Il vertice europeo del 23-24 ottobre non sembra aver mutato la linea europea e americana di netta contrapposizione alla Russia, innescata dagli eventi ucraini degli ultimi mesi. Nonostante i gravi danni economici che ne deriverebbero (quantificati in 1,8 miliardi su base biennale per la sola Italia)(1), l’Europa è decisa a non rinunciare al regime di sanzioni che, sebbene imposte da Washington (per stessa ammissione del vice presidente americano Joe Biden)(2), non suscitano netta contrarietà presso i suoi leader, anzi. La crisi economica europea e l’erosione di sue quote di mercato da parte dell’America latina e della Cina, è però destinata a far emergere sempre più attriti tra Europa e Usa sulla questione.
Presso gli stessi policymaker statunitensi esiste scetticismo sull’efficacia della strategia volta a “isolare” la Russia, che, semmai, appare foriera di conseguenze negative sul piano tanto economico, quanto politico, per Washington.(3) In primo luogo essa potrebbe spingere sempre più ex alleati a diffidare del regime di rapporti fondato su un approccio “sanzionatorio” degli USA, che mina le basi di convenienza economica nella partnership atlantica, allontanando paesi alleati dai mercati finanziari europei e americani. Come sembrano suggerire del resto le operazioni di accantonamento del dollaro come moneta di scambio mondiale.
Inoltre, il piano di esclusione delle compagnie russe e di quelle estere che dovessero continuare a trattare con le prime, non tiene in conto la proiezione globale della presenza economica di Mosca, confondendo l’efficacia del piano di esclusione ai danni di un’economia regionale come l’Iran (verso la quale le sanzioni sono state realmente dannose), a cui sembra ispirarsi la contrapposizione attuale volta a isolare la Russia, con l’improbabile danno che deriverebbe a un mercato di ben più vaste proporzioni come quello russo, sempre più legato a quello cinese nelle sue ramificazioni asiatiche.
Di conseguenza lo scenario di chiusura ai danni di Mosca si tramuta in una porta sbarrata degli Usa verso la Cina e altri attori asiatici ad essa legati, riunitisi proprio il 24 ottobre scorso in occasione della creazione dell’Infrastructure Asian Investment Bank (AIIB) (4). Non solo, ma ben lungi dal danneggiare le finanze russe, le consolida, contribuendo alla conversione del debito estero russo (già pressoché nullo) denominato in dollari, in rubli e, quindi, alla sua svalutazione a seguito dell’indebolimento della valuta nazionale russa (5). In realtà questa chiusura appare il risultato di un clima di diffidenza tra i due giganti nucleari e uno strumento di pressione degli USA sulla Russia, quale naturale ritorsione contro la resistenza in Ucraina e l’annessione della Crimea.
Se le sanzioni però costituiscono il principale strumento degli Usa per mantenere il controllo geopolitico su tutta la regione euro-atlantica (6), come ha sostenuto il ministro degli esteri russo Lavrov, tale strategia di chiusura nelle proprie casematte, non può che far gravitare sempre più pedine al di fuori di questo scacchiere verso i poli della Cina e di Mosca, tra vecchi e nuovi alleati. La consistenza dell’influenza americana è ormai sensibilmente diminuita rispetto solo a una decade fa, e ciò è riconosciuto dagli stessi analisti americani.(7)
Accanto a paesi europei come la Serbia, dove Putin ha ricevuto, in occasione di una recente visita ufficiale, una accoglienza giudicata “trionfale”(8), e l’Ungheria, il cui presidente, Viktor Orban, ha dichiarato di volersi emancipare dalla forma di democrazia liberale occidentale (9), entrambi raggiunti dalla linea di rifornimento del South Stream, diversi paesi dell’America meridionale, affiliati o parte dei BRICS (e riuniti nell’UNASUR) (10), nonché alcuni stati dell’area medio orientale e africana ormai diffidenti verso l’Occidente, tra cui l’Egitto (divorziatosi dagli USA dopo il sostegno alla Fratellanza musulmana), trovano una alternativa al “nuovo ordine” (che dovrebbe dirsi ormai “vecchio”) di Washington.
Stati Uniti e Israele, infatti, specie in queste ultime aree, con il loro contributo alla creazione dello Stato Islamico (11) e alla destabilizzazione politica di alcuni paesi (Libia e Siria su tutti), tramite il ricorso alla pratica del “regime change”, si sono alienati il sostegno di alcuni alleati regionali, nell’intento di perseguire obiettivi strategici confusi e indefiniti volti a generare caos e terra bruciata intorno al costruendo asse Iran-Iraq-Siria, che sarebbe stato rafforzato dalla realizzazione di un oleodotto attraverso i tre paesi (12), pericolo mortale contro la presenza statunitense nella regione, nonché foriero di un riallineamento strategico con Mosca e Pechino all’indomani del ritiro americano dall’Iraq.
La stessa manovra ribassista sul prezzo del petrolio avviata dall’Arabia Saudita (che sta facendo dumping senza intaccare i livelli di produzione) e seguita a ruota dagli altri produttori (13), tra cui l’Iran, alla quale ha fatto seguito un crollo delle quotazioni del greggio a livello mondiale, potrebbe essere letta anche come una partita contro la produzione russa. Va tenuto conto, tuttavia, di altri fattori, come la generale caduta della domanda e il surplus legato allo shale oil (petrolio da scisto bituminoso) americano che in gran parte ormai soddisfa la domanda statunitense di greggio (14).
Lo stesso Putin, forse in termini preventivi, ha paventato un “crollo dell’economia mondiale” in caso di discesa al di sotto degli 80 dollari al barile. In altri tempi l’instabilità politica globale avrebbe innescato un rialzo dei prezzi, non una sua repentina discesa come accaduto oggigiorno. Non è da escludere la tesi di coloro che sostengono essere questo ribasso il frutto di una manovra doppiogiochista dei sauditi, volta da un lato a spingere gli Usa ad abbandonare le riluttanze sull’intervento definitivo contro Assad e a troncare l’accordo con l’Iran sul nucleare previsto per novembre e dall’altro finalizzata a colpire i produttori concorrenti.(15) Un ribasso del prezzo del carburante in vista delle elezioni di medio termine potrebbe infine fare gioco a Obama nel contrastare una eventuale vittoria repubblicana.(16)
Se le sanzioni sono state la spinta definitiva al matrimonio russo-cinese, il cordone di contenimento a discapito di Pechino (vertente sull’asse Giacarta–Hanoi-Camberra-Manila-Taipei-Seul-Tokyo) può considerarsi indebolito in virtù della prospettiva di una definitiva saldatura euroasiatica tra Mosca e Pechino, ormai un dato consolidato, attorno alla quale potrebbero ruotare in futuro paesi un tempo parte della strategia di limitazione geopolitica cinese. Seguendo il dettame di Sun Tzu, sembra che cinesi e russi stiano tentando in un primo tempo di sconvolgere la strategia degli Stati Uniti, per poi provare a spezzarne le alleanze (17).
NOTE
(1) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-10-16/sanzioni-ue-russia-ecco-quanto-costerebbe-all-italia-guerra-commerciale-mosca-181150.shtml?uuid=ABravv3B
(2) http://fr.ria.ru/world/20141006/202628563.html
(3) “Don’t Mistake Russia for Iran.” Foreign Affairs. 25 Oct. 2014. Web. 25 Oct. 2014. http://www.foreignaffairs.com/articles/142278/eric-lorber-and-elizabeth-rosenberg/dont-mistake-russia-for-iran
(4) http://www.ibtimes.co.uk/china-launches-aiib-rival-world-bank-without-us-allies-after-pressure-washington-1471582
(5) http://www.zerohedge.com/news/2014-10-10/de-dollarizing-russia-pays-down-near-record-53-billion-debt-third-quarter
(6) http://italian.ruvr.ru/2014_10_21/UE-si-rifiuta-di-revocare-le-sanzioni-a-Mosca-e-non-intende-dare-altri-soldi-a-Kiev-8752/
(7) “The Unraveling.” Foreign Affairs. 25 Oct. 2014. Web. 25 Oct. 2014 http://www.foreignaffairs.com/articles/142202/richard-n-haass/the-unraveling
(8) http://temi.repubblica.it/limes/il-trionfo-di-putin-a-belgrado/67428
(9) http://vocidallestero.blogspot.it/2014/07/orban-attacca-la-democrazia-liberale-e.html
(10) http://rt.com/business/173008-brics-bank-currency-pool/
(11) http://en.alalam.ir/news/1621056
(12) http://www.alarabiya.net/articles/2013/02/20/267257.html ; http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2012/08/201285133440424621.html
(13) http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2014-10-02/petrolio-l-arabia-saudita-dichiara-guerra-prezzi-e-brent-crolla-164943.shtml?uuid=ABZQJQzB&fromSearch
(14) http://italian.ruvr.ru/2014_10_15/Il-prezzo-del-petrolio-9705/
(15) http://rt.com/op-edge/196148-saudiarabia-oil-russia-economic-confrontation/
(16) http://www.strategic-culture.org/pview/2014/10/23/political-manipulations-with-the-price-of-oil.html
(17) Sun Tzu, L’arte della guerra, Mondadori, Milano 2003, capp. III-IV
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