Fatti diversi o evento storico?
Il 7 Ottobre 2001, gli ambasciatori degli Stati Uniti e del Regno Unito informarono, con una lettera, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che le loro truppe erano entrate in Afghanistan in virtù del diritto all’auto-difesa, dopo gli attacchi che avevano rabbuiato l’America, un mese prima. L’ambasciatore John Negroponte ha detto nella sua lettera: “Il mio governo ha ottenuto informazioni chiare e convincenti che al-Qaeda, che è supportata dai talebani in Afghanistan, ha giocato un ruolo centrale negli attacchi.”
Il 29 giugno 2002, il presidente Bush ha rivelato nel suo “Discorso annuale sullo di Stato dell’Unione”, che l’Iraq, l’Iran e la Corea del Nord appoggiavano segretamente i terroristi, perché esse avevano firmato un patto segreto per distruggere gli Stati Uniti: l’”Asse del Male“. Certo, questi tre “stati canaglia” erano cauti, in quanto Washington aveva schiacciato i talebani, ma non avevano abbandonato le loro intenzioni.
Le accuse divennero più precise l’11 Febbraio 2003. Quel giorno, il segretario di Stato degli USA, Colin Powell, presentava le prove, in prima persona al Consiglio di sicurezza, che l’Iraq era responsabile degli attacchi. Poi, brandendo un flacone che avrebbe contenuto polvere di antrace concentrata tale da poter devastare un intero continente, mostrava una foto satellitare della base di al-Qaida installata nel nord dell’Iraq, compreso un impianto per la produzione di veleni. Poi, con il supporto di uno schema, descrisse l’organigramma dei terroristi a Baghdad, sotto il comando di Abu al-Zarqawi. Sulla base di queste informazioni “chiare ed indiscutibili“, le truppe degli Stati Uniti e del Regno Unito, assistite da quelle di Canada, Australia e Nuova Zelanda, entrarono in Iraq, ancora sotto il pretesto del loro diritto all’auto-difesa, dopo gli attacchi dell’11 settembre.
L’argomento dell’11 settembre fu così comodo, che il 15 Ottobre 2003, mentre una pioggia di bombe cadeva su Baghdad, il Congresso degli Stati Uniti incriminava a sua volta la Siria, per il suo sostegno al “terrorismo internazionale” e dava al Presidente Bush il diritto di dichiararle guerra, quando lo ritenesse necessario. Tuttavia, la Siria doveva essere l’”anticipo” in vista del festino in cui l’Iran era il piatto principale. Nel luglio 2004, la Commissione presidenziale sugli attentati fece la sua relazione finale. All’ultimo momento, aggiunse due pagine di rivelazioni sui legami tra l’Iran e Al-Qaida. Il regime sciita avrebbe avuto a lungo collegamenti con i terroristi sunniti, facendoli circolare liberamente sul suo territorio e finanziando le infrastrutture nel Sudan. Su queste basi, una nuova guerra sembrava inevitabile. Questo scenario terrà per due anni col fiato sospeso la stampa internazionale.
Solo ora, otto anni dopo gli attentati dell’11 settembre, la prova “chiara e indiscutibile” della colpevolezza di al-Qaida degli Stati Uniti, non sono ancora state presentate al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha anche dimenticato di chiedergliele. Peggio, nessuno crede che al-Qaida sia un’organizzazione strutturata, ma ora se ne parla come un vaga e immateriale “movimento“, che il più grande esercito del mondo non ha ancora trovato Osama bin Ladin e la CIA ha sciolto la cellula responsabile del suo inseguimento, il patto segreto tra Iraq, Iran e Corea del Nord sembra essere una fiaba e nessuno osa parlare dell’Asse del Male; l’ex segretario di Stato americano Colin Powell ha ammesso pubblicamente che le informazioni presentate al Consiglio di sicurezza erano delle sciocchezze e, infine, i funzionari degli Stati Uniti continuano a ricercare un mutuo aiuto da Siria e Iran per la gestione del pantano iracheno. Eppure è il “diplomaticamente corretto” esige che tutti continuino a far finta che le cose siano chiare, come se l’illuminato con la barba, rintanato in una grotta in Afghanistan, abbia colpito al cuore il più grande impero della storia e sfugga dalla sua vendetta.
Tutti? Non del tutto. In primo luogo i leader degli Stati interessati, Afghanistan, Iraq, Siria, Iran e Corea del Nord non si sono accontentati di negare ogni responsabilità per gli attentati, ma hanno esplicitamente accusato il complesso militare-industriale degli Stati Uniti di aver esso stesso organizzato e deliberatamente ucciso 3000 dei suoi cittadini. In secondo luogo, i leader degli stati oppositori a Washington, come Venezuela e Cuba, si sono anche presi la briga di mettere in ridicolo la versione di Bush di questi eventi. Infine, i leader degli Stati che desiderano mantenere buoni rapporti con Washington, ma senza ingoiarne stoicamente tutte le sue bugie, hanno affermato che gli attacchi in Afghanistan e in Iraq non hanno alcun fondamento giuridico, pur astenendosi dal commentare gli attacchi stessi. Ciò vale per diversi paesi come Emirati Arabi Uniti, Malesia, Russia, e ora il Giappone. Vediamo l’elenco degli Stati scettici non ha nulla a che fare con un sentimento pro o anti-USA, ma con l’idea che ognuno si fa delle sua sovranità e dei mezzi a sua disposizione per affermarla.
Che cosa è successo poi, l’11 settembre? I giornalisti non sono soggetti alla stessa riservatezza dei diplomatici, come andremo a vedere.
Grande budget hollywoodiano, ma sceneggiatura sciatta
Secondo la versione ufficiale, il malvagio islamico Osama Bin Ladin, che accusa gli “infedeli” americani di avere profanato il sacro suolo dell’Arabia Saudita con l’installazione di basi militari, ha organizzato un’operazione terroristica gigantesca, con mezzi materiali insignificanti, ma ricorrendo a un commando di 19 fanatici.
Vive in una grotta degna di un film di James Bond. Infiltra i suoi kamikaze negli Stati Uniti, come nel film di Chuck Norris dall’intrigante titolo premonitore “Ground Zero“.
Quattro di loro si formarono in un club di volo. Trascuravano il decollo e l’atterraggio per concentrarsi esclusivamente sulla guida degli aerei in volo. In quel giorno, divisi in quattro squadre, i fanatici dirottano gli aerei di linea minacciando di sgozzare le hostess con dei taglierini.
Alle 8:29, l’American Airlines ricevette una chiamata radio che si pretende provenisse dall’equipaggio del Volo 11 (Boston-Los Angeles) per informare del dirottamento. La procedura ufficiale prevede la notifica immediata da parte dell’aviazione civile alla Difesa aerea, e il decollo dei caccia-intercettori entro un massimo di 8 minuti. Ma quando 17 minuti dopo, si ebbe il primo impatto al WTC, i caccia non erano ancora decollati.
Alle 8:47 il transponder del volo United Airlines 175 (anch’esso Boston-Los Angeles) fu spento. Il suo numero d’identificazione scomparve dagli schermi radar civili, quando non è osservabile che come un punto. Ciò diede l’allarme, senza che in questa fase l’ente del trasporto aereo civile potesse sapere se si trattasse di un guasto o di un dirottamento. Perciò, quando ha luogo il secondo impatto, alle 9:03, nessun caccia è stato inviato per stabilire il contatto visivo.
Alle 8:46, un Boeing 757 si schiantò sulla torre nord del World Trade Center. Il velivolo colpì il centro millimetrico della facciata. Dal momento che era largo 63 metri e la sua velocità massima era di 700 km/h, la precisa manovra si svolse in 3 decimi di secondo, una prodezza di cui pochissimi piloti da caccia sono capaci, ma che sarebbe stata eseguita da un pilota dilettante. La stessa impresa fu eseguita una seconda volta alle 9:03, con un altro Boeing 757, sulla torre sud, per di più in direzione opposta al vento, questa volta.
Nel momento esatto in cui si ebbe il secondo impatto, un missile attraversò il campo visivo della telecamera del canale ‘New York One’. Fu sparato da un aereo oscurato dal fumo dell’impatto e corre diagonalmente verso il suolo. Non abbiamo mai sentito parlare di queste immagini incongrue.
I primi testimoni dicono che i due velivoli che hanno colpito le torri sono aerei cargo senza finestrelle, ma gli aerei sono stati successivamente indicati come i voli di linea 11 e 175. C’è solo un video del primo impatto, ma sei del secondo impatto. Nessun ingrandimento consente di osservare gli oblò.
Al contrario, gli ingrandimenti permettono d’osservare un oggetto scuro appeso ad ogni carlinga. La visione del fotogramma video mostra due lampi di luce dal punto di impatto, poco prima che l’apparecchio si schianti sul grattacielo. Gli aerei non si schiantano sulle facciate, ma si precipitano all’interno degli edifici e scompaiono del tutto, le facciate ed i pilastri interni non esercitano alcuna resistenza.
Alle 8:54, il volo American Airlines 77 (Washington DC – Los Angeles) cambia il suo percorso senza autorizzazione, mentre il suo transponder smette di trasmettere. I radar civili perdono le sue tracce.
Alle 9.25, a conoscenza dell’evento importante, il centro di comando a Herndon, vietava a qualsiasi nuovo volo di linea sul territorio degli Stati Uniti e ordinava a tutti gli aeromobili civili in volo di atterrare. I voli transatlantici vennero dirottati in Canada. Da parte sua, l’autorità portuale di New York chiuse tutti i ponti ed i tunnel che collegano Manhattan.
Allo stesso tempo ebbe iniziato la videoconferenza di crisi presieduta dal consigliere per l’anti-terrorismo del presidente, Richard Clarke. Essa coinvolse la Casa Bianca, i Dipartimento di Stato, della Giustizia, della Difesa, vi parteciparono anche l’aviazione civile e la CIA.
La nota giornalista della Fox News, Barbara Olson, era a bordo del Volo 77. Parlò al telefono cellulare col marito, Theodore Olson, che era consigliere di George W. Bush presso la Corte Suprema e che poi divenne procuratore generale degli Stati Uniti. Lei gli dice che i dirottatori hanno appena sequestrato l’aereo e scambia le ultime parole d’amore con lui.
Alle ore 9.30, l’aviazione civile disse che il Volo 77 era disperso. Sarebbe caduto nella riserva naturale del West Virginia, senza mai essere raggiunto dai caccia dell’US Air Force.
Tuttavia, nello stesso tempo, un aereo non identificato, con le caratteristiche di velocità e manovrabilità di un aereo militare, viene osservato dal radar dell’aeroporto civile di Washington, Dulles. Il velivolo entra nello spazio aereo protetto del Pentagono. La batterie automatiche dei missili antiaerei che proteggono l’edificio, non reagiscono. Dopo aver compiuto una svolta ad angolo retto, e aggirato un cavalcavia autostradale, il velivolo s’infilò nel Pentagono, penetrò la corazza di sei muri ed esplose, uccidendo 125 persone. I testimoni descrivono un missile. Gli orologi del palazzo rimangono congelati, indicando le 9:31.
Quindici minuti più tardi, la parte danneggiata dell’edificio crollò. Presente sulla scena dell’attentato, il corrispondente della CNN mostra che non vi è traccia di aeromobili sul posto. Poi la CNN mostra il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld aiutare personalmente i soccorritori, evacuando una persona ferita su una barella. Poco dopo, dirà al suo staff che entrando nel palazzo in fiamme, di aver visto i rottami di un Boeing. Il missile sarà presentato come il Volo 77 disperso.
La Casa Bianca ricevette una telefonata anonima, utilizzando i codici per la trasmissione Ultra-Segreta della Presidenza degli Stati Uniti. Il corrispondente dice di parlare a nome degli aggressori. Indica che la Casa Bianca sarà il prossimo obiettivo.
Alle 9:35, Richard Clarke attiva il programma di continuità del governo. Il presidente Bush, che stava visitando una scuola elementare in Florida, interruppe il suo programma e raggiunse l’aereo presidenziale Air Force One. Da parte sua, il Vice Presidente Cheney si recò nel bunker anti-nucleare della Casa Bianca. Tutti i deputati e i ministri furono contattati per essere messi al riparo nei rifugi designati.
Alle 9:42, ABC trasmise in diretta le immagini dell’incendio che devastava due piani di cui dell’edificio annesso alla Casa Bianca, che ospitava gli uffici del personale del Presidente Bush e del Vice Presidente Cheney. Le autorità non fornirono mai alcuna spiegazione per questo incendio, che da allora è scomparso dalla memoria collettiva. Squadre armate di lanciarazzi furono dispiegate attorno all’edificio della Presidenza, per impedire qualsiasi sbarco di truppe aviotrasportate. Fu come se si temesse un colpo di stato militare.
Alle 9:24, l’aviazione civile ricevette un messaggio da parte dell’equipaggio del volo United Airlines 93 (Newark-San Francisco), informando dell’intrusione nella cabina di pilotaggio. La comunicazione fu rapidamente interrotta e il transponder arrestò le trasmissioni, il volo fu considerato dirottato. Alle 10:03, il Boeing scomparve dagli schermi civili. Sarebbe esploso in volo o schiantato in Pennsylvania. Sul sito c’è un cratere grande, vuoto e i detriti sono sparsi per diverse miglia.
Dando una conferenza stampa, mentre marcia per le strade di Manhattan, il sindaco di New York, Rudy Giuliani, evocò un possibile crollo delle torri gemelle, e invitava ad evacuarle.
Alle 9:58 avvenne un’esplosione alla base della torre sud del WTC e rilasciò una enorme nuvola di polvere. Poi esplosioni più piccole si ebbero nell’edificio, da cima a fondo, emettendo dai fianchi piccole nuvole di polvere. In dieci secondi, l’edificio crollò su se stesso, immergendo tutta Manhattan nella polvere.
Gli edifici delle Nazioni Unite a New York e quelli dei servizi a Washington, furono evacuati. Si temette che potessero essere i prossimi obiettivi.
Alle 10:28, la torre nord del World Trade Center crollò nello stesso modo.
Lo Stato di Israele ordinò la chiusura di tutte le sue missioni diplomatiche in tutto il mondo (10:54).
Alle 11:00 circa, l’ordine di evacuazione dell’edificio WTC-7 fu dato. Questo grattacielo non è stato colpito dagli aerei e per molto tempo le autorità non poterono vincolare il crollo agli attacchi, che non sarà neppure menzionato nella relazione finale della Commissione presidenziale.
Alle 13:04, la televisione trasmise un breve messaggio registrato del presidente Bush. Garantendo ai suoi cittadini che la continuità di governo era assicurata e che il paese sarà difeso.
Alle 13:30, lo stato di emergenza è dichiarato a Washington DC, mentre il Pentagono mise due portaerei e le loro squadre in stato di massima allerta per prevenire un sbarco navale nemico al largo di Washington. Gli Stati Uniti si credettero in guerra.
Alle 16:00 la CNN confermò che le autorità statunitensi identificarono nel saudita Osama bin Ladin lo sponsor degli attentati. Non era quindi né un colpo di stato, né la terza guerra mondiale.
Alle 17:21, la Torre n. 7 del WTC crollò allo stesso modo delle torri gemelle, ma in 6 secondi e mezzo, perché più basso.
Alle 18:42, Donald Rumsfeld tenne una conferenza stampa al Pentagono, affiancato dai leader democratici e repubblicani della commissione Difesa del Senato. Insieme, essi ribadirono l’unità nazionale in quel momento tragico. Improvvisamente, Rumsfeld prese da parte il senatore Carl Levin e gli chiese se gli eventi del giorno fossero sufficienti per convincerlo ad aumentare la spesa militare.
La sera dell’11 settembre, il danno era molto difficile da valutare. Si parlava di 40000 morti. Alle ore 20:30, il Presidente Bush si rivolse alla nazione dalla Casa Bianca. Garantiva che la minaccia sarà respinta e che “l’America” affronterà i suoi nemici. I tamburi di guerra stavano cominciando a rullare.
La distruzione controllata del World Trade Center
Tutti questi avvenimenti crearono una forte angoscia e si mossero troppo in fretta perché si potesse discuterne a caldo la coerenza. Torneremo sui principali punti oscuri. Per cominciare: perché le Torri Gemelle e la Tower 7 del WTC collassarono?
Più che lo shock degli aerei contro le torri gemelle, fu la combustione del cherosene che avrebbe indebolito le colonne d’acciaio delle torri gemelle e ha causato il loro collasso, dicono gli esperti del NIST (National Institute of Standards and Technology). Ed è proprio il contagio del fuoco che potrebbe aver provocato il collasso della terza torre, la n. 7, hanno aggiunto.
Tuttavia, questa teoria fa sorridere i professionisti: le Torri Gemelle sono state progettate per resistere all’impatto di un aereo di linea, il fuoco del cherosene ha raggiunto una temperatura compresa tra i 700 e i 900° Celsius, mentre l’acciaio deve essere portato a 1538° per sciogliersi, molti grattacieli sono stati devastati da incendi, nel mondo, ma nessuno è mai crollato, le tre torri non sono caduti di fianco, ma esattamente in verticale, ultimo ma non meno, la velocità di collasso è quella di caduta libera, vale a dire che il piano superiore non ha incontrato alcuna resistenza cadendo sul pavimento, ogni piano deve esser venuto meno prima che su di esso si esercitasse pressione.
I vigili del fuoco di New York sono categorici: hanno udito e visto una serie di esplosioni che hanno distrutto le costruzioni da cima a fondo. Queste testimonianze vengono corroborate da video e nastri audio.
In ultima analisi, Niels Harris, professore di chimica e fisica presso l’Università di Copenhagen, ha pubblicato nella prestigiosa Open Chemical Physics uno studio ufficiale che mostra la presenza a Ground Zero di particelle di un esplosivo militare, la nanothermite.
Gli esplosivi sono stati collocati da professionisti in modo che prima tagliassero la base della colonna di metallo, e poi demolissero gli edifici piano per piano, da cima a fondo. Nelle foto scattate nei giorni successivi, troviamo che le colonne di acciaio sono state tagliate in modo molto pulito e senza deformazioni da calore.
A differenza delle procedure d’indagine giudiziaria, i pezzi delle colonne di metallo non sono stati conservati per le indagini. Essi sono stati rapidamente sgomberate dalle imprese per la rottamazione di Carmine Agnello, il padrino del clan della mafia dei Gambino, e poi rivenduti sul mercato cinese.
Sulla torre n. 7, l’inquilino proprietario del World Trade Center, Larry Silverstein, ha detto in una intervista televisiva che era stato informato del possibile crollo ed aveva autorizzato la demolizione. Mr. Silverstein ha ritrattato, ma il video della sua dichiarazione rimane.
La Tower No. 7 ospitava vari servizi amministrativi, tra cui l’unità di crisi del sindaco di New York e la base principale della Cia, al di fuori del quartier generale di Langley. Il database installato inizialmente per spiare le missioni estere delle Nazioni Unite, era stata specializzata, sotto la presidenza Clinton, nello spionaggio economico delle grandi aziende di Manhattan. Supponendo che l’operazione dell’11 settembre sia stata coordinata da questo sito, la sua distruzione avrebbe definitivamente eliminato ogni prova della cospirazione.
Sei settimane prima degli attacchi, Larry Silverstein, tesoriere della campagna di Benjamin Netanyahu, aveva commesso un pessimo affare affittando gli edifici del WTC, poiché coibentati con amianto, non corrispondevano più alle norme giuridiche. Ma ebbe un vantaggioso presentimento stipulando una polizza assicurativa originale, che prevedeva un premio in caso di attentato terroristico, calcolato non in funzione della sola possibilità, ma di un attacco. Pertanto, ritenendo che non vi erano stati due attacchi con due aerei diversi chiese, e infine ebbe, un doppio risarcimento di 4,5 miliardi di dollari.
In ogni caso, l’installazione della nanothermite nelle torri gemelle e nella Tower 7 comportava calcoli complessi e la posa in alcuni giorni, quindi prima dell’11 settembre. Questo può essere stato effettuato all’insaputa della squadra di guardia al WTC.
La sicurezza del WTC era stata delegata dal Larry Silverstein alla società Securacom, guidata da Marvin Bush, fratello del presidente.
3000 vittime
La sera dell’11 settembre, il sindaco di New York parlò di un dato possibile di 40000 morti e ordinò in base alla valutazione il materiale necessario alle camere mortuarie. Dopo molte revisioni, il saldo fortunatamente fu ridotto a meno di 2200 morti tra i civili e 400 vittime tra il personale di soccorso. Tra i morti, non vi era nessuno dei grandi padroni dei gruppi imprenditoriali che avevano le loro sedi nelle prestigiose torri ma, in ultima analisi, soprattutto personale della manutenzione e impiegati. Come è stato possibile questo miracolo?
Intorno alle 7, i dipendenti della ditta Odigo ricevettero un messaggio di testo avvertendoli che un attacco avrebbe avuto luogo quel giorno al WTC, e che non dovevano andare nei loro uffici che si trovavano di fronte al WTC. La Odigo è una piccola società israeliana, leader nelle e-mail, strettamente legata alla famiglia Netanyahu e all’Aman, il servizio di intelligence militare di Israele.
Alle 8, il finanziere Warren Buffet organizzò nella sua roccaforte del Nebraska la colazione annuale della carità. Per la prima volta, erano stati invitati tutti i grandi capi che avevano un ufficio nelle Torri Gemelle. E per la prima volta non aveva ricevuto i suoi ospiti in un grande albergo, ma nella base militare di Offutt, il comando generale della deterrenza nucleare dell’Aeronautica. I filantropi erano arrivati in aereo sul posto il giorno prima, e rimasero nella base. Erano stati informati durante la prima colazione che un aereo aveva accidentalmente colpito la torre nord del WTC, poi un secondo aereo aveva colpito la torre sud. Hanno capito allora che non si trattava di un incidente, ma di attacchi, soprattutto perché il comandante della base, il generale Gregory Power, se ne andò subito per recarsi nella sua unità di crisi. Lo spazio aereo degli Stati Uniti fu chiuso subito o, gli ospiti non potevano tornare a New York e rimasero nella base.
Dopo l’11 settembre, il finanziere Warren Buffet è diventato l’uomo d’affari più ricco del mondo, assieme al suo amico Bill Gates. Ha fatto la campagna per Barack Obama, ma s’è rifiutato di diventare il suo segretario al Tesoro.
Nel primo pomeriggio, l’Air Force One atterrò nella base aerea militare di Offutt. Il presidente Bush si recò nell’unità di crisi, dove partecipò alla videoconferenza con la Casa Bianca e le varie agenzie. Vi registrò anche la sua prima apparizione televisiva.
Nei minuti seguenti l’impatto iniziale, i servizi d’emergenza della FEMA (l’agenzia per la gestione delle catastrofi) si dispiegarono sul sito. Per una felice coincidenza, erano arrivati il giorno prima a New York e si preparavano a guidare, il giorno successivo, una simulazione di un attacco chimico o biologico al WTC. Tutti i servizi di emergenza erano stati poi immediatamente attivati, salvando molte vite. La FEMA era guidata da Joe Allbaugh, tesoriere della campagna di George W. Bush e futuro responsabile degli appalti pubblici nell’Iraq occupato.
Il missile del Pentagono
Le batterie automatiche dei missili antiaerei del Pentagono non hanno risposto all’allarme voce di un aereo nello spazio aereo protetto. Ciò può essere spiegato in due modi: o erano scollegate, lasciando l’edificio senza difesa, o erano stati inibiti da un codice amico. Vi è infatti un codice di riconoscimento che permette agli elicotteri e dello stato maggiore e del Ministro di entrare nella zona di sicurezza.
Per aggirare uno cavalcavia dell’autostrada, il velivolo ha effettuato una virata quasi ad angolo retto, per poi penetrare nell’ala del Pentagono più lontana dagli uffici del ministro. L’area colpita era destinata a due incarichi. Da una parte gli uffici in via di ristrutturazione per lo stato maggiore della Marina e dall’altra gli uffici assegnati al Controllore Generale. Soprattutto il personale civile che stava indagando sull’appropriazione indebita del secolo, nel bilancio della difesa. Questo spiega sia che non vi fosse nessun alto ufficiale tra le vittime e perché l’inchiesta per appropriazione indebita dei fondi sia stata annullata a causa della distruzione dei registri del procedimento.
Il missile ha penetrato le mura blindate periferiche e successivamente esplose con violenza straordinaria nell’edificio. Il calore fu così intenso che i vigili del fuoco hanno utilizzato delle tute d’amianto per poter avanzare nel fuoco. L’hanno combattuto con l’acqua, il fluido che assorbe il calore specifico più elevato. Non hanno utilizzato i ritardanti che sono utilizzati per spegnere gli incendi provocati dal cherosene, e hanno dichiarato di non vedere visto ciò che evoca un aereo o del kerosene. Inoltre, contrariamente alla sua testimonianza, una persona vestita con un abito semplice, come il Segretario Rumsfeld, non avrebbe potuto avvicinarsi al cuore dell’incendio.
Successivamente, le stesse autorità hanno distrutto e ricostruito tutta l’ala danneggiata. Le macerie sono state eliminato da una società specializzata che le ha vetrificate. Questa tecnica costosa viene utilizzata per stabilizzare i rifiuti che contengono particelle radioattive. Con ogni probabilità, il missile era rivestito da uranio impoverito per penetrare nel calcestruzzo e kevlar, e conteneva una carica cava per causare l’esplosione breve ma ad alta temperatura.
Come si può vedere perfettamente nelle fotografie scattate subito dopo l’impatto, il missile è entrato nell’edificio senza danneggiare la facciata. Volò rasoterra e attraversò una porta normalmente utilizzata dai furgoni. Non ha danneggiato gli infissi.
I dintorni del Pentagono sono particolarmente monitorati da telecamere. Il velivolo doveva aver attraversato la visuale di oltre 80 di esse. Le autorità hanno rifiutato di rendere pubblici i video, e si sono accontentate di alcune foto che mostrano l’esplosione, ma non l’aereo.
Il prato del Pentagono non è stato danneggiato. L’esplosione ha distrutto le auto parcheggiate e due elicotteri parcheggiati sulla piazzola. Hanno trovato molti rottami metallici, ma nessuno relativo al Boeing, nemmeno i reattori. Le autorità hanno fatto grande uso delle fotografie ufficiali, che mostrano un frammento di circa 90 cm di lunghezza che reca una striscia laterale di una vernice speciale, utilizzata nel trasporto aereo ed altre, dipinte di rosso, bianco e blu. Proprio in vista di questa decorazione, gli appassionati di puzzle hanno trovato che non era una parte di un Boeing dipinto con i colori della American Airlines. Eppure questo è davvero una frammento di un velivolo. Si tratta probabilmente di un frammento dei due elicotteri distrutti.
A credito della teoria del Volo 77, il medico capo del Dipartimento della Difesa ha autenticato i resti umani dei passeggeri del Boeing tra le macerie del Pentagono. Le urne funerarie sono state date alle famiglie delle vittime e quei resti sono stati identificati dalle impronte digitali o dall’analisi del DNA.
Tuttavia, in seguito, il Pentagono ha giustificato l’assenza di residui da Boeing, compresi i reattori, per il calore estremo che avrebbe vaporizzato il metallo.
Non è chiaro come in queste circostanze i resti umani siano stati conservati.
Aerei dirottati o pilota automatico?
La teoria degli aerei dirottati si basa sull’assimilazione degli aerei coinvolti in aerei di linea commerciali e alla divulgazione delle conversazioni telefoniche tra i passeggeri e il suolo.
Molta gente ha testimoniato di aver ricevuto chiamate dai loro parenti a bordo degli aerei. Abbiamo ricostruito il sequestro delle hostess coi taglierini e l’ammutinamento dei passeggeri a bordo del volo 93. Quest’ultimo ha dato luogo a due film di Hollywood.
Tuttavia, nel 2006, durante il processo di Zacarias Moussaoui, sospettato di volersi unire ai dirottatori, l’FBI ha testimoniato che le telefonate tra gli aerei ad alta quota e suolo erano impossibili con la tecnologia del 2001. I controlli effettuati hanno dimostrato che tutte queste storie sono false, o perché sono state inventate, o perché i testimoni chiamati sono stati ingannati.
L’FBI non ha fatto commenti sul caso di Theodore Olson, avvocato di George W. Bush durante le elezioni presidenziali, allora procuratore generale degli Stati Uniti, che ha testimoniato di aver ricevuto due chiamate da sua moglie, la giornalista televisiva della Fox Barbara Olson, che scomparve con il volo 77.
Una ipotesi esplicativa può essere avanzata attraverso la consultazione degli archivi declassificati di Robert McNamara. Nel 1962, il capo di stato maggiore degli Stati Uniti propose al Presidente Kennedy una messinscena per giustificare un attacco contro Cuba, l’Operazione Northwoods. Queste provocazioni includevano la distruzione di un aereo in linea degli Stati Uniti da parte di un falso MiG cubano.
Per compiere ciò, l’esercito aveva recuperato due MiG sovietici nel Terzo Mondo e li aveva dipinti coi colori di Cuba. Dei figuranti furono assunti. Hanno dovuto prendere un volo per Miami e dovevano girare dei film familiari in quella occasione, per un uso successivo nei telegiornali. Una volta in volo, l’aereo avrebbe spento il suo transponder commerciale per non essere identificato dai radar civili. Per essere poi sostituito da un aereo senza passeggeri. Dopo che l’equipaggio si fosse paracadutato, il velivolo avrebbe continuato a volare con il pilota automatico per essere abbattuto dai Mig falsi sulla baia di Miami, davanti a migliaia di testimoni. Per dare credibilità al caso, il personale aveva programmato di mettere in scena le conversazioni telefoniche tra le false spie cubane, e farle intercettare dall’FBI.
Applicato all’11 settembre, questo modello può spiegare i transponder spenti, le telefonate fasulle e la mancanza di finestre nell’aereo che ha colpito il WTC. La novità è che nel 2001 il Pentagono non ha più bisogno di un equipaggio di volo su un Boeing 757. Ha la capacità tecnica di farlo decollare con la modalità dei drone. L’operazione è più flessibile.
Nei voli nazionali degli Stati Uniti, che sono molto frequenti, le compagnie aeree vendono più biglietti di quanti ne prenotato. I passeggeri sono in attesa fino a quando non viene trovato un posto vuoto in un aereo. Eppure i quattro aerei dirottati sarebbero stati pieni solo fino a un terzo della loro capacità.
Gli elenchi dettagliati dei passeggeri riportati dal quotidiano iraniano Kheyan, mostra che tutti i morti sono di famiglie dei dipendenti del Dipartimento della Difesa, società appaltatrici del Pentagono o vicini alla Casa Bianca, come Barbara Olson.
L’ipotesi di un aereo di linea accidentalmente schiantatosi sul tetto del Pentagono (e non la sua suggestiva facciata) fu studiata negli anni ’90. Il Dipartimento della Difesa ha anche effettuato alcune simulazioni sotto la guida del comandante Charles Burlingame. Successivamente, l’ufficiale si ritirò dal servizio attivo ed diventò pilota di linea dell’American Airlines. Era ai comandi del Volo 77 che avrebbe colpito il Pentagono.
Senza aerei dirottati, niente dirottatori
Nei tre giorni che seguirono gli attacchi, il Dipartimento della Giustizia, basandosi sulle informazioni fornite dai passeggeri per telefono, stabilisce il modus operandi dei dirottatori, individuato e ricostruito le loro vite. Così, fu la telefonata di uno stewart del volo 11 che ha consentito di sapere che i pirati erano cinque in tale aereo e che il loro leader era il passeggero del sedile 8D, Mohammed Atta.
Ma sappiamo oggi che queste telefonate sono false e che gli aerei non sono stati dirottati, ma sostituiti. Peggio ancora, negli elenchi dei passeggeri forniti dalle compagnie aeree nelle ore successive agli attentati, hanno dimostrato che nessuno dei 19 sospetti dirottatori si era imbarcato.
Tuttavia, vi sono “prove” che Mohammed Atta era a bordo dell’aereo che si schiantò sulla torre nord. Pochi giorni dopo, mentre il WTC era un cumulo di macerie fumanti, un agente di polizia vi ha scoperto il passaporto intatto di dirottatore. Tutto era distrutto, salvo la prova provvidenziale.
Questa storia non sembrava plausibile, l’amministrazione Bush trasmise le immagini di una telecamera di sorveglianza dell’aeroporto che mostrava Atta e il suo compagno al-Omari, all’imbarco. Ahimè! Queste immagini sono state riprese l’11 Settembre 2001, ma all’aeroporto di Portland in cui i due uomini sono passati, ma non a Boston, da dove decollò il volo 11.
Mai a corto di idee, il Sunday Times di Rupert Murdoch, nel 2006, ha pubblicato un video fornito cortesemente dal Dipartimento della Difesa USA, datato 2000, che mostrava Atta in Afghanistan in un campo di Osama bin Ladin.
L’esame dell’elenco ufficiale dei dirottatori, degli attentatori suicidi, non stanca di sorprendere. Alcune persone si fecero avanti dopo gli attacchi. Per esempio, Walid al-Asher, che avrebbe fatto parte della squadra di Atta nel Volo 11, è un pilota di aerei della Royal Air Morocco. Vive a Casablanca, dove ha dato varie conferenze stampa fino a quando il palazzo reale gli ha chiesto di essere più discreto.
Tuttavia 13 dei 19 presunti dirottatori sono mercenari che hanno partecipato in precedenza a operazioni terroristiche condotte dal principe Bandar bin Sultan, per conto della CIA in Afghanistan, Bosnia-Erzegovina e/o la Russia. Sono Khalid Almihdhar, i fratelli Nawaf e Salem Alhazmi, Ahmed Alhaznawi, Ahmed Hamza Alghamdi, Wail, Waleed e Mohand Alshehri, Alnami Ahmed, Ahmed Fayez Banihammad e Majed Moqed. Hanno combattuto per i talebani e per l’emirato islamico d’Ichkeria.
Il Principe Bandar fu nominato ambasciatore dell’Arabia Saudita a Washington dal re Fahd, quando salì al trono nel 1982 dopo l’assassinio del suo predecessore, per opera di un principe tossicodipendente armato dalla CIA. Ha mantenuto questa posizione fino a quando il re morì, nel 2005. Subito considerato da George Bush padre come un figlio adottivo, è conosciuto in tutto il mondo arabo con il soprannome di “Bandar Bush“. Con vari servizi, ha gestito per oltre venti anni una sorta di fondo nero della CIA, alimentato da tangenti, bustarelle del contratto di vendita di armi, noto come contratto Al-Yamamah, che coinvolge i più alti vertici del Regno Unito. Ha anche reclutato mercenari negli ambienti islamici per ogni tipo di operazioni segrete nel mondo musulmano, dal Marocco allo Xinjiang, in Cina.
Eludendo le domande sui presunti dirottatori, l’amministrazione Bush ha preferito concentrare il dibattito sulla personalità di Osama bin Ladin. Il famoso ragazzo d’oro dell’Arabia Saudita è stato il fratello di Salem bin Ladin, il partner di George W. Bush, nella compagnia petrolifera Harken Energy di Houston. Era stato assunto a Beirut dal Consigliere della Sicurezza Nazionale degli USA, Zbigniew Brzezinski, alla fine degli anni ’70. Ha poi aderito alla World Anti-Communist League e dispose il finanziamento dei mujahidin contro i sovietici in Afghanistan. La sua “Legione Araba” è stata poi utilizzata in altri teatri di operazione, in particolare in Bosnia-Erzegovina. Da una personalità del jet set, la CIA aveva ottenuto un fanatico religioso che fungesse da schermo per le azioni del principe “Bandar Bush“. In effetti, se nessun islamico potrebbe accettare di servire la monarchia corrotta e insulsa di Fahd, molti troverebbero interessante il fatto di seguire un personaggio dalla retorica fondamentalista e anti-occidentale di Osama bin Ladin. “Lo sceicco Osama” è stato comunque una pedina importante della CIA sullo scacchiere del Medio Oriente. Un capo di Stato arabo ha raccontato in dettaglio, a questo recensore, come egli avesse visitato, nell’estate del 2001, l’ospedale americano di Dubai, dove ha subito un trattamento estensivo ai suoi reni. Secondo il testimone privilegiato, bin Laden l’ha ricevuto nella sua stanza in presenza dei suoi colleghi della CIA
Nel 2001, Osama bin Laden era sconosciuto al grande pubblico degli Stati Uniti, ad eccezione dei fan di Chuck Norris che avevano visto il suo film “Ground Zero“. Per 8 anni, l’amministrazione Bush centellinò alla stampa una serie di cassette audio e video dello ‘sceicco’ Osama per far rivivere il feuilleton della guerra al terrorismo.
In uno dei nastri più famosi, egli afferma di aver calcolato come due Boeing potessero causare il crollo delle torri gemelle e ha anche commissionato l’aereo contro il Pentagono. Due exploit che oggi sappiamo immaginari.
Nel 2007, l’Istituto svizzero per l’Intelligenza Artificiale ‘Dalle Molle’, contattò i migliori esperti nel mondo in video e riconoscimento vocale, studiarono tutte le cassette di Osama bin Ladin a disposizione. Ha concluso con certezza che tutti le registrazioni dal mese di settembre 2001, sono false. Inclusi i nastri delle confessioni.
C’era un esercito negli Stati Uniti?
Questo insieme di prove invalidano la teoria ufficiale dell’amministrazione Bush non si può nascondere la più incongrua: durante quel terribile giorno, ‘l’esercito più forte al mondo’ sembrava impotente o assente.
Mentre la procedura di intercettazione sono necessarie affinché i caccia si mettessero in contatto visivo con gli aerei dirottati in pochi minuti, non uno di essi è riuscito ad avvicinarsi a uno degli aerei dirottati. Chiestogli di spiegare questo disinteresse e le responsabilità, il generale Richard Myers, capo di stato maggiore che ha servito come vice permanente, durante il viaggio in Europa del suo supervisore, ha cominciato a balbettare di fronte ai parlamentari. Non riusciva a ricordare il suo programma personale, ed è stato in contraddizione con se stesso.
Tuttavia, l’esercito era in allerta quel giorno. Aveva previsto la sua più grande esercitazione annuale: ‘Global Vigilance’. Era un wargame che simulava un attacco da parte di bombardieri nucleari russi attraverso il Canada. L’esercizio mobilitò l’intera forza aerea e i mezzi di sorveglianza via satellite degli Stati Uniti. Fu guidato dalla base di Offutt, dove c’erano Warren Buffet e dei suoi amici proprietari del WTC, e dove il presidente Bush si recò nel pomeriggio.
Quel giorno, più di ogni altro, aerei da guerra statunitensi erano in volo, i loro satelliti erano stati posizionati e il loro personale controllava il traffico aereo civile, al fine di evitare incidenti.
I militari Usa non erano solo sul piede di guerra. Il capo di stato maggiore della grande potenza erano anche in stato di allerta, osservava e valutava la dimostrazione di potenza degli Stati Uniti. Quando il disastro accadde negli Stati Uniti, ognuno ha cercato di capirne l’origine e seguirne le vicissitudini.
In Russia, il presidente Vladimir Putin ha cercato di raggiungere l’omologo nell’emergenza degli Stati Uniti, per assicurargli che Mosca non era in alcun modo coinvolta in questi crimini, e quindi evitare una risposta ingiustificata. Ma il presidente Bush si è rifiutato di prendere la chiamata, come a conferma che essa apparisse superflua. Il capo di stato maggiore russo, il generale Leonid Ivashov, commissionò degli studi su ogni punto critico, a mano a mano che veniva identificato. Fu il rapido crollo verticale delle torri gemelle che i suoi esperti si convinsero che lo scenario ufficiale era una finzione che nasconde un grande messinscena. Tre giorni dopo gli attentati, aveva ricostruito la maggior parte del dramma e poté dire che si trattava dello scontro interno tra i leader degli Stati Uniti. Ha detto che l’operazione era stata sponsorizzata da una fazione del complesso militare-industriale americano e condotta da una società privata militare.
La rivolta dello spirito
Sottoposta a una propaganda pesante, compreso il lutto nazionale in alcuni paesi e il minuto di silenzio obbligatorio nell’Unione europea, l’opinione pubblica occidentale era ancora stordita, incapace di riflettere sugli eventi. Già il suono degli stivali echeggiava in Afghanistan.
Eppure l’autore di queste righe cominciò a pubblicare una serie di articoli su Internet, a mettere in discussione la versione ufficiale. Pubblicati la prima volta in lingua francese, furono presto tradotte in molte lingue ed ha fatto discutere. Un libro di sintesi, The Big Lie, pubblicato sei mesi dopo e tradotto in 28 lingue ha avviato un movimento di protesta. In Germania l’ex ministro Andreas von Bülow, in Portogallo, l’ex direttore regionale della Cia Oswald Winter, il politologo britannico Nafeez Mosaddeq Ahmed, lo storico americano Webster Tarpley hano pubblicato nuove intuizioni. Da ciò la sfida si è evoluta in due direzioni contemporaneamente.
L’autore di queste righe ha avviato una campagna mondiale, incontrando le più alte cariche politiche, diplomatiche e militari e mobilitando le istituzioni internazionali. Questa azione ha contribuito a spiegare il piano neoconservatore dello “scontro di civiltà” e di limitarne gli effetti letali.
D’altra parte, negli Stati Uniti, le famiglie delle vittime, dopo aver maledetto la contestazione, ha cominciato a fare domande e a chiedere un’indagine. L’amministrazione Bush ha minacciato i disturbatori, come il miliardario Jimmy Walter costretto all’esilio, e bloccato qualsiasi azione da parte del Congresso e formato una commissione presidenziale. Ha emesso una relazione che conclude, senza una sorpresa, per l’innocenza dell’amministrazione e per la colpevolezza di Al Qaeda, ma non divulgò le tanto attese prove “evidenti e indiscutibili“. Dei videoamatori realizzarono dei video che mostrano le incongruenze della versione ufficiale e gli hanno diffuso via Internet, come il famoso Loose Change. Si costituivano associazioni professionali per la verità sull’11 settembre, con architetti e ingegneri, vigili del fuoco, avvocati, medici, religiosi studiosi, artisti, politici. Sono ormai decine di migliaia di membri e hanno convinto la maggioranza dei loro concittadini che Washington ha mentito. Hanno trovato un leader, il professore di logica e di teologia David Ray Griffin.
La propaganda ufficiale Anglo-Sassone finora è riuscita a limitare gli effetti di questa sfida. In primo luogo, ha fatto in modo che il pubblico occidentale non sapesse nulla dei dibattiti in tutto il mondo. Nessuna delle dichiarazioni dei capi di Stato e di governo stranieri, che hanno espresso dubbi, è stata ripresa dalla stampa occidentale, isolandosi dal resto del mondo, con una nuova cortina di ferro. In secondo luogo, i manifestanti occidentali sono stati descritti come sia illuminato, ossia assimilati a ciò che fa più paura, alla estrema destra antisemita.
L’elezione del presidente Obama non ha cambiato il dibattito. Il sito web della Casa Bianca, che ha invitato i cittadini americani a esprimere le loro preoccupazioni, è stato assalito da e-mail che chiedono l’apertura di una inchiesta giudiziaria sull’11 settembre. Risponde laconicamente: la nuova amministrazione vuole guardare al futuro e non suscitare il dolore del passato.
Durante la sua campagna, Barack Obama ha fato leggere in anticipo tutti i suoi discorsi a Benjamin Rhodes, un giovane scrittore che è stato redattore della relazione della Commissione Presidenziale Kean-Hamilton. Ha fatto sì che non ci fosse nessun riferimento all’11 settembre, o ai suoi protagonisti, in grado di aprire il vaso di Pandora. Rhodes è ora la Casa Bianca e fa parte del Consiglio di Sicurezza Nazionale. A tutti i membri dell’amministrazione Obama è stato chiesto di ritrattare le dichiarazioni che avevano fatto, in passato, che esprimessero dubbi sulla versione ufficiale. Un consulente senior, Van Jones, che ha rifiutato di ritrattare, è stato costretto a dimettersi.
Tuttavia, degli eventi di estrema importanza rendono oggi possibile fare una precisazione sugli attacchi. Re Fahd è morto nel mese di agosto 2005. Re Abdullah è l’ha sostituito ed ha cercato di allentare gradualmente i legami soffocanti del regno saudita con gli Stati Uniti. Inizialmente, il principe Bandar divenne consigliere per la sicurezza nazionale, ma i suoi rapporti con il re si sono deteriorati. Infine, all’inizio dell’estate 2009, Bandar ha imprudentemente cercato di liquidare il monarca e cercato di mettere sul trono il padre Sultan. Poiché non ci sono notizie di “Bandar Bush“, e di circa 200 membri del suo clan, alcuni sarebbero stati esiliati con lui in Marocco, gli altri sarebbero stati imprigionati. Le lingue potrebbe ora essere sciolte.
Questo articolo è stato scritto per il settimanale Odnako che l’ha pubblicato sul suo numero 1 del 15 settembre 2009.
Lanciato con significative risorse finanziarie, Odnako mira ad affermarsi come la prima rivista di notizie in Russia. La sua redazione è guidata da un veterano della stampa, Mikhail Leontief. Noto giornalista, ha pubblicato indagini di base sul movimento fascista al potere negli Stati baltici e la corruzione in Ucraina, cosa che gli è valsa la dichiarazione di persona non grata in vari Stati. La sua colonna politica, diffusa dalla prima stazione televisiva, ha raggiunto una popolarità molto elevata grazie al suo stile chiaro e semplice. L’ha chiamata Odnako (Dannazione!) e da lo stesso titolo alla rivista.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://www.aurora03.da.ru
http://www.bollettinoaurora.da.ru
http://sitoaurora.narod.ru
http://sitoaurora.altervista.org
http://eurasia.splinder.com
Questo articolo è coperto da ©Copyright, per cui ne è vietata la riproduzione parziale o integrale. Per maggiori informazioni sull'informativa in relazione al diritto d'autore del sito visita Questa pagina.