Intervistato dall’agenzia della Repubblica islamica dell’Iràn, IRNA, sui recenti avvenimenti in Egitto, Tiberio Graziani, direttore di “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici” e presidente dell’ “IsAG – Istituto di Alti Studi di Geopolitica e Scienze Ausiliarie”, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«La situazione in Egitto e nel resto del Nord Africa, in particolare in Tunisia e Algeria, è molto complessa e confusa.
«Sul piano geopolitico, la destabilizzazione in corso apre due ipotetiche ed opposte prospettive.
«Una è la prospettiva veicolata dai mass media e dagli analisti occidentali che predicono una soluzione democratica in coerenza con i dettami dell’ideologia occidentale USA-centrica, dunque un’evoluzione “laica” e non islamica della protesta popolare.
«Se tale scenario – che è ovviamente quello caldeggiata e promosso da Washington e Tel Aviv – si avverasse, le conseguenze dirette sarebbero disastrose per tutto il Vicino e Medio Oriente, giacché si assisterebbe ad una militarizzazione dell’area a beneficio degli USA (incardinata su Camp Bondsteel, Africom, Centcom), ad un’ulteriore espansione del suo “special partner” regionale, Israele e, a partire dalla partizione del Sudan, all’inizio di un processo di frammentazione della regione.
«L’indebolimento economico, politico e istituzionale che ne deriverebbe obbligherebbe i successori di Mubarak a seguire pedissequamente le indicazioni provenienti da Washington, rendendo l’Egitto un vero e proprio vassallo degli USA.
«L’altra prospettiva, più aderente agli interessi delle popolazioni e dei paesi del Vicino e Medio Oriente, è quella che potrebbe realizzarsi qualora le potenze regionali emergenti, la Turchia di Erdoğan – Gül – Davutoğlu e la Repubblica Islamica dell’Iràn assumessero un ruolo internazionale di riferimento per le proteste in corso. In tal caso le influenze esterne all’unità geopolitica costituita dal bacino mediterraneo e dal Vicino e Medio Oriente sarebbero equilibrate e limitate».
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