Per comprendere l’attuale spirale di violenza in Ecuador – aumento del tasso di omicidi, rivolte e massacri nelle carceri, omicidi politici – dobbiamo tornare al 2018. Lenín Moreno, ex vicepresidente di Rafael Correa, vinse le elezioni presidenziali nel 2017 promettendo di continuare la politica correista, ma poco dopo mostrò la sua vera agenda: subordinazione alle organizzazioni finanziarie internazionali, patti con le oligarchie nazionali, resa degli organi di controllo statali e delle aziende strategiche, sottomissione delle Forze Armate e della Polizia – compresi i loro servizi di informazione – agli Stati Uniti, nonché il tradimento (quasi la distruzione) del suo ex-ambiente politico, accompagnato dalla persecuzione delle principali personalità politiche che non si adeguavano a ciò.
La sua linea consisteva nel deistituzionalizzare lo Stato e nel ridurne gli spazi d’azione, in modo che le forze antinazionali interne ed estere potessero rioccupare spazi di potere. Ben presto Moreno invitò a ritornare le missioni dell’USAID e della Banca Mondiale (espulsa dal governo Correa) e promosse il rispetto totale delle misure del FMI, dell’autonomia della Banca Centrale ecc. Inoltre, ritirò l’Ecuador dall’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), consegnò il giornalista Julian Assange al governo britannico e ristrutturò l’aeroporto delle Isole Galapagos affinché gli aerei statunitensi Orion P3 e AWACS potessero monitorare, col pretesto della lotta alla droga, quest’area strategica, benché il funzionamento di basi militari straniere sul nostro territorio sia vietato dalla Costituzione.
Un interessante libro dell’argentino Norberto Emmerich, Geopolítica del narcotráfico en América Latina, mostra come le organizzazioni che producono e commercializzano la droga non mirino al puro guadagno economico, ma soprattutto a quello politico, alla conquista di spazi di dominio sociale e territoriale, alla propria strutturazione sociale all’interno degli Stati; in questa pratica del potere esse si intrecciano con i governi in carica e con gli organi di polizia, militari e giudiziari. Che tipo di “società mista” è stato instaurato con queste organizzazioni? Dipende da paese a paese. Nel caso ecuadoriano le operazioni di narcotraffico sono state di basso profilo, quasi invisibili; ma nel 2018 si è verificato un attentato contro un reparto di polizia a Esmeraldas, attribuito a un gruppo sovversivo legato al narcotraffico che operava al confine tra la Colombia e l’Ecuador. Poi il governo Moreno ha dichiarato lo stato di emergenza in diverse province, ha immediatamente richiesto all’FBI di svolgere indagini, ha ripreso le operazioni militari con la DEA, ha firmato accordi con diverse agenzie nordamericane per l’“assistenza” alla polizia e alle forze armate. Da allora abbiamo assistito con stupore all’uccisione di soldati, di una squadra di giornalisti del principale quotidiano del paese, di giudici e avvocati; a rapimenti, estorsioni, omicidi. E nelle carceri ecuadoriane, controllate dalle bande dei trafficanti di droga, si registrano massacri con oltre 600 omicidi di detenuti.
Nonostante il forte aumento della violenza, il governo Moreno non ha adottato alcuna strategia per affrontarla. Al contrario, ha smantellato la sicurezza dello Stato, riducendo il bilancio per l’ammodernamento e la fornitura delle infrastrutture corrispondenti o eliminando il Ministero della Giustizia e dei Diritti Umani e il Ministero degli Interni; il Governo li ha unificati, ma, essendo dedito ai compromessi e alla distribuzione di favori politici, ha trascurato la sicurezza come qualcosa di secondario. Ha eliminato anche molte altre istituzioni di provata efficacia create dal governo Correa; ha ridotto incredibilmente il numero di guardie carcerarie, psicologi e assistenti sociali, ha tagliato i fondi per le carceri e per la fornitura di armi, per le uniformi e le auto di pattuglia della polizia.
Nel maggio 2021 il banchiere Guillermo Lasso, l’attuale presidente, si è insediato per portare avanti il programma neoliberista di Moreno: applicazione illimitata delle “raccomandazioni” del FMI e della Banca Mondiale, smantellamento dello Stato, tentativo di privatizzare settori strategici e, cosa più grave, lo scoperto collegamento dello Stato con la criminalità organizzata, la quale può così utilizzare organicamente il sistema finanziario privato. Lo ha riferito un organo di stampa che ha avuto accesso ad un rapporto riservato della polizia, chiamato “Leon de Troya” che descrive il legame di Danilo Carrera, presidente del consiglio di amministrazione della Banca di Guayaquil e cognato di Guillermo Lasso, con la mafia albanese. Nelle attività bancarie, Carrera è il mentore di Lasso, che era presidente esecutivo della banca stessa e uno dei suoi maggiori azionisti. Sono trapelati anche gli audio in cui due generali dello Stato Maggiore della Polizia decidono di archiviare tale rapporto, ordine eseguito nel gennaio 2022. Ecco perché, nel mezzo dello scandalo, entrambi i generali hanno chiesto il congedo per eludere l’indagine interna. Collaboratori di carriera in questo complotto mafioso e personaggi di sua totale fiducia sono Rubén Chérres, assassinato nel marzo di quest’anno, e Hernán Luque, che ha fatto parte del consiglio di amministrazione del Banco Guayaquil e ne ha ricoperto diverse vicepresidenze. Lasso lo ha nominato presidente del Consiglio di Amministrazione della Società di Coordinamento delle Imprese Pubbliche (EMCO), il cui obiettivo è “pianificare, articolare, coordinare e controllare le politiche e le azioni di tutte le imprese pubbliche…”. Non si sa ancora dove si trovi Luque.
A causa delle gravi denunce di cui sopra e della già compromessa stabilità politica di Lasso, per evitare che l’Assemblea Nazionale lo mettesse sotto accusa, il presidente banchiere ha deciso di approfittare della soluzione costituzionale denominata “muerte cruzada”, sciogliendo l’Assemblea e indicendo elezioni legislative e presidenziali straordinarie.
Il principale complice di Lasso, un oscuro personaggio di nome Fernando Villavicencio, divenuto presidente della Commissione di Vigilanza dell’Assemblea, da dove ha dato pieno appoggio ai progetti del governo, ha cercato con tutti i mezzi possibili di impedire che il presidente venisse messo in stato d’accusa.
Villavicencio proviene dal sindacalismo petrolifero e dai movimenti sociali, ma ha tradito la sinistra per avvicinarsi al partito di Lasso e arrivare all’Assemblea con il suo sostegno. Ci è riuscito al secondo tentativo. Ha lavorato anche come giornalista investigativo, legato ai media finanziati da NED, USAID e Open Society. Il suo legame con le organizzazioni yankee fu evidente nel 2014, quando, perseguito da Correa per il reato di diffamazione, si rifugiò negli Stati Uniti e denunciò la “violazione” dei suoi diritti umani: non alla CIDH o a all’OAS, ma al Senato nordamericano! E chiese che all’Ecuador fossero imposte sanzioni simili a quelle del Venezuela… Questo legame con le fondazioni e col governo yankee spiega come mai fosse in posseso di informazioni privilegiate.
Nel contesto della “muerte cruzada”, Villavicencio si è presentato come candidato alla presidenza. I sondaggi lo davano al quinto posto, ma undici giorni prima delle elezioni è stato assassinato al termine di un comizio, in condizioni alquanto strane: la sicurezza fornitagli dalla polizia e dai suoi parenti è fallita miseramente e l’unico assassino arrestato è morto in un ufficio della Procura. L’attentato ha suscitato un grande allarme sociale, poiché i sicari hanno lanciato anche una granata, che però non è esplosa. Con questo omicidio, la candidata Luisa González, del movimento di Correa, la quale mirava a vincere le elezioni al primo turno, è arrivata prima alle elezioni, ma senza la percentuale necessaria per diventare presidente; al secondo posto, Daniel Noboa, figlio del proprietario di una delle più grandi fortune del paese, mentre il partito dell’ucciso è risultato terzo, essendo diminuiti i voti di Luisa González, sicché in ottobre avrà luogo un ballottaggio tra lei e Noboa.
L’obiettivo evidente dell’omicidio era di impedire il successo di González. Non appena è stata diffusa la notizia del delitto, attraverso le reti virtuali e altri mezzi di informazione è circolata la proposta di sospendere le elezioni e di mantenere Lasso in carica oppure di creare un Consiglio civico-militare che assumesse la guida del Paese. Allo stesso tempo, con sorprendente rapidità mediatica, Correa e i suoi seguaci sono stati accusati della morte di Villavicencio.
Ciò che è accaduto a Villavicencio, o pochi giorni prima al sindaco di Manta, così come in generale la violenza e l’insicurezza col conseguente allarme sociale, fa parte di qualcosa di molto più grande: la ristrutturazione geopolitica e geofinanziaria del nostro Paese, in atto da sei anni, per trasformare l’Ecuador in uno Stato fallito, totalmente dominato dagli Stati Uniti e dall’alta finanza internazionale. Siamo un paese dollarizzato che, oltre al controllo politico, facilita notevolmente il riciclaggio internazionale di denaro attraverso il settore bancario. Non sorprende che siano proprio coloro che controllano i paradisi fiscali a finanziare tale distruzione della convivenza sociale, con la collaborazione delle bande dei trafficanti di droga. Le fughe di notizie confermano i legami tra i dirigenti e gli azionisti del Banco de Guayaquil con la criminalità organizzata. Tra gli altri, anche l’avvocato Luis Córdova, professore all’Università Centrale, ha fatto riferimento alla cattiva gestione delle Riserve Internazionali, denunciando il fatto che nel Paese non esiste alcun controllo delle economie illecite; e questo è evidente nel bilancio 2022, nel quale il governo ha stanziato solo 49.000 dollari per l’Unità di Analisi Finanziaria ed Economica (UAFE). Ancora peggio, nel 2023 non sono state nemmeno fornite le risorse. L’UAFE è l’entità della Procura dedicata alla prevenzione e allo sradicamento del riciclaggio di denaro… e lo stretto legame del suo titolare con l’ambasciata nordamericana non è un segreto.
La chiave geopolitica per l’imperialismo gringo è il controllo delle Galapagos. Per il generale Oswaldo Jarrín, ministro della Difesa di Moreno e di diversi governi precedenti, questo arcipelago è una “portaerei naturale”, dove gli Stati Uniti “si incaricheranno di migliorare le condizioni, in particolare i rifornimenti”. Queste isole furono occupate dagli yankee, ricordiamolo, pochi giorni dopo l’attacco a Pearl Harbor, col pretesto della “difesa continentale” contro la minaccia giapponese, fino alla metà del 1948!… È quindi sorprendente che alti ufficiali delle Forze Armate ripetano che l’occupazione delle stesse da parte degli yankee o la reinstallazione della Base di Manta sono utili alla lotta contro il traffico di droga. Non occorre essere esperti di geopolitica per accorgersi, semplicemente guardando una mappa, che le cosiddette Isole Incantate, strategicamente situate di fronte al Canale di Panama e a tutti i porti della costa del Pacifico, rivestono particolare importanza in caso di guerra, ad esempio in una guerra contro la Cina. Non è un caso che qualche mese fa il presidente Lasso abbia concluso la consegna delle Galapagos alle ONG globaliste, attraverso il marchingegno dello scambio del debito estero con “impegni” ecologici. Uno stratagemma che il presidente Petro applicherà anche in Colombia e che raccomanda di estendere a tutta l’Amazzonia.
Insomma, è chiaro che gli Stati Uniti, costi quel che costi, non vogliono perdere l’egemonia sul loro “cortile interno”: è forse una coincidenza che, una settimana prima del plebiscito del 2018 che riformò la Costituzione e diede a Moreno il potere di smantellare le relative conquiste del governo Correa, sia avvenuto il suddetto attacco al reggimento di polizia e che adesso, poco prima delle elezioni presidenziali, sia stato assassinato questo lacchè dell’imperialismo? Ricordiamo che alla fin dei conti Roma non paga i traditori.
Tumbaco, settembre 2023
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