Descrizione
LE IDEE E LA GEOPOLITICA
Una delle più efficaci e penetranti rappresentazioni dell’Occidente come malattia del pianeta si deve al pensatore iraniano Jalal Al-e Ahmad, che figura tra gli ispiratori del movimento di riscossa destinato a sfociare nella Rivoluzione del 1979. È da un pensatore europeo, Ernst Jünger, che Al-e Ahmad prende le mosse per denunciare lo strapotere della Tecnica come strumento di dominio coloniale e asservimento imperialista: benché gli esiti delle loro riflessioni divergano, li accomuna la consapevolezza di un necessario abbandono del modello occidentale, fallimentare e criminale.
Dello storico Gioacchino Volpe (1876-1971) rimane scarsa memoria, se non per le omonime edizioni che possono ormai trovarsi nel mercato dei libri usati. Il suo nome è un ricordo lontano quanto il sogno di un’Italia grande potenza, che caratterizzò la stagione in cui Volpe fu uno dei più grandi e famosi storici italiani. Eppure, Gioacchino Volpe ebbe la capacità di tratteggiare, senza sconti e convenienze, passaggi storici e orizzonti geopolitici in modo che gl’italiani potessero averne immediata comprensione.
Dal kemalismo laico e progressista (parzialmente anticipato dall’esperienza delle Tanzimat) all’attuale sistema politico e culturale turco si snoda un percorso che ha rappresentato un segnale di cambiamento importante: non più un riferimento alla presunta superiorità dell’Occidente, ma una ricerca e un recupero della propria identità e delle proprie radici. Si tratta di una rinnovata visione del mondo che – indipendentemente dalla pratica politica non sempre conseguente e coerente – ispira un quadro culturale destinato a contare sempre di più anche nelle scelte geopolitiche. Una sorta di “rivoluzione conservatrice” islamica prende le distanze dal globalismo liberale e dal modello occidentale.
Il nesso tra tempo, potenza e sopravvivenza rappresenta la matrice generativa di ogni collettività politica. Gli imperi, più di altre forme storiche, istituiscono e governano una tripartizione del tempo — materiale, spirituale e simbolico — attraverso cui raccontano sé stessi, legittimano le proprie missioni e proiettano il futuro. Miti fondativi e genealogie, narrazioni eroiche e vocazioni civilizzatrici concorrono a modellare la percezione temporale delle comunità, fissando orizzonti di senso e cicli di azione. In questa prospettiva, l’umano si muove entro dinamiche di ritorno e rinnovamento, dove l’“eterno ritorno” non esclude la trasformazione, ma la scandisce in sequenze riconoscibili.
Il saggio analizza la figura di Jurij Andropov e il suo breve ma significativo tentativo di riformare l’Unione Sovietica nei primi anni ’80. Si evidenzia come, da capo del KGB e poi segretario generale, avesse intuito la crisi strutturale del sistema, promuovendo misure anticorruzione, disciplina del lavoro e primi esperimenti di modernizzazione economica, senza però mettere in discussione il ruolo guida del Partito. Viene sottolineata la differenza con Gorbačëv: Andropov mirava a un rinnovamento graduale dall’alto, mantenendo il controllo politico, mentre la liberalizzazione gorbacioviana accelerò la disgregazione dell’URSS. Il testo riflette sul paradosso della sua parabola: riformatore cauto ma autoritario, la sua morte precoce nel 1984 interruppe quella che molti considerano un’occasione mancata per una transizione più stabile, simile a quella cinese. In conclusione, Andropov resta figura ambivalente, ponte ideale tra il socialismo sovietico in crisi e la Russia putiniana.
DOSSARIO | IL POTERE DEL SIONISMO
È difficile sottovalutare l’importanza della Prima guerra mondiale nella storia della Palestina. Infatti, la Grande Guerra decretò la fine, dopo ben quattrocento anni, della dominazione ottomana nella regione. Nel 1917 i britannici occuparono la Palestina e posero da subito le basi della loro politica imperialista. Il conflitto israelo-palestinese, degenerato dopo il ritiro britannico, è anche il risultato delle contraddizioni della politica imperialista di Londra in Palestina.
Non sono gli antisionisti ad amalgamare il giudaismo e il sionismo, ma gli stessi ebrei sionisti. Perciò la questione ebraica è inseparabile della questione sionista e dalla politica israeliana. Come non vedere, nel razzismo praticato dallo Stato ebraico e nelle sue azioni criminose qualcosa di diverso dall’applicazione di un corpus di leggi ispirate da un suprematismo che non ha eguali?
Lungi dall’essere proprio di sole comunità ecclesiali di tipo presbiteriano o pentecostale, il sionismo cristiano trova sempre maggiori adesioni anche nei segmenti cosiddetti “tradizionalisti” della Chiesa cattolica. Terminato il più che decennale pontificato bergogliano, in cui detti settori erano stati marginalizzati dalla gerarchia, con l’avvento del Pontefice statunitense i “tradizionalisti” sperano in una rivincita ecclesiale oltre che politica.
La pausa temporanea del conflitto israelo-palestinese non chiude in alcun modo la più articolata partita geopolitica del Mediterraneo orientale, dove diversi attori regionali ed extraregionali, con interessi spesso contrastanti, operano alla ricerca di una proiezione di influenza che possa consentire un ruolo di primo piano in uno spazio che rimane centrale per l’economia globale. In questo contributo si analizzerà in particolare l’azione di Grecia e Turchia; le principali direttrici storiche della loro politica estera; il loro ruolo nella questione di Cipro (isola dall’alto valore strategico, non solo per la presenza di bacini gassiferi attorno alle sue coste); e si terrà sotto stretta osservazione la strategia geopolitica di Israele in questo preciso contesto. L’analisi non potrà che partire dalla constatazione che tutti questi attori sono prodotto della dissoluzione dell’Impero ottomano.
Come in passato i movimenti nazionalisti sono stati i protagonisti di rivoluzioni che hanno condotto a un radicale riassetto dell’ordine internazionale, così oggi i movimenti neonazionalisti, religiosi e secolari, vanno gettando le basi per l’edificazione di un diverso ordine globale sulle macerie di quello che l’ha preceduto. Se ne percepiscono le fondamenta: l’accelerazione tecnologica, le oligarchie teocratiche, la rete di sorveglianza globale e una capillare manipolazione della realtà. Il presente articolo si propone di ravvisare le avanguardie di ciò che è di là da venire.
A Trieste, dopo l’annunciato piano da 800 miliardi di euro, denominato ReArm Europe, fin dalla primavera scorsa l’opinione pubblica è mobilitata per rigettare l’uso del Porto Franco Internazionale a fini militari. È contestato anche l’uso commerciale del porto nell’ambito di progetti geopolitici e strategici interessati a farne un baluardo-fortezza della NATO contro la supposta (e del tutto inverosimile) “invasione russa” e un centro di collegamento per servire gli interessi israeliani tramite il porto di Haifa.
Il saggio esamina il ritorno dello spirito guerriero nell’amministrazione Trump, a partire dal ripristino del Dipartimento della Guerra, in connessione con la riaffermazione imperialista e il tentativo di ridefinizione di un nuovo Politicamente Corretto in chiave conservatrice. Vengono indagate le radici storiche dell’ethos marziale statunitense e la sua strumentalizzazione interna per rinsaldare il fronte sociale. Si analizza come le élite trumpiane stiano trasformando il Politicamente Corretto da dispositivo progressista in un canone conservatore. In conclusione, lo studio riflette sulle implicazioni globali di questa svolta e sulle prime ripercussioni già evidenti in Europa.
GEOPOLITICA DELLA TECNOLOGIA
Continuiamo il nostro percorso nella geopolitica dell’industria e della tecnologia. Parte della “educazione strategica” e geopolitica di un sistema-paese deve consistere nel pensare la tecnologia non solo come una componente immateriale, ma anche come una componente materiale e fisica che ha uno stretto collo di bottiglia strategico nelle macchine utensili: le macchine che fabbricano le macchine, gli strumenti che realizzano strumenti. Senza di esse, qualsiasi apparato economico – e militare – semplicemente non può esistere.
DOCUMENTI
Robert Faurisson, La religion séculière de “l’Holocauste” est un produit – frelaté – de la société de consommation, “Ecrits Révisionnistes” (2005-2007), vol. VI, Ed. Akribeia
RECENSIONI E SCHEDE
Claudio Mutti, I ‘miti’ del sionismo (Daniele Perra)
Ugo Dadone, A disonore del genere umano (Adelaide Seminara)












