Giocando si impara, diceva Campanella, ma di preciso cosa si impara?
Immaginiamo la scena.
Un autobus carico di civili percorre una strada urbana, svoltando un angolo la telecamera inquadra due soldati della stella rossa fucilare due sospetti sovversivi di fronte agli occhi del loro giovane figlio. I due soldati, ultimata l’operazione di “pacificazione”, si allontanano con calma. I civili attoniti sull’autobus osservano il bambino correre a piangere i genitori caduti.
L’America, in piena crisi energetica, è stata invasa dalla Corea del Nord, e valenti patrioti combattono l’esercito invasore come possono.
Lo scenario descritto potrebbe essere frutto di una qualunque simulazione strategica del Pentagono, invece è il nuovo videogioco distribuito dalla famosa casa ludica THQ.
“Homefront” ( fronte di casa) vi pone nel ruolo di un combattente per la libertà ( bene inteso non un terrorista come quelli che combattono il democratico esercito USA in Iraq) che cerca di scacciare l’esercito Nord Coreano invasore.
Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha permesso ai produttori di videogiochi di sviluppare simulazioni belliche in prima persona estremamente accurate.
Le potenzialità grafiche e sonore dei nuovi computer permettono al videogiocatore di immergersi completamente nel ruolo di soldato virtuale che difende la sua nazione dalle minacce del mondo esterno ( si potrebbe quel che esiste fuori dei confini dell’impero americano”). L’elenco di videogiochi che negli ultimi anni hanno creato simulazioni con uno scenario fantapolitico piu’ o meno veritiero è lungo ed articolato. Recentemente “Call of Duty Black Ops” ha riproposto scenari di operazioni “nere” sottocopertura. Per quanto si tratti di scenari di fantasia non è difficile immedesimarsi.
L’aspetto piu’ interessante che accomuna tutti questi videogiochi è la crescente integrazione con la struttura militare industriale nazionale.
Non è la prima volta che l’industria dello spettacolo e i dipartimenti di Pubbliche Relazioni del Pentagono sviluppano relazioni durature. Dal film “Pearl Harbour” ad esempi piu’ raffinati come i serial “Army Wifes”, l’industria delle Pr militari si è adoperata per creare un pensiero positivo, tra la popolazione, in merito alle forze armate. In America ogni film ambientato in uno scenario di guerra si avvale spesso di ex militari come consulenti speciali. La funzione di consulenza in questo caso permette ai registi di ricreare, con maggior attenzione per i particolari, ambientazioni, scenari e comportamenti degli attori piu’ aderenti alla realtà. Per i consulenti militari queste opportunità offrono un accesso diretto alla creazione del film definendo pratiche e situazioni che dipingano l’agire del soldato medio eroico e positivo.
La fusione tra industria dell’intrattenimento videoludico e bellico è solo l’ultima conseguenza di questo intreccio più o meno alla luce del sole.
Viene da domandarsi quale sia il vantaggio per l’esercito americano. I vantaggi sono molteplici.
L’industria bellica americana, che ha legami indissolubili con l’esercito americano, ha necessità di avere sempre ordinativi: aerei, mezzi corazzati, navi da guerra fino alle piu’ avanzate tecnologie per il soldato medio come visori notturni, corazze intelligenti etc.. Uno dei modi migliori è influenzare indirettamente la popolazione facendo percepire come “imperativo” la partecipazione dell’esercito ad ogni impresa bellica per mantenere la pace o, molto piu’ semplicemente, l’equilibrio mondiale, di solito a favore degli USA.
Carl Schmitt sosteneva che “la guerra dell’inimicizia assoluta non conosce alcuna limitazione. Trova il suo senso e la sua legittimità proprio nella volontà di arrivare alle estreme conseguenze. La sola questione è dunque questa: esiste un nemico assoluto, e chi è in concreto? “( dal libro Teoria del partigiano).
Si evince, da questa citazione, che per mantenere unita una nazione sia necessario un nemico esterno, il catalizzatore dell’odio della popolazione.
Utilizzare i videogiochi bellici per creare un nemico virtuale mutaforma, facilmente adattabile per vestire, nella realtà, ogni nazionalità, etnia o religione è dunque una strategia sottile per creare uno stato di tensione continua in una fascia di popolazione altamente suscettibile alle influenze esterne.
Esiste inoltre la possibilità che la creazione virtuale di una tensione continua, l’abitudine ad una violenza percepita come normale, ludica, possa generare una discreta insensibilità alla sofferenza reale e possa generare una abbassamento della soglia di percezione del pericolo.
Questo mutamento della percezione tra i giovani, unita ad elementi di pressione sociale come la carenza di opportunità di lavoro nella vita civile ed un certo “fascino per la divisa” (un archetipo tribale costruito nei secoli basato sul concetto di guerriero come eroe che si eleva e compie atti sovraumani) puo’ spingere molti giovani delle classi sociali meno abbienti a trovare di sicuro interesse la vita militare.
Diventa possibile ipotizzare che i videogiochi a sfondo militare siano un ottimo strumento per l’esercito americano di migliorare l’immagine presso il cittadino comune, arruolare nuove reclute e creare un consenso generale diffuso sulla necessità di una nazione sempre in armi, pronta ad ogni sfida. Dopo tutto gli antichi romani erano soliti sostenere che “ se vuoi la pace preparati per la guerra”.
Se il lettore può percepire gli ultimi paragrafi come frutto di un ipotesi ben costruita varrebbe la pena visitare il sito http://www.americasarmy.com/.
Un videogioco sviluppato direttamente dal Pentagono che ha drasticamente aumentanto gli arruolamenti volontari nell’esercito. Il videogioco, scaricabile gratuitamente, è nei primi 10 videogiochi piu’ scaricati dalla rete. Peter Singer, il direttore del 21st Century Defense Initiative al Brookings Institution ha dichiarato che “ uno studio ha riscontrato che il gioco ha un impatto estremamente elevato sul tasso di reclutamento superiore a tutte le altre forme di comunicazione utilizzate fino ad oggi dall’esercito” .
Il videogioco permette anche un approccio di pre addestramento impossibile con altri mezzi quali la pubblicità televisiva o radiofonica.
L’integrazione dei videogiochi nella vita militare è pervasiva anche nelle piccole cose. Per esempio il sistema di controlli a distanza dei Predator ( droni aerei controllati a distanza ) sono stati creati per essere una copia fedele dei comandi di un controller della Xbox o della Playstation.
Esiste quindi un risparmio economico per l’esercito quando arruolano nuove reclute tramite i videogiochi. I nuovi arruolati che scelgono la carriera di topgun virtuali ( pilotando Predator per attacchi reali!) conoscono già i comandi e la percezione della realtà e della violenza è affievolita da anni di simulazioni virtuali.
Vale la pena fare un ultimo paragone per rendere l’idea di come i videogiochi bellici e la vita vera siano divenuti sostanzialmente la stessa cosa.
I video di seguito provengono da un videogioco e da un filmato girato dall’aviazione americana tramite la telecamera di un AH-64 Apache.
http://www.youtube.com/watch?v=q6M83iDUzUo&feature=relmfu
http://www.youtube.com/watch?v=xAscuD4loh8&playnext=1&list=PLCA5744CCA1D61C2B
Notate delle differenze?
Note
http://english.aljazeera.net/programmes/listeningpost/2010/06/201061118241212290.html
http://zeroanthropology.net/2010/04/04/100-percent-militarized-american/
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