazione, sorta immediatamente dopo la fine del Califfato ottomano, era appunto l’azione politica, anche “rivoluzionaria”, per l’instaurazione di un nuovo Califfato esteriore; purtroppo l’atteggiamento fortemente individuale del Dr. Al Banna e la progressiva infiltrazione di elementi wahhabiti portarono alla deviazione del movimento dopo l’assassinio dello stesso Al Banna.
(5) Questi due ultimi luoghi sono comunque, dal punto di vista islamico, provvidenzialmente protetti. Quanto sia irreale qui il potere dell’eretica casa dei Saud, ad ogni pellegrino musulmano è dato di constatarlo durante la sua permanenza in Arabia Saudita. Tuttavia un macroscopico esempio della presenza profanante del wahhabismo è il completo accerchiamento fisico delle due più sacre moschee dell’Islam da parte di Mac Donalds e Kings Burgers, e da altri veicoli della più volgare cultura occidentale, tanto amata ed ammirata dagli attuali «custodi» dei luoghi santi dell’Islam. In questo caso, come in altri, il paesaggio fisico è uno specchio di quello dell’anima.
(6) A questo proposito vorremmo qui menzionare di sfuggita una «leggenda» raccolta in alcuni ambienti dell’esoterismo islamico, che vuole il centro supremo della gerarchia «sottile» degli AS localizzato nelle Antille occidentali.
(7) Esiste una lettera di René Guénon del 25 marzo 1937 (citata in: Jean Robin, René Guénon, la dernière chance de l’Occident, Trédaniel 1983, pp. 67-68) : «Queste sembrano piuttosto disposte secondo una specie di arco di cerchio che circonda l’Europa ad una certa distanza: una nella regione del Niger, da cui già all’epoca dell’antico Egitto si diceva provenissero i maghi [neri] più pericolosi; una nel Sudan, in una regione montagnosa abitata da una popolazione ‘licantropa’ di circa 20.000 individui (conosco qui [i.e. al Cairo] dei testimoni oculari della cosa) ; due in Asia Minore, una in Siria e l’altra in Mesopotamia; poi una dal lato del Turkestan […]; dovrebbero quindi essercene ancora due più a nord verso gli Urali o la parte occidentale della Siberia, ma devo dire che, fino ad ora, non arrivo a collocarle esattamente». Ci permettiamo di aggiungere che anche all’autore del presente articolo la presenza della torre in Sudan, così come dei licantropi, è stata confermata da fonti locali: se qualche lettore volesse accostare questa informazione all’ormai decennale conflitto per il controllo del Sud del Sudan non andrebbe troppo lontano dall’identificare la sua vera origine.
(8) Le catene iniziatiche dell’esoterismo islamico sono anch’esse enumerate in termini eminentemente simbolici, essendo le vie verso Allah, jallahu wa shanahu, tante quante le anime delle sue creature. Comunque diversi autori tradizionali sono concordi nel «riassumere» in quattro gli ordini principali, a loro volto suddivisi in diversi usul o «modalità», per un totale di 12 o 14 principali linee di trasmissione. Contando le diverse ramificazioni e gli adattamenti operati su una stessa linea a seconda delle condizioni spazio-temporali, diversi autori indicano un numero totale di 70 o 313 ordini iniziatici, non comunque tutti attivi nella stesse aree e nelle medesime epoche.
(9) Non a caso il primo reale atto di «secolarizzazione» della società ottomana da parte di Kemal Ataturk, nato a Salonicco da una famiglia israelita sabbatista, fu l’abolizione delle confraternite.
(10) Questa «tecnica» è stata con un certo successo adottata per la gestione del «colonialismo»: le diverse potenze coloniali (dall’impero zarista in Asia Centrale ai Francesi in Nordafrica e gli Anglosassoni in India) hanno spesso fronteggiato decennali opposizioni di una parte dell’élite islamica, mentre l’altra parte predicava la «pacificazione» se non la collaborazione… Il risultato è stato il mantenimento di uno status quo di società tradizionale per quasi due secoli, fino agli anni cinquanta, quando i modernismi nazionalistici e le varie forme di «riformismo» più meno wahhabizzanti hanno fatto quello che 150 anni e più di colonialismo europeo non erano stati capaci di produrre. Questa modalità è in parte ancora la «via di sopravvivenza» in situazioni belliche estreme come in Cecenia e nei vari conflitti centroasiatici, dove si deve spesso scegliere tra i due mali quello minore.
(11) Va fatta una precisazione: la controiniziazione non è esclusivamente di origine egizia. Altre forme deviate di tradizione «atlantidea», quali quelle sciamaniche, hanno spesso svolto il ruolo di supporto per influenze controiniziatiche. E’ il caso delle correnti kulbash ed alidi della Shi’a estrema e di alcune scuole kabalistiche, da cui derivano il Sabbatismo ed il Frankismo, che traggono origine storica ed etnica da popolazioni sciamaniche turco-asiatiche (gli ebrei d’oriente o «ashkenazi» sono derivati da una complessa commistione di elementi turco-mongoli convertiti, i Cazari, e diverse correnti migratorie dal Centro Europa e dalla Spagna). È alquanto sorprendente che alcuni ambienti che si propongono di contrapporsi al nuovo ordine mondiale tengano in considerazione e stima tali movimenti. Va inoltre aggiunto a questo proposito che l’Occidente e principalmente il mondo anglosassone sono stati e sono l’obiettivo preferito di un insieme di “correnti” pseudoiniziatiche di “ispirazione” islamica che tendono a separare l’aspetto giuridico legale da quello spirituale, spacciando il cosidetto “sufismo” per qualcosa di non necessariamente connesso con l’Islam. Personaggi equivoci ed “oscuri” quali Inayat Khan, Idries Shah o Gurdjieff non solo sono stati i veicoli di tali correnti, ma sono tutti, guarda caso, originari dell’area geografica turco-asiatica, da cui si sono mossi per “fecondare” i più recettivi ambienti angloamericani. Attualmente perfino alcune turuq centroasiatiche o turche apparentemente regolari hanno seguito in forme meno evidenti tali tendenze, e non sorprendentemente si sono anch’esse praticamente trasferite “ad occidente”. Questi movimenti “neospiritualisti” hanno inoltre in comune la presenza ed il ruolo di elementi ebraici, completamente sradicati dalla loro forma tradizionale, ma perfettamente a proprio agio nella cultura globalista. E se la Shari’a (normative giuridico-religiose) senza Tasawwuf è Kufr (miscredenza), il Tasawwuf senza Shari’a è Zanduq (“controiniziazione”).
(12) In questo quadro prendono coerenza gli schizoidi comportamenti delle «forze atlantiche» in conflitti quali il Caucaso e l’Afghanistan, dove da un lato si condanna, dall’altro si finanzia ed alla fine si arriva a bombardare gli stessi personaggi che con tanta cura sono stati allevati e appoggiati. Non saremmo sorpresi se in un futuro non lontano Shamil Basaev divenisse un nuovo bin Laden, cacciato con satelliti e missili da crociera da chi oggi lo descrive come un combattente per la libertà. Da un lato ciò preserverebbe la «verginità delle dottrine eretiche che professa agli occhi di tanti semplici musulmani, dall’altro eliminerebbe compromettenti quanto incontrollabili testimoni, il tutto aumentando la confusione e l’incertezza. Lo stesso per quello che riguarda in genere i wahhabiti del Centro Asia, il fine della loro «evocazione» è la chiusura in riserve di enormi masse di popolazione altrimenti difficilmente assorbibili dalla Modernità avanzante, futura carne da macello per i Signori del Mondo. Ed il copione con i campi profughi della Palestina occupata e Hamas è esattamente lo stesso. È il miglior piano di sottoproletarizzazione forzata ed omologazione mai «diabolicamente» concepito.
(13) Un famoso detto profetico afferma che la maggioranza della comunità islamica non sarà mai concorde nell’errore. Ovviamente, questa «maggioranza» è e sarà sempre più in futuro una maggioranza silenziosa, esclusa dalle enorme potenza sia economica che tecnica che invece appoggia qualunque forma di deviazione al suo interno.
(14) Tariqa, plurale turuq, vuol dire letteralmente sentiero o metodo; indica un insieme di pratiche rituali e di insegnamenti spirituali originati da un Santo, raccolti, organizzati e tramandati da una organizzazione che ad esso storicamente si riconnette. Nell’essenza si tratta, come già accennato, delle forma islamica di organizzazione «iniziatica», ma con estrapolazioni e funzioni che si estendono al domini sociali e talvolta politici. L’organizzazione in sé quindi può nel tempo deviare dai i suoi originari fini e trasformarsi in un movimento devozionale e sociale limitato esclusivamente agli aspetti esteriori dell’Islam. Sono la conservazione dell’insegnamento metafisico, dell’operatività dei riti iniziatici e l’accesso limitato alle sole persone ritenute appropriatamente «qualificate» che permettono il mantenimento della funzione primarie di tali organizzazioni. L’organizzazione è solo un supporto esteriore, ai tempi del Profeta ( su di Lui la Pace) e dei suoi Compagni (su di loro la soddisfazione di Allah) il tasawwuf (l’aspetto interiore e metafisico dell’Islam) era una Realtà senza forma; con il tempo puo’ diventare una forma senza Realtà.
(15) Altamente significativo, a nostro modesto parere, è il fatto che il terreno di scontro tra queste due «tendenze devianti dell’Islam» – Riformati e Controriformati – è…. la rete telematica globale o internet.
(16) Questa area ha un evidente significato geopolitico come cerniera tra l’Europa centro-occidentale e l’Oriente centro-asiatico, ma non si può negare che il controllo dei Balcani e dell’area albanese a ridosso abbia rivestito un particolare ruolo nelle storia. L’ultimo califfato, quello ottomano, ha praticamente mantenuto il suo equilibrio fino alla perdita dei Balcani; quasi contemporaneamente i diversi khahanati centroasiatici perdevano la loro indipendenza, cosi come finiva ogni resistenza al dominio britannico nel sub-continente, (1830-1870). Tenendo presente che queste aree così apparentemente lontane ricadono sotto l’influenza delle medesime organizzazioni iniziatiche e rivestono simili e connesse funzioni nella «geografia sacra» di questa porzione del Dar al Islam (denominazione tradizionalmente applicata nell’Islam ai territori con popolazioni a maggioranza islamiche), questi eventi non sono casuali. Una instabilità in Centro Asia dall’Afghanistan al Caucaso si «riverbera» sempre nei Balcani e viceversa. E questo per ragioni ben più profonde di quelle geopolitiche.
(17) Una dei tanti «genocidi» dimenticati perché scomodi o non tanto comodi, è quello dei Bulgari musulmani della Pomakia, regione divisa tra Grecia e Bulgaria nel 1912. Un carattere specifico comunque delle recenti violenze contro le popolazioni musulmane di Bosnia ed in parte del Caucaso è che i loro autori non solo hanno fatto il «lavoro sporco» per quelli che loro stessi riconoscono come il principale avversario, il mondo occidentale, ma lo hanno ulteriormente giustificato nella sua pretesa di «unico» ed «imparziale» giudice dei conflitti internazionali. Molte sono le informazioni sul conflitto bosniaco che sono “sfuggite” al grande pubblico, ad esempio: le autorità religiose musulmane non hanno mai proclamato formalmente il Jihad (o “guerra” santa), i molti “volontari” stranieri, per lo piu’ arabi salafiti (wahhabiti estremisti), hanno raramente preso parte alle azioni belliche, e spesso sono stati più di intralcio che d’aiuto. Uno dei loro capi più estremisti, legato al “jihad islamico egiziano”, occupato più a “convertire” i suoi correligionari che a proteggerli, è stato eliminato dagli stessi musulmani bosniaci. E, guarda caso, gli occidentali così preoccupati di una “infezione fondamentalista”, reclutavano i loro “emissari” da inviare presso i musulmani bosniaci tra gli intellettuali salafiti del mondo arabo, spacciandoli sul posto con tanto di protezione UN, e questo solo per fare qualche esempio.
(18) Che organizzazioni di inquietante origine e dottrina quali Hizb al Tahrir si arroghino il compito di rivivificare tale istituzione sacra «dall’esterno», come ente politico sovranazionale, può far comprendere il più profondo significato della «autorizzato» occultamento di questo come di tanti altri aspetti tradizionali nella struttura dell’Islam contemporaneo, dalle gilde artigianali allo studio delle scienze cosmologiche, quali l’alchimia. Il sentimentale ed artificiale tentativo di alcune organizzazioni di ricostituire tali istituzioni senza possedere la scienza interiore relativa ad esse, è sufficiente marchio di riconoscimento della loro reale natura.
(19) E l’élite dell’ultima forma tradizionale rilevata è tout court l’élite deputata alla preservazione di tutte le forme tradizionali, nella loro essenza.
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