Perno imprescindibile lungo quella moderna Via della Seta che il presidente cinese Xi Jinping ha recentemente affermato di voler riaprire dopo secoli di anonimato, il Kazakhstan è ormai un attore di primo piano all’interno dello scacchiere internazionale. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la giovane repubblica indipendente dell’Asia Centrale ha intrapreso un percorso denso di pericoli e lastricato di insidie politiche che ne hanno messo a repentaglio lo sviluppo socio-economico e la piena capacità di controllo su un territorio tanto vasto quanto scarsamente popolato.
Nel 1997 il presidente Nursultan Nazarbayev lanciò il programma Kazakhstan-2030, una strategia di innovazione, modernizzazione e sviluppo che al momento non mancò di far sorridere diversi osservatori internazionali, pronti a giudicare frettolosamente quel piano come un insieme di obiettivi velleitari e surreali. Il tempo ha invece dato ragione alla classe dirigente kazaka e al partito di governo Nur Otan, capace, in appena quindici anni, di costruire una nuova economia di mercato attenta a non sbilanciare gli equilibri creatisi tra il nuovo settore privato sorto dopo il comunismo e quello pubblico, ereditato dal precedente apparato sovietico, evitando così di privare lo Stato della sua centralità sul piano macroeconomico, con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini sociali e previdenziali.
Tra il 2003 e il 2012 il tasso di mortalità nel Paese è sceso dal 10,78‰ all’8,52‰, mentre la speranza media di vita alla nascita è aumentata di 6,15 anni come logica conseguenza di una crescita incessante che, nello stesso periodo, ha visto il PIL kazako salire da 105,5 a 219,6 miliardi di dollari ed il tasso di disoccupazione scendere dall’8,8% al 5,4%.
La contrazione del tasso di crescita osservata nel 2012, quando l’indicatore di variazione del prodotto interno lordo ha segnato quota 5,1% contro il 7,5% dell’anno precedente, non costituisce un vero campanello d’allarme, soprattutto in considerazione del fatto che, a causa della crisi in cui versano le economie occidentali, è la domanda estera a perdere d’intensità piuttosto che la produttività interna a diminuire. Tuttavia nel discorso pronunciato lo scorso 17 gennaio alla popolazione, Nazarbayev ha voluto sottolineare l’importanza della nuova strategia lanciata nel dicembre 2012 quando fu presentato il documento Kazakhstan-2050, che è andato ad integrare e ad aggiornare le direttrici e gli obiettivi di medio e lungo termine previsti nel piano Kazakhstan-2030.
Come già osservato, in quell’occasione Nazarbayev illustrò l’importanza dei processi di liberalizzazione economica nei settori dell’industria leggera e del terziario, la necessità di diversificare l’indotto per evitare che la produzione nazionale si fossilizzi sul mercato delle materie prime, la funzionalità di una crescente capacità di attrarre investimento dall’estero, il carattere essenziale della stabilità sociale e del miglioramento del livello di vita dei cittadini, ribadendo la centralità dei pilastri costituzionali dell’unità nazionale e dell’integrità territoriale ed appellandosi ad un patriottismo che sappia farsi garante della coesistenza tra i 140 gruppi etnici e i 17 gruppi religiosi principali presenti nel Paese (il 55% della popolazione è di fede islamica sunnita, il 40% di fede cristiana, per lo più ortodossa, mentre il restante 5% si suddivide tra buddhismo, sciamanesimo e altre religioni minori).
Tre concetti, in particolare, sembrano rivestire un ruolo di primo piano all’interno del recente discorso pronunciato dal presidente kazako:
– La Terza Rivoluzione Industriale, risultante delle innovazioni nel campo dell’alta tecnologia e della loro integrazione con i settori produttivi dell’industria e dell’agricoltura
– Lo Sviluppo Scientifico in campo economico, formativo ed infrastrutturale, «che significa in primo luogo incrementare il potenziale della scienza kazaka» e che ricorda molto da vicino la “concezione scientifica” inserita dall’ex presidente Hu Jintao nello statuto del Partito Comunista Cinese nel 2005
– La Cooperazione Eurasiatica a tutti i livelli del dialogo e del partenariato internazionale, nel cui meccanismo il Kazakhstan è un protagonista attivo e dinamico
Obiettivo ambizioso ma decisamente raggiungibile è l’espansione della PMI che entro il 2050, stando alle stime diffuse dal presidente kazako, dovrà produrre il 50% del PIL contro il 20% attuale. Tutto ciò, tradotto in termini sociali, recherà con sé la formazione definitiva di un ceto medio industriale, modificando la società in maniera considerevole sebbene non radicale. Secondo Nazarbayev, il PIL pro capite dovrà infatti crescere di 4,5 volte passando dagli attuali 13.000 a 60.000 dollari, mentre la percentuale della popolazione urbanizzata salirà dall’odierna quota del 55% al 70%. Le conseguenze sul piano infrastrutturale non saranno meno significative, imponendo la necessità di modernizzare ulteriormente i già avanzati centri principali, che «saranno collegati da strade di buona qualità e da linee veloci di tutti i mezzi di trasporto».
Incrementare il potenziale scientifico del Paese è indice della volontà di aumentare la quota del PIL destinata alla ricerca e alla medicina ad un livello non inferiore al 3%. Secondo le previsioni, l’aspettativa di vita di ogni kazako dovrebbe così raggiungere in appena tre decadi gli 80 anni pieni, grazie ad un sistema universitario e scientifico all’avanguardia capace di fare del Kazakhstan un polo di riferimento eurasiatico per la diagnosi e la cura dei pazienti nativi e stranieri.
Fondamentali i progetti in via di definizione messi in cantiere dal governo nel quadro della cooperazione internazionale: il corridoio Europa Occidentale – Cina Occidentale, il potenziamento della tratta ferroviaria Bolashak-Serkhetyaka che già collega da mesi il Kazakhstan al Turkmenistan e all’Iran creando un fondamentale corridoio commerciale Mar Caspio – Golfo Persico, il miglioramento infrastrutturale del porto di Aktau, la tratta ferroviaria Zhezkazgan-Shalkar-Bejneu che collegherà alcune regioni sud-occidentali del Paese a quelle centro-orientali, per poi procedere verso il porto cinese di Lianyungang, area ad economia speciale sulle coste del Pacifico che il governo di Pechino ha già destinato al gigantesco progetto eurasiatico all’interno del IX Piano Quinquennale, pubblicato nel settembre 1995.
L’intensificazione dell’interscambio con la Repubblica Popolare Cinese va quindi ad integrare, e non ad urtare, gli strettissimi rapporti che legano i destini economici e militari del Kazakhstan a quelli della Federazione Russa attraverso organismi intergovernativi quali l’Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva (CSTO) e l’Unione (Doganale) Eurasiatica, entrata da pochi anni in funzione sulla base della Comunità Economica Eurasiatica (EurAsEC).
In generale, entro il 2050, il Kazakhstan potrebbe entrare a far parte del lotto composto dai primi 30 Paesi del mondo per sviluppo, competitività, produttività e benessere. Tra trent’anni esatti la geografia politica ed economica del pianeta sarà sicuramente diversa da quella odierna e possiamo scommettere che Astana sarà la capitale di una nazione a cui il mondo intero saprà guardare con rispetto e ammirazione, ancor più di oggi.
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