In occasione della Festa Nazionale e delle Forze Armate della Serbia, il 12 febbraio l’Ambasciata serba di Roma ha tenuto un lussuoso ricevimento presso l’Hotel Intercontinental de la Ville, occasione mondana che è però stata utile per mettere a punto i legami con l’Italia.

Numerosi gli imprenditori e gli esponenti del Governo italiano presenti, che hanno ribadito la necessità di fissare al più presto una data di inizio dei negoziati per l’ingresso della Serbia nell’Unione Europea.

L’ottimismo dell’Italia si basa sulla disponibilità manifestata dal Governo di Belgrado nei confronti dei rappresentanti albanesi di Pristina, con i quali sono stati condotti colloqui ai massimi livelli nei giorni scorsi.

L’Ambasciatrice della Serbia a Roma, Ana Hrustanovic, ha sottolineato come l’Italia non sia soltanto un amico strategico dal punto di vista diplomatico ma anche economico: “Nel 2009 le imprese italiane in Serbia erano solo 200, oggi ve ne sono 600” (1).

L’interesse dell’Italia ad investire in Serbia è stato confermato dai lavori del Business Council italo-serbo che si è tenuto nei giorni scorsi a Belgrado, durante il quale il nostro paese ha manifestato particolare attenzione alle possibilità offerte dal settore ferroviario, in quanto si punta a fare della Serbia un autentico hub di interconnessioni a livello regionale e internazionale grazie alla posizione geografica favorevole del paese verso i mercati di Russia, Turchia e Kazakhstan.

L’Italia è infatti il secondo maggior partner commerciale estero della Serbia, con un ammontare complessivo di investimenti che è stato finora di 2 miliardi di euro.

Ossigeno per l’economia serba, visto che i dati strutturali del paese sono tutt’altro che incoraggianti.

Dopo l’era Milosevic, le facili illusioni sul modello di sviluppo “occidentale” e sui fantasmagorici investimenti statunitensi sono svanite in fretta; oggi il tenore di vita è pari a poco più di 1/3 rispetto alla media dell’Unione Europea (in Slovenia è il 96%), nel 2012 il PIL è sceso del 2%, la disoccupazione ha colpito un quarto della popolazione, il dinaro fluttua copiosamente al punto che l’inflazione si attesta intorno al 13% e si calcola che l’80% della popolazione viva peggio rispetto a cinque anni fa (2).

In questa situazione già molto dura i serbi devono convivere anche con il problema del Kosovo e Metohija, dove gli incidenti (specie nel Nord della regione) continuano quotidianamente, nell’indifferenza della comunità internazionale e delle forze di sicurezza che dovrebbero garantire l’ordine (NATO).

Al danno si aggiunge la beffa, quando si pensa che il medico turco Yusuf Sonmez, uno dei principali imputati nell’inchiesta sul traffico di organi ai danni dei prigionieri serbi in Kosovo, è riuscito a fuggire in Sudafrica eludendo misteriosamente le richieste di estradizione avanzate da Eulex.

Che il 70% dei serbi diffidi dell’Europa e sogni perciò di fuggire all’estero, in Canada o in Australia, è facilmente comprensibile.

 

 

 

1)    Agenzia Ansa, 13 febbraio 2013.

2)    Ettore Bianchi, “Serbia: peggio che con Milosevic”, Italia Oggi, 14/2/2013, p. 15.

 

Stefano Vernole (redattore di "Eurasia")  con Marilina Veca (Presidentessa Associazione di Amicizia italo-serba)
Stefano Vernole (redattore di “Eurasia”) con Marilina Veca (Presidentessa Associazione di Amicizia italo-serba)

 


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