Fonte: http://www.corriere.it/romano/09-09-29/01.spm
Riguardo all’ intervento di Ahmadinejad e Gheddafi all’ Onu, un lettore scrive che certi personaggi non dovrebbero essere autorizzati a servirsi del proprio seggio per minacciare e calunniare un altro Paese o per attaccare l’ Onu stessa (Corriere, 25 settembre). Io penso invece che per raggiungere la pace qualche volta bisogna dar voce anche al più atroce «nemico». D’ altro canto il muro contro muro non ha mai risolto nessun problema. In ogni caso non dobbiamo dimenticare che per combattere certi soprusi abbiamo un’ arma potentissima, che consiste nell’ abbandonare la piazza quando questi prendono la parola. Come hanno fatto i delegati del nostro Paese nell’ ultima riunione nel Palazzo di Vetro con il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Silvano Stoppa
Caro Stoppa,
Ogni discussione sulle parole di Ahmadinejad all’ Onu dovrebbe cominciare dal testo del discorso.
L’ ho letto nella versione inglese e cerco di riassumerne, molto sommariamente, i punti essenziali. Ahmadinejad ha esordito con alcune riflessioni sul monoteismo, sul ruolo storico dei grandi profeti (Noè, Abramo, Mosè, Gesù e Maometto) per la redenzione dell’ umanità, sull’ importanza delle fede e della spiritualità nelle relazioni internazionali.
Gli accenti ecumenici del discorso sarebbero piaciuti a Giovanni XXIII, il duro giudizio sull’ agnosticismo (una forma di relativismo) dovrebbe essere piaciuto a Benedetto XVI.
Ha detto che i maggiori pericoli, per l’ umanità sono le armi di distruzione di massa e il terrorismo, fra cui in particolare il terrorismo di Stato.
Ha ricordato che Saddam, durante la guerra contro l’ Iran, fu armato dall’ Occidente e impiegò armi chimiche.
Ha affermato che Al Qaeda nacque dal sostegno degli Usa ad alcuni gruppi della resistenza antisovietica e che l’ arsenale nucleare israeliano ha beneficiato della complicità americana.
Ha duramente descritto le vessazioni subite dai palestinesi nella loro terra.
Ha sostenuto che alcuni Paesi cercano d’ impedire ad altri il libero accesso alle tecnologie del progresso.
Ha rivendicato il carattere democratico dell’ Iran: un Paese in cui, dopo la rivoluzione, «si è votato 27 volte».
Ha auspicato un maggiore impegno dell’ Onu per il disarmo e ha chiesto all’ Aiea (Agenzia Internazionale per l’ Energia atomica) di promuovere l’ applicazione dell’ art. IV del Trattato di non proliferazione sul libero accesso dei Paesi firmatari alle tecnologie nucleari.
Ha ripetuto che l’ Iran non vuole armi nucleari, ma che potrebbe, se vi fosse costretto dalle circostanze, riconsiderare la sua politica.
Ha denunciato il «regime sionista di occupazione», ma non ha auspicato la distruzione di Israele e non ha negato la realtà del genocidio ebraico.
Ha dichiarato di essere pronto e negoziare. Alcune delle affermazioni di Ahmadinejad sono contestabili o grossolanamente esagerate.
Ma altre sono vere (la benevolenza degli Usa per l’ Iraq durante le guerra contro l’ Iran) o, come quelle sui palestinesi, riflettono i sentimenti e le convinzioni della grande maggioranza del mondo musulmano.
Le otto delegazioni che hanno abbandonato la sala (tra cui Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Stati Uniti) avrebbero fatto meglio ad ascoltarlo fino in fondo.
Certe forme di diplomazia spettacolo (come l’ interminabile discorso di Gheddafi all’ Onu) sono infantili, demagogiche e, in ultima analisi, inutili.
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