L’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO) è un’organizzazione regionale a carattere difensivo(1), nata durante la Guerra Fredda,con il preciso intento di combattere la minaccia sovietica.
Il Trattato istitutivo della Nato, in particolare nell’articolo 9, assegna all’organo politico, il North Atlantic Council (NAC) il compito di esaminare le questioni inerenti al funzionamento del Trattato, ivi inclusa la creazione di organismi ausiliari. Da questi compiti vengono però escluse le installazioni di infrastrutture o comandi alleati, per i quali è necessario un accordo bilaterale con lo Stato membro ospitante.
La Nato ha stipulato accordi in questo senso con la maggior parte dei paesi membri dell’Alleanza. In realtà però il tema degli accordi tra Italia, Stati Uniti e Nato per regolare lo status giuridico delle basi militari è da anni oggetto di un acceso dibattito.
Per la regolazione dei rapporti che intercorrono tra il Trattato istitutivo Nato e le basi militari americane presenti sul territorio, si fa spesso riferimento all’art 3 del Trattato Nato, in quanto si prevede “l’impegno delle parti a sviluppare le loro capacità di difesa, individualmente e congiuntamente, e a prestarsi reciproca assistenza per sviluppare le loro capacità di legittima difesa, individuale e collettiva”(2). Fatta eccezione per questo impegno bilaterale di assistenza, il Trattato Nato non contiene disposizioni precise per quanto riguarda il regime di gestione delle basi. Dall’articolo 3 si evince solo un obbligo di cooperazione, che pertanto non costituisce un obbligo a concedere anche basi.
Spetta quindi all’accordo bilaterale definire diritti e obblighi dello Stato titolare della base e di quello ospitante.
L’ordinamento italiano individua due procedure distinte per la stipulazione di accordi internazionali: la prima in forma solenne e la seconda in forma semplificata.
La prima prevede che l’accordo venga sottoposto al Parlamento (articolo 80 della Costituzione) che deve autorizzare con legge il Presidente della Repubblica alla ratifica (articolo 87 della Costituzione) mediante una legge ad hoc.
La procedura semplificata invece non è disciplinata dalla Costituzione ma è invalsa nella prassi. In questo caso, per l’entrata in vigore dell’accordo, è sufficiente la sua sottoscrizione da parte dei ministri plenipotenziari.
La legge dell’11 dicembre 1984, n.839 inoltre prescrive la pubblicazione degli accordi, inclusi quelli in forma semplificata. Ciò nonostante molti accordi, in particolare quelli riguardanti l’installazione di basi, hanno disatteso la procedura prevista dalla legge, essendo stati stipulati in forma segreta o posti all’attenzione del Parlamento solo una volta stipulati.
Il Trattato fondamentale che disciplina lo status delle basi militari americane in Italia è l’Accordo Bilaterale sulle Infrastrutture (di seguito BIA), stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 Ottobre 1954. Noto anche come “Accordo ombrello”, per l’ampiezza della sue disposizioni, ma la sua caratteristica principale è la sua segretezza, in quanto non fu mai pubblicato.
Si tratta di un accordo redatto in forma semplificata e firmato dall’allora Ministro degli Esteri Pella e dall’Ambasciatrice Usa in Italia Clarice Booth Luce.
La parte centrale dell’accordo stabilisce il tetto massimo delle forze Usa che possono stazionare in Italia. Inoltre esso è corredato di annessi tecnici, relativi alle singole basi. Secondo le disposizioni dell’accordo, le basi vengono concesse agli Stati Uniti solo in uso e quindi non godono di alcuna extraterritorialità. Inoltre devono essere usate esclusivamente nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, a meno di ulteriori accordi specifici con il governo italiano.
Quest’ultima questione al momento della stipula dell’accordo non era particolarmente rilevante, in quanto in piena Guerra Fredda la Nato aveva un ruolo centrale nello scacchiere atlantico. Con la fine della contrapposizione tra i blocchi, la Nato ha però perso il suo ruolo originario e quindi spesso i suoi scopi non coincidono con quelli degli Stati membri. Come può quindi l’Italia impedire che le basi concesse in uso agli Americani vengano utilizzate per scopi che essa non condivide?
La questione dal punto di vista giuridico è piuttosto complessa, in quanto si fonda sul concetto di sovranità territoriale. Infatti, una volta usciti dai confini italiani, truppe e mezzi americani non hanno più nessun vincolo. (3)
L’altro accordo che disciplina la presenza di contingenti militari americani in Italia e l’uso delle basi è il Memorandum d’intesa tra il Ministro della Difesa della Repubblica Italiana e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, noto come Shell Agreement.
L’accordo è stato sottoscritto il 2 Febbraio 1995 dal sottocapo di Stato Maggiore della Difesa Franco Cervoni e dal Vice Comandante delle Forze armate Statunitensi in Europa, Generale Charles Boyd. Come il precedente, anche questo è un accordo in forma semplificata, rimasto segreto a lungo nonostante la vigenza della legge n.839/1984.
L’accordo venne reso pubblico nel 1999, in seguito alla tragedia del Cermis(4), per decisione dell’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema.
Il memorandum dispone che le strutture delle basi vengano poste sotto il controllo italiano e che il comandante Usa informi preventivamente le autorità italiane su ogni movimento di armi e personale, nonché su ogni inconveniente si verifichi. Ma,nonostante ciò, il pieno controllo sul personale e le operazioni rimane in capo agli Stati Uniti.
Più che le disposizioni dei singoli accordi, il dibattito riguarda la segretezza degli stessi e come la loro particolare natura si possa conciliare con le disposizioni contenute nella Costituzione.
Si potrebbe da una parte affermare che è la stessa Costituzione italiana, agli articoli 11 e 52 a garantire valori quali la sicurezza e la difesa. Tali valori però, benché fondamentali, non possono rendere nullo il principio democratico del controllo parlamentare cui è soggetta la politica estera del governo.
Il secondo aspetto riguarda invece l’uso della base, che dovrebbe essere di carattere difensivo, essendo considerata una bilateralizzazione dell’art 3 del Trattato Nato.
Il reale uso delle basi smentisce questo assunto. Ad esempio, durante il conflitto iracheno venne usata la base di Vicenza, seppur in modo limitato in quanto l’Italia si era dichiarata paese non belligerante.
È chiaro quindi come si renda necessaria una revisione degli accordi che disciplinano l’uso delle basi, e soprattutto delle clausole riguardanti la segretezza degli accordi, alla luce del mutato scacchiere internazionale.
Gli accordi erano infatti stati conclusi nel Secondo dopoguerra, quindi in un contesto politico molto diverso da quello attuale. La revisione deve essere fatta tenendo conto dei mutati rapporti di forza, e facendo attenzione al significato delle Alleanze, NATO in primis, sia delle normative di riferimento.
*Maria Pilar Buzzetti ha conseguito la laurea triennale in Scienze Poltiche presso l’Università Roma tre e attualmente sta terminando la laurea specialistica in Relazioni Internazionali presso la Luiss
Note:
1 Il Trattato istitutivo della NATO si rifà all’art 51 della Carta Onu, laddove prevede l’uso della forza da parte di uno Stato, a patto che sia in funzione auto-difensiva.
2 North Atlantic Treaty, http://www.nato.int/cps/en/natolive/official_texts_17120.htm
3 Il territorio su cui si trova la base non è infatti considerato territorio estero,quindi non è prevista alcuna cessione di sovranità territoriale.
4 Il 3 febbraio 1998 un aereo militare statunitense,proveniente dalla base di Aviano,tranciò le funi della funivia del Cermis,causando la morte di 19 persone.
http://photos.state.gov/libraries/italy/217417/pdf/shell.pdf
http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=882
http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=882
Questo articolo è presente dell’analisi del Cesem “Nato: un’alleanza da ripensare” che è possibile leggere qui: http://www.cese-m.eu/cesem/2013/05/nato-unalleanza-da-ripensare/
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