Fonte: “Today.az”, 09.02.10
Intervista a Rasim Agayev, analista politico (Z. Ahmadov, Azerbaijan)
Z.A. – Secondo la Sua opinione, quanto è concreta la possibilità di una ripresa delle ostilità militari in Nagorno Karabagh?
R.A. – Non vedo una situazione che potrebbe spingere le parti a risolvere le dispute territoriali con la forza. Una soluzione simile al conflitto non è favorevole all’Armenia, visto che occupa il 20% del territorio azero.
Come cittadino dell’Azerbaijan, penso che il mio paese non scatenerà la guerra. Sebbene l’Azerbaijan abbia spesso dichiarato di avere simili intenzioni, penso che queste siano dirette ai poteri forti a cui l’Azerbaijan chiede un’azione più incisiva per la risoluzione del conflitto del Karabagh. Penso che la recente dichiarazione del U.S. National Intelligence sia chiaramente a tutto ciò. Ritengo inoltre che delle forze esterne possano essere interessate ad una nuova guerra del Nagorno Karabagh. La Russia al momento non ne ha bisogno, visto che in qualche modo ha danneggiato la propria credibilità nella guerra contro la Georgia, ed in ogni caso già gode di una forte influenza nella regione. Neppure l’Unione Europea vuole una guerra, dato che non sostiene alcuna soluzione militare al problema.
Quanto gli Stati Uniti, questi promuovono l’idea di un “Grande Medio Oriente” da Baghdad a Karachi; teoricamente, potrebbero essere interessati ad una “blitzkrieg” nel Karabagh.
Il Caucaso Meridionale ed il bacino del Mar Caspio giocano un ruolo molto importante nei piani statunitensi del cosiddetto “Greater Middle East”, questi potrebbero quindi trovare elementi di interesse in una violazione dello status quo esistente nel Caucaso.
Nel caso specifico, l’Armenia si trova fuori dai giochi, visto che i flussi energetici principali aggirano il paese. L’Azerbaijan, a sua volta, si trova in una posizione talmente importante che non solo il destino del Caucaso meridionale, ma anche quello dell’intera Asia Centrale dipendono da Baku. Gli Stati Uniti sanno molto bene che la potenza in grado di controllare i flussi energetici diretti da Est ad Ovest controllerà il mondo intero. Questo è il motivo per cui l’importanza dell’Azerbaijan è così grande ma, d’altra parte, in alcune circostanze gli Stati Uniti potrebbero trarre vantaggi da una “guerre lampo” nella regione.
Altra causa scatenante per un nuovo conflitto del Karabagh può dipendere da fattori di destabilizzazione esterna, ovvero a danno dei paesi limitrofi, ad esempio l’Iran. Tutto questo potrebbe portare alle conseguenze più inaspettate per la nostra regione.
Z.A. – Secondo Lei, che cosa comporterà la nomina a nuovo Ambasciatore armeno in Russia di Oleg Yesayan, separatista del Karabagh, considerando i rapporti tra le ambasciate armena ed azera a Mosca?
R.A. – Oleg Yesayan è uno dei secessionisti più intransigenti e estremisti. Oltretutto, la sua nomina come ambasciatore armeno a Mosca dimostra l’appoggio di Yerevan alla causa separatista ed all’aggressione dei territori dell’Azerbaijan. Yerevan fa parte di coloro i quali scelsero il separatismo alla fine degli anni ’80, aspettando il momento più opportuno, al disintegrarsi dell’Unione Sovietica.
Gli uomini aggressivi e diretti raramente sono in grado di esercitare l’arte diplomatica degli ambasciatori. Le azioni delle ambasciate poi sono coordinate da Yerevan; inoltre, il destino di ogni ulteriore contatto tra le rappresentanze diplomatiche di Armenia ed Azerbaijan a Mosca saranno decise lì. Il tempo ci dirà in che modo Yerevan avrà rimpiazzato Armen Smbatyan, un uomo che aveva mostrato una certa flessibilità diplomatica.
Z.A. – Nella Sua visione, è possibile che la Turchia riprenda i contatti diplomatici con l’Armenia senza aprire le frontiere tra i due Stati?
R.A. – Un simile scenario non è da escludere, date le pressioni esterne. Questo è un ulteriore passo per lo sviluppo dei protocolli armeno – turchi. Infatti, le frontiere armeno – turche non si possono considerare chiuse, visto anche che esiste un commercio vivace tra i due paesi. Non c’è comunque bisogno di accettare tali protocolli immediatamente. Per stabilire relazioni diplomatiche tra i due paesi sarà necessario una specie di processo a tappe.
Z.A. – È possibile che il Congresso Americano riconosca il “Genocidio armeno” entro l’Aprile di quest’anno?
R.A. – Non sono solito sopravvalutare l’influenza della diaspora armena sugli Stati Uniti ed in tale senso neppure il rispetto dei princìpi del Congresso. Questa è un’arma di cui Washington ha bisogno per esercitare pressioni verso la Turchia su molte questioni.
Ultimamente, la Turchia è diventata una sorta di guida secolare e democratica per il mondo musulmano. Data la complessità della situazione circa il programma nucleare iraniano ed i problemi americani con il mondo islamico, credo che il riconoscimento del “Genocidio armeno” rappresenterà una buona chance.
(Traduzione di Luca Bionda)
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