Fonte: Conflitti e Strategie
Il fondo Knight Vinke sente che la corrente comincia a gonfiare le sue vele, l’Eni non è più una impresa blindata e “coperta” dallo Stato, ragion per cui, prendendo il vento in poppa, si può spingere per ottenere lo scorporo tra attività upstream e downstream del Cane a sei zampe. E’ questo, da parecchi mesi, il chiodo fisso del fondo attivista americano per valorizzare, così dicono da quelle parti, la partecipazione nel capitale della nostra impresa di punta.
Almeno in apparenza, perché è lecito dubitare che il vero obiettivo sia il bene degli azionisti. Ma noi, che siamo gente abituata a pensar male, non crediamo a queste storie e vediamo, dietro tali strane traiettorie, la volontà di depotenziare l’azienda italiana sui mercati esteri per fare un favore a qualcuno.
E che si tratti di una vera e propria guerra, dove le azioni sono solo la punta della lancia per rompere il guscio coriaceo di Eni, la cui vocazione è soprattutto industriale, lo lasciano presagire le parole dei vertici di Knight secondo i quali è stato già raccolto il sostegno di 700 azionisti.
Un esercito di assaltatori pari al 25% del capitale che mette in difficoltà il nucleo dirigente di San Donato. Scaroni sente di non essere più cosi forte e inattaccabile sullo scranno più alto della creatura energetica nazionale e potrebbe presto essere costretto a scendere a patti o ad approdare verso altri lidi. Si è già parlato del suo passaggio ad un grande gruppo assicurativo: promoveatur ut moveatur. Il Ceo del fondo, Eric Knight, con sede principale a New York (e dove sennò) continua a ripetere la litania di una sottovalutazione finanziaria di Eni di oltre 50 mld di euro. Provvedendo a recuperare su questa inefficienza, che deriverebbe dall’arcaicità della struttura proprietaria dell’Eni, le azioni schizzerebbero vero i 30 euro, quasi il doppio del loro valore attuale.
Il fatto che l’Ad di Eni sia dimostri molto meno fermo sulle sue posizioni rispetto a qualche tempo fa – allorché fu lo stesso Scaroni a contestare a Knight la validità del ragionamento finanziario – avanzando la disponibilità “a riesaminare la situazione”, non promette assolutamente nulla di buono. Non per Scaroni ma per l’Italia.
Vorrei chiudere con quanto affermato da un ex dirigente di Eni, Marcello Colitti, il quale, dall’alto della sua esperienza in quegli ambienti, sa bene cosa significa prestare il fianco a tali attacchi: “Continua, fra il silenzio dei politici e del Governo, l’azione di coloro che vogliono distruggere l’Eni. Mi riferisco al piano di smembramento proposto dalla Knight Vinke. Dal denaro che spendono per farsi propaganda sui giornali (italiani e stranieri) si direbbe che si aspettino una remunerazione davvero sontuosa. La cosa non sembrerebbe degna di considerazione, dato che tutti i paesi considerano la loro, o le loro, compagnie petrolifere come la luce dei loro occhi… L’Italia però, si sa, è sempre diversa. Forse i promotori dello sfascio dell’Eni fanno conto sul proverbiale autolesionismo nazionale”. Appunto, la luce degli occhi è diventata la luce negli occhi, quella che acceca e fa perdere l’orientamento. Povera Italia!
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