Il 3 ottobre i cittadini brasiliani si recheranno alle urne per eleggere il successore del Presidente Luiz Inacio Lula da Silva. I tre principali candidati alla carica di uomo più potente dell’America Latina sono l’ex ministro della Casa Civil, Dilma Rousseff, del Partito dei Lavoratori – PT, delfina del Presidente Lula e attualmente favorita nei sondaggi; l’ex governatore dello Stato di Sao Paulo, José Serra, per il Partito della Social Democrazia Brasiliana – PSDB, figlio di emigranti italiani ed esule politico durante la Dittatura Militare e l’ex ministro dell’Ambiente, Marina Silva, candidata outsider per il Partito Verde – PV.
Il Sistema Costituzionale Brasiliano
Il Brasile è una repubblica federale e presidenziale, una formula scritta nella Costituzione Federale elaborata nel 1988, poco dopo la fine della Dittatura Militare, durata dal 1964 al 1984, e confermata attraverso un referendum nel 1993. L’organizzazione dello stato rispecchia la divisione “montesquieana” dei tre poteri: esecutivo, legislativo e giudiziario. La Costituzione brasiliana presenta aspetti molto simili a quelli della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
La Repubblica è un’Unione di 26 Stati, dotati di ampia autonomia politica e amministrativa, garantita dalla Costituzione Federale. Ogni Stato ha il potere di promulgare la sua propria costituzione ed è amministrato da un Governatore eletto attraverso voto diretto per un mandato di quattro anni rinnovabile una volta sola.
Potere Esecutivo
L’esercizio del potere esecutivo è assegnato al Presidente della Repubblica, che svolge le funzioni di Capo di Stato e di Governo. Il mandato presidenziale è di quattro anni, con la possibilità di essere rieletto una volta sola. Il Presidente governa insieme al suo Gabinetto di ministri e sottosegretari, nominato personalmente ed esclusivamente da lui, e senza alcuna interferenza da parte del Congresso Nazionale.
Lula non può più candidarsi, essendo stato eletto nel 2002 e confermato nel 2006. Questa sarà quindi la prima volta dal 1989 – dopo cinque tornate elettorali – che l’ex leader sindacale non si candiderà alla Presidenza della Repubblica.
Potere Legislativo
Il potere legislativo è prerogativa del Congresso Nazionale, ed è esercitato dalla Camera dei Deputati e dal Senato Federale. Ogni Stato dell’Unione è rappresentato da tre senatori e da un numero di deputati proporzionale alla sua popolazione. Il mandato dei senatori è di otto anni, quello dei deputati è di quattro anni. Ogni quattro anni si svolge un’elezione che rinnova alternativamente 1/3 e 2/3 del Senato.
Il 3 ottobre oltre ad eleggere il prossimo Presidente della Repubblica, i brasiliani saranno chiamati a rinnovare tutti i seggi della Camera e 2/3 di quelli del Senato.
Potere Giudiziario
Il potere giudiziario in Brasile è diviso in quattro settori: giustizia comune, giustizia del lavoro, giustizia elettorale e giustizia militare, ognuno con un proprio tribunale specifico. Sono previsti tre gradi di giudizio. Il Supremo Tribunale Federale, istanza massima del potere giudiziario, delibera sulle questioni pertinenti al diritto costituzionale, ed è composto da 11 ministri nominati dal Presidente della Repubblica e approvati dal Senato.
La Legge Elettorale
Il Presidente della Repubblica viene eletto direttamente dal popolo attraverso un sistema elettorale a doppio turno. Nelle elezioni di quest’anno, se nessuno dei candidati riceverà più del 50% +1 dei voti validi, il secondo turno avverrà il 31 ottobre.
I senatori vengono eletti attraverso un sistema maggioritario, i deputati attraverso un sistema proporzionale. Il voto è segreto e obbligatorio, pena il pagamento di una multa e la perdita temporanea del diritto di voto, per tutti i cittadini brasiliani tra i 18 e i 65 anni, e facoltativo per gli analfabeti, le persone con più di 65 anni e i giovani di 16 e 17 anni.
I Programmi dei Candidati
Il dibattito elettorale in Brasile è sempre stato centrato più sulla personalità e sulla biografia del candidato alla Presidenza che sul suo programma elettorale. Nei dibattiti televisivi svoltisi in Brasile nelle ultime settimane i candidati non hanno mai esposto un programma organico e politicamente orientato, ma hanno sempre risposto a domande precise e molto specifiche su come risolvere i singoli problemi che affliggono il Brasile.
A differenza di quello europeo-continentale o anglo-sassone, il panorama partitico brasiliano non è caratterizzato da forti differenze ideologiche. Il programma generale dei partiti è sostanzialmente molto simile: riduzione delle differenze sociali, crescita economica, controllo dell’inflazione miglioramento della sicurezza e dell’educazione. Inoltre, confermando una tendenza iniziata dalla metà degli anni ’90, tutti i principali candidati alla Presidenza provengono dalle fila di partiti di centro-sinistra.
Nemmeno sui siti internet ufficiali dei tre diversi candidati è presente un programma organizzato e definito. Sul portale di José Serra (http://www.serra45.com.br) sono elencati pochi punti per ogni singolo argomento, come economia, esteri e sicurezza. Sul sito di Dilma Rousseff ) un comunicato stampa spiega che il programma di governo è ancora in fase di discussione tra i partiti che sostengono la sua candidatura. Soltanto sul portale web di Marina Silva (http://www.minhamarina.org.br) sono presenti una serie di proposte, definite direttrici politiche, che tuttavia non possono essere assimilate ad un vero e proprio programma elettorale “all’europea”.
Biografia dei Candidati
Per cercare di capire quali potrebbero essere le scelte del futuro Presidente del Brasile, ecco le biografie dei tre principali candidati:
Dilma Rousseff
Nata a Belo Horizonte, nello Stato di Minas Gerais, nel 1947, figlia di un immigrato bulgaro naturalizzato brasiliano, Dilma godette di un’infanzia agiata. Il padre, imprenditore ed avvocato, aveva fatto fortuna in Brasile, e la numerosa famiglia Rousseff – cinque figli – viveva in una grande casa, con tre domestiche, dove i pasti erano serviti secondo il galateo francese. Dilma e i suoi fratelli ricevettero un’educazione classica, studiando nel prestigioso Collegio Sion, di orientamento cattolico, dove le lezioni venivano impartite in francese, ricevendo lezioni di pianoforte.
A 18 anni si innamorò del giornalista Cláudio Galeno de Magalhães Linhares, suo futuro marito, che la introdusse alle teorie del socialismo rivoluzionario. Secondo i testimoni dell’epoca fu la lettura del libro “Rivoluzione nella Rivoluzione?” di Régis Debray ad ispirare le sue scelte politiche e a farle scegliere la lotta armata. Nel 1964, in seguito al colpo di stato militare, entrò nell’organizzazione sovversiva Polop (Organização Revolucionária Marxista – Política Operária), contraria alla linea del Partito Comunista Brasiliano, considerata troppo moderata, e formata da studenti e simpatizzanti delle idee di Rosa Luxembourg e Lev Trockij. Dilma faceva parte dell’ala più estremista del Polop, che considerava la violenza come unico strumento politico efficace. Durante quel periodo partecipò in prima persona ad azioni di lotta armata. Più tardi, a causa di contrasti interni, la fazione si staccò dal Polop, formando una nuova organizzazione chiamata Colina (Comando de Libertação Nacional).
In poco tempo, grazie alle sue riconosciute doti di leadership, Dilma divenne uno dei capi dell’organizzazione, emergendo come una delle pochissime donne con ruoli di comando nei gruppi armati rivoluzionari nel Brasile degli anni ’60. In quegli anni conobbe un altro membro dell’organizzazione, Carlos Franklin Paixão de Araújo, leader di un’altra fazione dissidente del Partito Comunista Brasiliano, suo compagno di vita per i successivi trent’anni e padre della sua unica figlia, Paula. Nel 1969 inizò a vivere in clandestinità, abbandonando gli studi in Economia all’Università Federale di Minas Gerais.
Il ruolo ricoperto da Dilma all’interno del Polop e del Colina fu così importante, che le vennero attribuiti i soprannomi di “Giovanna d’Arco della guerriglia” e “Papessa della sovversione”. Secondo i suoi compagni dell’epoca, Dilma era in grado di dare ordini e mettere a tacere uomini molto più anziani ed esperti di lei. Le viene attribuita l’organizzazione della rapina ai danni del governatore dello Stato di Sao Paulo, Ademar de Barros, con un bottino di oltre 2,5 milioni di dollari, e l’elaborazione del piano per il sequestro dell’onnipotente ministro dell’Economia brasiliano, Delfim Neto, responsabile del boom economico del Paese tra gli anni ’60 e ’70. Il sequestro venne sventato solo grazie all’intervento della polizia, che iniziò ad arrestare i membri del gruppo una settimana prima dell’azione. Negli anni successivi la Rousseff ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento in operazioni di lotta armata.
Nel 1970 venne arrestata e venne ripetutamente torturata dalla polizia politica. Uscì dal carcere due anni dopo, con 10 chili in meno e un problema alla tiroide, che tempo dopo si trasformerà in un cancro. Ricominciò a studiare, nel 1977 si laureò in economia all’Università Federale del Rio Grande del Sud, inscrivendosi ad un dottorato in teoria economica, senza tuttavia discutere la tesi finale. Negli anni ’80, con la fine della dittatura militare, Dilma iniziò la sua carriera politica: nel 1985 venne nominata assessore alle Finanze nel comune di Porto Alegre e nel 1990 segretario per l’Energia, Miniere e Comunicazioni nello Stato del Rio Grande del Sud.
Durante la sua permanenza in quest’ultimo incarico cercò di mettere in guardia le autorità federali su una possibile crisi energetica, ma nessuno le credette. A metà degli anni ’90 il Brasile venne effettivamente colpito dalla crisi energetica e, grazie alle misure preventive prese dalla Rousseff, il Rio Grande fu l’unico Stato brasiliano ad evitare il razionamento di elettricità.
Agli inizi degli anni 2000 le sue capacità vennero notate dall’allora candidato alla presidenza Luiz Inacio Lula da Silva, che a sorpresa, dopo la vittoria alle elezioni del 2002, la nominò ministro dell’Energia. Durante il suo mandato, Dilma diede il via ad un forte piano di investimenti per aumentare il ruolo dello stato nella produzione energetica brasiliana e diverse campagne per favorire la popolazione più povera, come il programma “Luce per tutti”.
Nel 2005, dopo lo scandalo di corruzione che portò alle dimissioni del ministro della Casa Civil, José Dirceu, a cui Dilma era molto vicina, fu proprio lei a prenderne il posto, diventando così la prima donna nella storia del Brasile ad assumere in incarico di tale livello. In quell’occasione, il consolato statunitense di Sao Paulo inviò al Dipartimento di Stato a Washington un dossier dettagliato su di lei, dove veniva tracciato il suo profilo, si analizzava il suo passato da guerrigliera, i suoi gusti, le sue abitudini e le sue caratteristiche professionali. Nel rapporto Dilma è descritta come un politico dalle apprezzate doti tecniche, perfezionista, workaholic e con grande capacità di ascolto, ma con poco tatto.
Il suo carattere è in effetti duro, deciso e spigoloso. È famosa per le sue sfuriate con i colleghi e subordinati. Nei palazzi del potere gira voce che “Dilma è la persona più democratica del mondo, basta che sei d’accordo al 100% con lei”. La leggenda narra che durante una reprimenda telefonica, avrebbe fatto piangere il potentissimo presidente della compagnia petrolifera statale Petrobras, José Sérgio Gabrielli.
Dal suo temperamento aggressivo e dalla sua forte determinazione a portare a conclusione i dossier a lei assegnati deriva la grande stima che il presidente Lula nutre nei suoi confronti, così come il rispetto di tutti i leader politici brasiliani, anche dell’opposizione. Famosa la dichiarazione pubblica del “Presidente Operaio”, in cui ammetteva che Dilma aveva un carattere così forte che “a volte lo maltrattava”.
Sulla vita privata, la Rousseff è estremamente riservata: tra le poche informazioni che la stampa brasiliana è riuscita a carpire, ci sono quelle sulla fine della relazione con Araújo alla fine degli anni ’90, con il quale non si era mai sposata, sulla sua passione per la storia e per l’opera classica, e sul cancro alla tiroide che ha affrontato e sconfitto nell’aprile 2009. Costretta a sottoporsi ad un aggressivo trattamento di chemioterapia e di radioterapia, si è tagliata i capelli a zero e ha portato una parrucca per i successivi sette mesi, senza abbandonare mai l’incarico istituzionale. Intanto, l’anno prima, per prepararsi alla corsa per la presidenza, si era sottoposta a un lifting facciale che l’aveva resa ben più giovanile.
Dilma è la delfina designata direttamente dal Presidente Lula, anche se per molti analisti sarebbe “più a sinistra” e “più statalista” di lui. Ha basato la sua campagna elettorale sulla continuità con l’azione di governo del suo predecessore, sulla crescita economica del Brasile e sulla riduzione delle differenze sociali. Gran parte del suo capitale politico deriva direttamente dalla sua forte vicinanza a Lula, e quest’ultimo ha ricevuto ripetute multe da parte del Supremo Tribunale Elettorale per aver violato la rigidissima legge che vieta al Presidente in carica di fare campagna per un candidato alla sua successione.
Nella corsa alla Presidenza è appoggiata da una coalizione di partiti di sinistra, come il Partito Comunista del Brasile, Partito Socialista Brasiliano e il Partito Democratico dei Lavoratori. In caso di vittoria ha annunciato che il suo governo aumenterà e amplierà i programmi sociali già in atto e proseguirà nell’ampio programma di realizzazione di opere pubbliche lanciate dall’amministrazione Lula. Secondo diversi analisti, la stabilità economica raggiunta dal Brasile negli ultimi anni non sarebbe a rischio, ma verrebbero create nuove imprese pubbliche e modificata la politica fiscale, colpendo le fasce di reddito più alte a beneficio delle fasce di popolazione più povere. Il suo programma politico per la presidenza del Brasile è stato sintetizzato dal quotidiano spagnolo ‘El Pais’ come la “consacrazione di una più importante e decisiva presenza dello stato nell’economia brasiliana”.
La principale critica rivolta a Dilma dai suoi detrattori è quella di non avere alcuna esperienza elettorale. Dilma, infatti, durante tutta la sua carriera politica non ha mai ricoperto cariche elettive, venendo sempre nominata direttamente per ruoli tecnici o ministeriali, senza aver mai goduto dell’approvazione popolare. Inoltre la sua nomina alla successione di Lula è stata decisa dal Presidente senza consultare la base del partito o gli alleati, provocando non pochi malumori tra le fila del PT.
Nel caso in cui Dilma dovesse venire eletta, sarebbe la prima donna e la prima ex guerrigliera a ricoprire la carica di Presidente della Repubblica del Brasile.
Jose’ Serra
José Serra, nato a Sao Paulo nel 1942, è figlio di un immigrato italiano, Francesco Serra, originario di Corigliano Calabro, e di Serafino Chirico Serra, brasiliana figlia di immigrati italiani. La famiglia viveva in condizioni modeste – il padre vendeva frutta al mercato municipale – ma José riuscì a studiare, arrivando fino all’università. Iscritto al Politecnico dell’Università di Sao Paulo, entrò subito nei movimenti studenteschi, e sempre all’università affrontò la sua prima esperienza elettorale. Candidato alla rappresentanza studentesca, durante la campagna elettorale dichiarò di essere contrario alle multinazionali e a favore della rivoluzione cubana. Non venne eletto, ma iniziò una rapidissima carriera politica, avvicinandosi al gruppo della Gioventù Universitaria Cattolica.
Nel 1963 venne eletto presidente dell’Unione Nazionale degli Studenti, con l’appoggio del Partito Comunista Brasiliano, e iniziò ad avere i primi rapporti con i governatori statali e con l’allora presidente, Joao Goulart, mettendosi subito in mostra per le sue capacità oratorie e per il suo coraggio nel denunciare le ingiustizie sociali. L’anno successivo ci fu il golpe militare, Goulart venne deposto e Serra si rifugiò nell’Ambasciata della Bolivia, dove rimase per tre mesi. Chiese di poter lasciare il Brasile, ma i militari non avevano alcuna intenzione di farlo espatriare. Durante le trattative l’allora ministro della Guerra, generale Costa e Silva, disse: “Questo non lo lasciamo andare via. È troppo pericoloso”. Serra tuttavia riuscì a fuggire prima in Bolivia, e poi in Francia, dove era presente una grande comunità di esuli politici brasiliani. A causa dell’esilio dovette interrompere gli studi.
Tornato clandestinamente in Brasile nel 1965, cercò di riorganizzare gruppi politici studenteschi d’opposizione al regime militare. La polizia politica scoprì ed arrestò la maggior parte dei membri, e Serra dovette fuggire nuovamente all’estero, in Cile, dove prese parte ad azioni dimostrative di esuli brasiliani che denunciavano la repressione in atto in Brasile. Rimase nel Paese andino per otto anni, studiando e laureandosi in economia e lavorando insieme a Fernando Henrique Cardoso, anch’egli esule, e che in seguito diventerà Presidente del Brasile. Si sposò con la psicologa e ballerina cilena Sylvia Mónica Allende, dalla quale ebbe due figli, Veronica e Luciano.
In quel periodo iniziò ad insegnare all’università del Cile, lavorò per la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL), organismo dell’Onu, e divenne consulente del governo Allende. Dopo il colpo di stato del generale Pinochet nel settembre 1973, Serra aiutò a trasportare molti perseguitati all’interno dell’Ambasciata di Panamà, ma venne arrestato mentre si trovava all’aeroporto, cercando di lasciare il Paese. Fu portato al famigerato Stadio Nazionale, dove moltissime persone vennero torturate e uccise, ma riuscì a fuggire grazie all’aiuto di un maggiore dell’esercito cileno, che lo salvò mettendolo nel portabagagli della sua auto. A causa di questo gesto l’ufficiale cileno venne fucilato poco tempo dopo. Serra si rifugiò nell’Ambasciata d’Italia, e vi rimase come rifugiato politico per otto mesi. Riuscì ad espatriare e a recarsi negli Stati Uniti, dove continuò a studiare, conseguendo un master e un dottorato in economia presso l’Università di Cornell. In quel periodo fu visiting professor dell’Istituto per gli Studi Avanzati dell’Università di Princeton.
Nel 1977, dopo 14 anni di esilio, decise di tornare in Brasile, ancora governato dai militari. Iniziò la sua carriera politica collaborando con la campagna elettorale dei candidati d’opposizione al regime, e allo stesso tempo iniziò ad insegnare economia all’Università di Campinas. Nel 1982 venne nominato assessore statale allo Sviluppo dal Governatore dello Stato di Sao Paulo. All’epoca lo Stato verteva in condizioni finanziarie pessime, con un debito elevatissimo. Serra iniziò una campagna di taglio alla spesa e riduzione del debito, riuscendo tuttavia a costruire importanti opere pubbliche. Venne notato e scelto per far parte della squadra di economisti di Tancredo Neves, primo candidato alla Presidenza della Repubblica dopo la fine della dittatura, collaborando con personaggi del calibro di Celso Furtado e Helio Beltrao.
Nel 1986 venne eletto membro dell’Assemblea Costituente. Durante i lavori per la redazione della nuova costituzione si scontrò più volte con la linea del suo partito, il Partito del Movimento Democratico Brasiliano – PMDB, votando, ad esempio, a favore di misure come l’esproprio di proprietà rurali improduttive e propose la creazione di un fondo di assicurazione pubblica per i lavoratori.
Nel 1988 fu uno dei fondatori del Partito della Social Democrazia Brasiliana – PSDB, e venne rieletto deputato federale nel 1990, con il più alto numero di preferenze della storia dello Stato di Sao Paulo, oltre 340mila. Nel 1994 venne stato eletto senatore con oltre 6,5 milioni di voti. Per tutti gli anni ’90 fu invitato, o fu tra i candidati, a guidare il Ministero dell’Economia, ma rifiutò tutti gli inviti fino al 1995, quando divenne ministro dello Sviluppo del governo Fernando Henrique Cardoso. Nel 1998 divenne ministro della Sanità, creando un programma di lotta all’AIDS che divenne presto un modello per tutto il mondo, copiato in altri Paesi e premiato dalle Nazioni Unite. Durante la sua gestione vennero eliminate tasse federali e messi in commercio i farmaci generici, facendo scendere sensibilmente il prezzo dei farmaci in Brasile, e iniziò una disputa in sede Organizzazione Mondiale del Commercio per l’utilizzo di licenze di farmaci detenute all’estero in caso di necessità di sanità pubblica.
Candidato alla Presidenza della Repubblica nel 2002, venne sconfitto dall’allora candidato Lula al secondo turno. In quell’occasione ottenne quasi 3 milioni di voti nella sola città di Sao Paulo, la più popolosa del Brasile, contro i soli 127mila ottenuti da Lula. Nel 2004 venne eletto sindaco di Sao Paulo. Nel 2006 si dimise e venne eletto Governatore dello Stato omonimo. Il forte consenso di cui gode nella città e nello Stato di Sao Paulo, il più popoloso e locomotiva economica del Brasile, sono la formidabile piattaforma politica ed elettorale su cui poggia la sua campagna.
Serra, famoso per le sue qualità di amministratore efficiente, onesto e preparato, è il candidato che rappresenta la borghesia e la classe media brasiliana. Alla luce dei suoi precedenti mandati come ministro, governatore e sindaco, il suo futuro governo dovrebbe essere favorevole alle privatizzazioni di grandi imprese pubbliche, così come è avvenuto durante i due mandati di Cardoso. Nei punti programmatici per l’azione di governo, tuttavia, emergono misure poco coerenti con i canoni classici delle politiche liberiste, come ad esempio l’aumento del salario minimo o il raddoppio del programma Bolsa Familia, lanciato dal Presidente Lula e criticato dallo stesso PSDB.
Da un punto di vista di politica internazionale, Serra e Dilma condividono lo stesso obiettivo: favorire l’ascesa del Brasile come potenza mondiale. Esistono differenze metodologiche, ma entrambi i candidati puntano su un rafforzamento del Mercosul, un aumento dei legami con le nazioni in via di sviluppo e una crescente pressione per una riforma degli organismi multilaterali, primo tra tutti il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove il Brasile aspira ad occupare un seggio permanente.
Marina Silva
Nata nel 1958 in una favela dello Stato amazzonico dell’Acre, al confine con la Bolivia e il Perù, Marina proviene da una famiglia poverissima. L’infanzia di marina fu molto dura. I genitori ebbero undici figli, di cui solo otto sopravvissero, e non poterono garantire loro un’istruzione. Ai 15 anni Marina rischiò di morire per un’epatite confusa con un caso di malaria, che la costrinse a letto per oltre un anno. Viste le sue condizioni disperate, un medico dell’ospedale disse a sua zia “L’anima di questa ragazza è già all’inferno”. A quelle parole Marina rispose: “Non ho alcuna intenzione di morire!”. Ed infatti sopravvisse: grazie all’intervento del vescovo di Acre, Don Moacyr Creghi, venne accolta in un convento di suore e le vennero somministrate cure adeguate. Rimasta completamente analfabeta fino ai 16 anni d’età, imparò a legge e scrivere grazie al Mobra, programma di alfabetizzazione del regime militare. Il suo primo lavoro quello di donna delle pulizie, e in seguito ha lavorato con i seringueiros: gli operai che estraggono gomma dagli alberi amazzonici.
Nel 1981 entrò all’Università Federale dell’Acre, dove si laureò in Storia. Professoressa di liceo e sindacalista, è stata compagna di lotta di Chico Mendes, difensore dei diritti delle popolazioni indigene. Nel 1986 si iscrisse al PT, e si candidò a deputata federale, senza tuttavia essere eletta. Venne però eletta consigliere comunale a Rio Branco, capitale dello Stato, risultando la più votata in assoluto e conquistando l’unico seggio di sinistra nel consiglio comunale. Iniziò da subito un’aspra lotta ai privilegi e a favore dei lavoratori e dei più poveri, creandosi molti nemici ma aumentando l’ammirazione e l’appoggio popolare. In quel periodo devolvette integralmente il suo salario politico ai più bisognosi. Nel 1990 venne eletta deputata statale, ottenendo ancora una volta il maggior numero di preferenze in termini assoluti. In quel periodo scoprì di essere ammalata: era stata contaminata dal mercurio durante il periodo in cui viveva nella favela. Riuscì a sconfiggere la malattia, ma ancora oggi ne porta i segni con una profonda cicatrice sul naso. A causa delle privazioni subite durante l’infanzia il suo stato di salute è sempre stato molto debole. Nel 1994 venne eletta al Senato Federale per lo Stato dell’Acre, sempre con il più alto numero di preferenze, rompendo una lunga tradizione di vittorie scontate degli oligarchi locali, tra cui spiccava la figura di Hildebrando Pascoal, ex deputato federale condannato a 65 anni per aver ucciso diversi avversari politici squartandoli con una motosega. Nominata segretaria nazionale dell’Ambiente e dello Sviluppo del PT, divenne una delle principali voci a difesa dell’Amazzonia e della biodiversità.
La sua folgorante carriera politica culminò con la vittoria di Lula nel 2002, quando venne nominata ministro dell’Ambiente, e da quel momento in poi si trovò in costante conflitto con altri componenti dell’esecutivo, quando gli interessi economici contrastavano gli obiettivi di tutela ambientale. Fu grazie all’intercessione personale di Lula che Marina poté sottoporsi ad un valido trattamento contro il mercurio. La sua gestione venne segnata da una forte riduzione del livello di disboscamento dell’Amazzonia e dall’adozione di forti misure a difesa dell’ambiente. Durante la sua gestione ministeriale, Marina ricevette diversi premi internazionali, tra cui il Champions of the Earth nel 2007, vinto anche dall’ex vice presidente americano Al Gore. La sua presenza all’interno del governo Lula fu uno dei principali vettori di popolarità internazionale del Presidente Operaio. Tuttavia, ciò non evitò che avesse diversi scontri con Dilma Rousseff, allora ministro della Casa Civil. Le due si detestano apertamente, e a causa di ripetuti dissidi, nel 2008 Marina rassegnò le dimissioni da ministro e nel 2009 uscì dal PT, accusato di non dare sufficientemente attenzione alle tematiche ambientali. Entrò nel Partito Verde – PV, che la candidò alla Presidenza della Repubblica.
Marina è considerata oggi una delle ambientaliste più famose del mondo. Il suo programma elettorale, l’unico tra quelli dei tre principali candidati, che può essere definito tale, pone al centro la difesa dell’ambiente, della Foresta Amazzonica e della biodiversità. Con i sondaggi che le attribuiscono il 7% delle preferenze, e con una piattaforma politica composta dal solo PV, senza alcuna alleanza con altre forze politiche, Marina è la candidata outsider tra i tre principali pretendenti alla più alta carica brasiliana. In caso di secondo turno i voti conquistati da Marina potrebbero tornare decisivi ai due sfidanti, che sicuramente cercheranno di corteggiare lei e i suoi elettori.
Sposata due volte, madre di quattro figli, è famosa per il suo stile di vita semplicissimo, quasi monastico. Non si trucca, non si veste con abiti costosi e non usa gioielli. L’unico lusso che si concede sono le collane tradizionali amazzoniche che lei stessa confeziona. Patrimonio personale: una piccola casa nella città di Rio Branco. Anche nelle bollenti giornate estive di Brasilia, Marina si copre sempre spalle e braccia con una lunga sciarpa di lana. Non si tratta di un vezzo: a causa della sua salute cagionevole e della contaminazione da mercurio Marina ha sempre molto freddo.
Considerata come la novità del panorama politico brasiliano, e ammirata per il suo coraggio nell’affrontare e vincere la malattia e la miseria, Marina ha ricevuto l’appoggio di numerosi esponenti dello spettacolo e della società civile brasiliana, come la top model Gisele Bundchen e il cantante Caetano Veloso. Nel caso in cui venga eletta sarebbe la prima donna e la prima nera a ricoprire la carica di Presidente della Repubblica del Brasile.
* Carlo Cauti è laureando in Relazioni Internazionali (Università di Roma LUISS G. Carli)
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