Lo afferma un rapporto commissionato dai due giudici francesi titolari dell’inchiesta, Nathalie Poux e Marc Trevidic, presentato alcuni giorni fa alle parti civili.
Secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti nella prima inchiesta sull’attentato, coordinata dall’altro magistrato francese Jean-Louis Bruguiere, il velivolo sarebbe stato abbattuto da un missile sparato da alcuni guerriglieri del Fronte di Liberazione nazionale, l’esercito di liberazione tutsi guidato dall’attuale presidente ruandese Paul Kagame, appostati in una fattoria sulla collina di Masaka, a circa 3,5 chilometri dal luogo dello schianto.
Ma, in base alle nuove perizie effettuate sul posto da esperti balistici e ad alcune nuove testimonianze, questa versione non sarebbe sostenuta dai fatti: l’aereo sarebbe infatti esploso in volo e precipitato immediatamente, quindi il luogo di partenza del missile dev’essere più prossimo a quello dell’impatto.
Il nuovo rapporto individua dunque il campo militare sulla collina di Kanonbé, nei pressi del quale furono ritrovati i rottami dell’aereo, come punto di partenza del missile. Questo significa che a sparare sarebbero stati dei militari hutu ospiti della struttura, che non volevano veder applicato il trattato di Arusha e volevano accelerare la repressione della guerriglia tutsi (sostenuta dagli Stati Uniti).
Senonché, secondo la testimonianza di Paul Mugabe, che fu membro dell’alto comando delle RPF (Fronte Patriottico Ruandese), il Maggiore Generale Paul Kagame ordinò di persona l’abbattimento dell’aereo del presidente Habyarimana, allo scopo di prendere in mano in controllo del paese. Egli era pienamente consapevole che l’assassinio di Habyarimana avrebbe scatenato un genocidio contro i civili Tutsi.
Come ci ricorda Michel Chossudowsky: “Il Maggiore Generale Paul Kagame era uno strumento di Washington. La perdita di vite umane in Africa non costituì un problema. La guerra civile in Ruanda ed i massacri etnici erano parte integrante della politica estera USA, messa a punto secondo precisi obiettivi strategici ed economici. Nonostante le buone relazioni diplomatiche tra Parigi e Washington e l’apparente unità dell’alleanza militare occidentale, si trattò di una guerra non dichiarata tra Francia ed America. Attraverso il supporto delle forze ugandesi e ruandesi e l’intervento diretto nella guerra civile in Congo, Washington ha anche una responsabilità diretta per i massacri etnici compiuti nell’est del Congo, incluse varie migliaia di persone che morirono nei campi profughi. I dirigenti USA erano pienamente al corrente che una catastrofe era imminente. Infatti, quattro mesi prima del genocidio, la CIA avvertì con una lettera confidenziale il Dipartimento di Stato USA che gli accordi di Arusha sarebbero saltati e che “se le ostilità dovessero ricominciare, perderebbe la vita più di mezzo milione di persone.”
Quest’informazione fu nascosta alle Nazioni Unite: “fu solo dopo la fine del genocidio che l’informazione fu passata al Magg. Gen. Dallaire [responsabile delle forze ONU in Ruanda].”¹. L’obiettivo di Washington era di rimpiazzare la Francia, screditare il governo francese (che sosteneva il regime di Habyarimana) e stabilire un protettorato anglo-americano in Ruanda sotto l’egida del Magg. Gen. Paul Kagame.
L’operazione strategica statunitense fu poi completata mediaticamente grazie all’industria di Stato hollywoodiana, che nello scioccante film “Hotel Rwanda”, eluderà completamente le responsabilità di Washington nella destabilizzazione del paese e saluterà l’arrivo (volutamente tardivo) dei Tutsi coordinati dai militari ugandesi come l’evento salvifico.²
Oltre ad attribuire quasi completamente agli Hutu (filo-francesi) le responsabilità della guerra civile ruandese, la pellicola evidenzia altri particolari inquietanti: una cassa portata da un carrello elevatore fragorosamente cade e da essa escono centinaia di machete acquistati dalla Cina (i machete erano stati importati in realtà attraverso i normali canali commerciali).
A questo punto lo spettatore intuisce che le principali armi del genocidio provengono proprio da Pechino, maggiore concorrente economico degli Stati Uniti in Africa, mentre il direttore dell’albergo contrabbanda generi alimentari con l’ausilio di sigari cubani…
*Stefano Vernole è redattore di “Eurasia”
Note
1. Michel Chossudowsky, Gli Stati Uniti dietro al genocidio in Ruanda, Nuovi Mondi Media.
2. Nel film diretto da Terry George il veto statunitense all’ONU sul genocidio ruandese viene attribuito “ai tragici fatti della Battaglia di Mogadiscio di pochi mesi prima che avevano paralizzato la volontà americana di intervenire sullo scacchiere africano”, nascondendo perciò le reali motivazioni di Washington. Significativa la recensione del 18/04/2009 scritta da Jérémie Conde: “Hotel Rwanda è in linea con i film impegnati che il nuovo Hollywood con l’arrivo di Bush al potere tende a costruire …” www.tortillafilms.tortillapolis.org
Questo articolo è coperto da ©Copyright, per cui ne è vietata la riproduzione parziale o integrale. Per maggiori informazioni sull'informativa in relazione al diritto d'autore del sito visita Questa pagina.