La situazione a Bucarest peggiora di ora in ora. Il capo del governo Emil Boc ha richiamato Raed Arafat, spinto dalla proteste di piazza che sostengono il medico siro-romeno, ma le manifestazioni nel centro della capitale non accennano né ad allentarsi, né tanto meno a smettere. La serata di ieri (16 gennaio) è stata ancora molto agitata, anche se verso la tarda notte la piazza si è tranquillizzata.

Altre persone sono state arrestate e talune per possesso di arma da fuoco, che per fortuna non hanno adoperato. Vi sono stati anche altri feriti e l’Inspectoratul pentru Situatii de Urgenta (Isu) ha dichiarato il codice blu. Centinaia di studenti ieri sera (16 gennaio) sono giunti in Piata Universitatii per aggregarsi agli altri dimostranti. Ma adesso è tutta la Romania a essere in subbuglio, i manifestanti sono infatti migliaia e sono presenti in tutte le grandi città del Paese, dimostrazione – posto che ve ne fosse bisogno – che il caso Arafat non era, non è, il cuore dei malumori della popolazione romena.

Curiose alcune fotografiche, che riprendono diversi giovani ai lati dei protestatari con in mano telefoni cellulari in continuo uso: c’è chi sospetta che si tratti di operazioni premeditate ed eteroguidate. Per taluni commenatori i manifestanti violenti, a parte qualche eccezione, stanno compiendo opera di diversione e sarebbero agenti della polizia segreta, mandati tra i dimostranti pacifici appositamente per screditarli agli occhi dell’opinione pubblica.

Dal punto di vista politico non ci sono grandi novità, tranne che il Fondo Monetario Internazionale ha detto esplicitamente di non voler rinunciare alla “visita di controllo” in Romania prevista tra il 25 gennaio e il 6 febbraio, nonostante le rivolte in tutto il Paese e i malumori delle persone. Il Fmi ha detto esplicitamente, per bocca del suo commissario nel Paese carpatico, Jeffrey Franks, che i ritardi, specialmente quelli del sistema sanitario, sono uno dei maggiori problemi dell’economia del Paese e ha chiesto al governo un’immediata riforma. Vedremo se Basescu e Boc, prima di andarsene e se lo faranno, diranno l’ennesimo signorsì ai padroni delle ferriere dell’usurocrazia mondialista oppure se questi ultimi metteranno al loro posto qualche altro tirapiedi per assestare il colpo di grazia alla Romania.

D’altra parte nelle scorse un commentatore ha esplicitamente detto che il governo tutti i lunedì mattina trova sul tavolo la pappa pronta e deve solo mettere la sua firma: quale sia il cuoco della suddetta pappa non è dato sapere ma non difficile da immaginarsi…
Davanti a questo scenario, chiaro per molti versi ma assai confuso sotto diversi aspetti, è legittimo chiedersi che cosa potrebbe succedere di grave nelle prossime ore. Pare niente e già qualcuno dai mezzi di comunicazione avanza l’ipotesi che a breve le proteste si estingueranno. Oggi peraltro i telegiornali hanno mostrato eloquenti immagini di bravi e disciplinati romeni (mica quelli arrabbiati ma pacifici in piazza!) che hanno fatto la loro brava fila per pagare le tasse, che quest’anno sono aumentate del quattro percento. Code piuttosto lunghe agli sportelli, soldi in mano (quelli che restano) e facce rassegnate, mentre fuori c’è la tempesta.

La volta scorsa osservavamo che duemila persone in piazza non possono suscitare allarmi rivoluzionari, ora che sono molte di più che duemila potremmo dire la stessa cosa. Basescu, per esempio, ha dichiarato che davanti a cinque milioni (sic!) di romeni in piazza avrebbe dato le dimissioni, ma che qualche migliaio non sono significativi. A questo punto – a parte gli agenti sobillatori di qualche servizio segreto interno o estero – non più siamo così tanto sicuri. Le due attuali realtà della Romania – chi protesta e chi fa la coda per pagare le tasse al governo, che a sua vòlta le dirotterà alle banche – sono da soppesare molto attentamente: chi prevarrà? Se poi i dimostranti siano solo un conatus e quindi non ci saranno conseguenze è possible, ma al momento è ancora presto per dirlo. Quando il Fmi avrà stilato la sua sentenza di morte sulla Romania tra non molti giorni, allora avremo dati più precisi. E, purtroppo, li avrà anche il popolo romeno, il quale – e questo possiamo dirlo – si deve preparare a tempi molto duri.

 

*Luca Bistolfi è esperto di Europa orientale

 


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