La rivista tedesca “Zuerst !” pubblica alle pp. 63-64 del suo ultimo numero (2/2013), sotto il titolo Der reitende Eurasier, un’intervista del direttore di “Eurasia” sulla figura del Barone Roman von Ungern-Sternberg. Ne diamo qui di seguito la traduzione italiana.
D. – Prof. Mutti, alla fine di dicembre sono stati soprattutto dei giovani, in Russia, a celebrare l’anniversario della nascita del Barone Roman von Ungern-Sternberg, che nacque il 29 dicembre 1886 a Graz, in Austria. Che cos’è che rende così speciale questo barone austriaco, combattente volontario nell’esercito zarista?
R. – Sul luogo e sulla data di nascita del Barone Roman Fedorovic von Ungern-Sternberg i dati sono discordanti. La Grande Enciclopedia Sovietica, ad esempio, dice che egli nacque nel 1886, ma il 10 gennaio (22 gennaio secondo il calendario gregoriano); non a Graz, ma in Estonia, nell’isola di Dago (oggi Hiiumaa Saar). Versioni divergenti esistono anche sulla sua morte: nel 1938 René Guénon scriveva che Ungern non era stato fucilato dai bolscevichi, ma era morto di morte naturale; nel 1950 un giornale viennese riferiva che il Barone era stato visto che beveva uno schnaps al Mozart Café, dirimpetto all’Albertina. L’incertezza delle informazioni biografiche accentua il carattere leggendario del personaggio: col Barone Ungern-Sternberg la storia diventa mito, con una formula che sembrava quella di un epos leggendario: “Quando partivamo per andare a combattere contro il Barone…” (“Kak my na barona poshli…“). Come scriveva Jean Mabire, “Ungern è più che Ungern”. Infatti il Barone è una figura mitica; ecco perché è così “speciale”.
D. – La storia del Barone Ungern-Sternberg è anche una storia di avventura, di sacrificio e di una grandiosa idea, che quasi nessuno comprese, nemmeno all’epoca di Ungern-Sternberg. Può esporci le sue idee principali e dirci perché egli è diventato una specie di simbolo per dei giovani di oggi?
R. – Ungern Khan, che era in contatto col “Buddha Vivente” (il Hutuktu) e con alcune autorità musulmane dell’Asia centrale, sognava una rinascita dell’Impero di Gengis Khan e una guerra santa contro la corrotta Europa contemporanea che distruggesse il sistema nato dalla Rivoluzione Francese e restaurasse un ordine tradizionale in tutto il continente. Se oggi vi sono dei giovani che vedono in Ungern Khan una sorta di simbolo, ciò avviene per il semplice fatto che egli era il simbolo vivente del Dio degli Eserciti.
D. – In genere, gli storici e i giornalisti accusano Ungern-Sternberg di essere stato un signore della guerra sanguinario e antisemita. Dicono che lui e i suoi soldati terrorizzavano la popolazione. Gli stessi storici, però, si dimostrano molto comprensivi quando si tratta dei bolscevichi. Per quale motivo?
R. – Il cosiddetto “antisemitismo” del Barone Ungern Sternberg potrebbe bastare per spiegare la duplice misura applicata dai sacerdoti del pensiero unico. Ma ciò ha anche un altro motivo. Mentre il bolscevismo fu un prodotto della modernità, un fenomeno della décadence occidentale, il Barone Ungern Sternberg fu invece una sorta di epifania dell’Ira Divina. Attila, flagellum Dei, disse di sé di essere servus Dei; il caso di Ungern Khan è analogo. E’ questa la ragione fondamentale per cui l’intelligencija razionalista non può interpretare la sua figura se non in termini psicopatologici e considerarlo come “il Barone pazzo”.
D. – Se consideriamo gl’idoli dei movimenti politici di massa, vediamo una mistura in cui compaiono Nelson Mandela, Barack Obama, la popstar statunitense Madonna, personaggi che spesso emettono messaggi di natura politica (ad esempio, nel caso delle “Pussy riot” in Russia). Ungern-Sternberg non rientra affatto in questa mistura…
R. – Il Barone Ungern Sternberg non appartiene a questa serie, perché egli non è l’idolo di un movimento politico ispirato al conformismo odierno. Tra gl’idoli moderni, il moloch è il dogma dei cosiddetti “diritti umani”, mentre Ungern Khan fu un devoto, ascetico e spietato combattente al servizio della causa dei diritti divini.
D. – Ungern-Sternberg, un aristocratico austriaco che servì nell’esercito russo, combatté contro i bolscevichi e poi diventò un temuto signore della guerra in Mongolia, non rappresenta forse un “mito” che unisce idee europee ed asiatiche ?
R. – Non si tratta semplicemente di idee: la figura di Ungern Khan, l’eurasiatista a cavallo, rappresenta una comunità eurasiatica di sangue, di suolo e di spirito. Nel Genealogisches Handbuch des Adels (bearbeitet unter Aufsicht des Ausschusses fur adelsrechtliche Fragen der deutschen Adelsverbande in Gemeinschaft mit dem Deutschen Adelsarchiv, Band 4 der Gesamtreihe, Verlag von C.A. Starke, Glucksburg/Ostsee 1952, SS. 457-479) Lei può leggere che la famiglia del Barone Roman Fedorovich risale ad un capostipite ungherese, “Her Hanss v. Ungernn”, vissuto nel XIII secolo. Una leggenda collega questa origine magiara agli Unni di Attila, alleati dei Goti; secondo un’altra leggenda, la famiglia Ungern sarebbe discesa da un khan mongolo, appartenente alla famiglia di Gengis Khan, che nel XIII secolo cinse d’assedio Buda. Così, come dice Aleksandr Dugin, “nella persona di Ungern Khan, ufficiale ‘bianco’ di origine tedesca, suddito dello Zar di Russia e liberatore della Mongolia, noi possiamo vedere l’unità delle energie segrete che animarono le forme supreme della sacralità eurasiatica”.
D. – Ungern-Sternberg potrebbe essere l’eroe di un film?
R. – Il Barone Ungern-Sternberg è l’eroe di alcuni romanzi autobiografici, come quelli di Vladimir Pozner (Le mors aux dents), Berndt Krauthof (Ich befehle), Jean Mabire (Ungern, le dieu de la guerre), Renato Monteleone (Il quarantesimo orso); un altro romanzo su di lui sarà pubblicato da Pietrangelo Buttafuoco in Italia, dove il Barone è un personaggio dei fumetti di Hugo Pratt. Per quanto riguarda il cinema, nel 1942 fu Nikolaj Cerkasov a impersonare il Barone Ungern nella pellicola sovietica Ego zovut Sukhe Batur (“Si chiama Sukhe Batur”). Recentemente Andrej Kravcuk ha diretto una storia cinematografica sull’ammiraglio Kolchak; una pellicola col Barone Ungern Sternberg come protagonista avrebbe certamente un grande successo, non solo in Russia.
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