Il 7 febbraio l’attenzione del mondo politico e sportivo sarà focalizzata su Sochi, città russa sul Caucaso, per l’inaugurazione dei XXII Giochi olimpici invernali. Quelle di Sochi 2014 non saranno Olimpiadi come le altre. Nella storia dei Giochi, mai nessuno aveva portato la fiaccola in un’area così turbolenta. Il 7 febbraio invece il braciere inizierà ad ardere in una delle zone più ribollenti del globo. Dove gli episodi terroristici si susseguono da anni con un ritmo incessante. Dove bande di jihadisti hanno giurato morte ai Giochi. Dove negli ultimi 25 anni si sono combattute molte guerre, di cui ben due, atroci, in Cecenia. E l’ultima nel 2008 tra Russia e Georgia a una manciata di chilometri dagli impianti sportivi, tra l’altro proprio durante un’altra Olimpiade, quella di Pechino. In sfregio alla “tregua olimpica”. Mai nessuno, aveva azzardato tanto. A rompere il tabù è Vladimir Putin, presidente di tutte le Russie.
Il Cremlino ha voluto organizzare le Olimpiadi nel Caucaso per affermare che quella regione – in cui i russi sono solo uno tra decine di altri popoli – appartiene indiscutibilmente a Mosca. Per farlo, ha scelto Sochi, meta estiva dei russi, su cui l’arrivo delle Olimpiadi ha catalizzato l’attenzione dei terroristi locali. Lo si è visto con gli attentati di Volgodrad di fine dicembre. Putin legato la propria credibilità alla buona riuscita dei Giochi; il rischio che un attentato semini morte tra gli atleti e gli spettatori è elevato e la credibilità di Putin sarebbe messa in discussione da un evento simile . Ecco perché Sochi è blindata dal più ponente spiegamento di forze mai visto nella storia dei cinque cerchi.
La Russia di Sochi 2014 nasce per raccontare questi Giochi unici con una prospettiva unica: quella degli intrecci tra le Olimpiadi e la geopolitica. Lo sport, d’altronde, non è mai stato neutrale. Non lo era al tempo dell’antica Grecia, quando –narra Tucidide – gli agoni panellenici venivano usati a fini strategici dalle città-Stato durante la guerra del Peloponneso. Segue Berlino 1936, quando Hitler grazie ai Giochi poté celebrare il nazionalsocialismo, o nei tre boicottaggi olimpici del 1976, 1980, 1984. Al di là della retorica secondo cui esso batterebbe i confini e le barriere, nei fatti lo sport internazionale rafforza l’idea che viviamo in un modo diviso in Stati in competizione tra loro. Così un mezzo di enorme valenza identitaria come lo sport finisce per rivelarsi uno straordinario strumento politico.
Anche queste Olimpiadi si colorano di tinte politiche. Sochi 2014 vuole essere la celebrazione della Russia. Del suo ritorno tra i grandi del mondo. Del modello affermato dall’uomo che l’ha sollevata dalla polvere del crollo dell’Urss e dei tragici e anarchici anni Novanta, raddrizzandole la schiena e l’economia: Putin. La Russia di Sochi 2014 vi accompagnerà quindi alla scoperta del modo in cui Mosca si presenta al mondo e di come s’inserisce nei grandi scacchieri della politica internazionale. Perché la Russia è troppo importante. Soprattutto per noi europei.
In campo non c’è solo la vile energia ma anche il futuro dell’Unione europea. E la sua, la nostra identità. La Russia è (anche) Europa. Lo dicono l’arte, la letteratura e la musica, che tanto hanno dato al nostro continente. Lo dicono la cultura, la religione e la storia, che tanto ci hanno fatto collidere e abbracciare con i russi nei secoli. Con la Russia, l’Ue deve costruire un rapporto di cooperazione. Anche per provare a dirimere le tensioni che scuotono in questo periodo i Paesi dell’Europa orientale.
Uno fra tutti, l’Ucraina e le sue strade colme di manifestanti. Tensioni scaturite proprio dal dubbio amletico: unirsi all’Europa o rafforzare i legami con Mosca? Tuttavia, la Russia è importante anche perché l’attende all’orizzonte una fase delicata in cui dovrebbe intraprendere alcune necessarie riforme economiche e aperture politiche. E con i Giochi, Mosca vuol dare un’immagine di sé diversa: aperta, affidabile, organizzata. Ecco perché ospitare nel cosiddetto “decennio d’oro dello sport russo” (2007-2018) la Coppa del mondo di calcio la Formula Uno le Universiadi e un’altra ventina di grandi eventi sportivi. Tutti portati in patria per provare a dare quell’impulso necessario a fare affari con il resto del mondo. Alla pari.
Quando su Sochi 2014 calerà il sipario, Putin si troverà di fronte un’altra partita: quella delle ineludibili aperture politiche. L’inquilino del Cremlino ha ancora in mano il suo Paese: in 15 anni non è mai andato sotto il 60% dei consensi. Questo perché il Putin-uomo-forte è stato probabilmente un passaggio necessario nella storia della Russia. Che, negli anni Novanta, si è trovata a un passo dalla frantumazione. Crollata l’Urss, ogni ex repubblica sovietica andava per la sua strada. Nel Caucaso le rivolte indipendentiste spuntavano una dopo l’altra. Nel 1993, a Mosca i carri armati venivano spediti a bombardare il parlamento. La crisi economica aveva azzerato la valuta. E le tanto declamate privatizzazioni si erano rivelate un’occasione per pochi potenti di far man bassa delle risorse statali. Al suo arrivo, Putin ha trovato una Russia diffidente verso gli “esperimenti democratici” del suo predecessore El’cin. Ha riportato sotto il controllo dello Stato le risorse energetiche. Grazie a esse, la crescita è schizzata a livelli astronomici e la disoccupazione è oggi al 5%. Ha messo un tampone – non si sa quanto temporaneo – alla crisi demografica, che faceva perdere alla Russia 900 mila anime all’anno. Ha ripristinato l’ordine, pur se al prezzo del bavaglio alla stampa, della brutale repressione in Cecenia e del giro di vite contro le sedicenti opposizioni. Ora però Putin potrebbe far fare alla Russia un salto di qualità. No, non ci riferiamo a democrazia o diritti umani. Piuttosto, alla necessità di allargare il suo progetto nazional conservatore per abbracciare i giovani e la nuova classe media urbana (non limitata a Mosca e San Pietroburgo), dando un impulso anche alla creatività e all’economia russa. E per far sì che quel 60% di cittadini russi continui a inneggiare a lui come, nel Boris Godunov di Mussorgskij, il popolo allo zar che aveva placato le guerre di successione a Ivan il Terribile: «Annienta il serpente dalle dodici ali, quel serpente è la discordia e l’anarchia della Russia».
*La Russia di Sochi 2014 è un e-libro edito da un gruppo di ricercatori provenienti da diverse realtà accademiche italiane. In quest’opera essi si sono dati l’obiettivo di analizzare la Russia di oggi dal punto di vista geopolitico utilizzando le Olimpiadi invernali come chiave di lettura. Per maggiori informazioni sul progetto e su come ottenere La Russia di Sochi 2014 si può visitare il sito http://progettosochi2014.it/.
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