Riportiamo la prefazione di S.E. l’Ambasciatore della Repubblica di Serbia presso la Repubblica italiana, Sanda Raškovic’-Ivic’, all’ultimo libro di Marialina Veca, presidente della neonata Associazione Nazionale di Amicizia italo-serba.
Prefazione
Il libro di Maria Lina Veca, “Cuore di lupo” è un romanzo che si struttura su diversi strati e che affronta, e lascia aperte, molte questioni: la questione umana, politica, etica…
Il romanzo inizia narrando la storia di un ragazzo francese affetto da un’insufficienza cardiaca e che, quindi, ha bisogno di un trapianto di cuore. In questo scenario, si svolgono parallelamente i preparativi per l’operazione, le attività semisegrete della sua madre “perfetta” e del suo padre ricco, anche se emotivamente lontano, quasi da essere considerato un ologramma, e il terrore, la paura, il sequestro e uccisioni in Kosovo e Metohija. Vengono messi a confronto l’atmosfera silenziosa e il vuoto che circondano il giovane Daniel, che deve essere sottoposto ad un trapianto del cuore, e l’intensità della paura e dell’ansia, delle condizioni disumane in cui si svolge la vita dei serbi in Kosovo e Metohija, dopo la guerra, in un clima di pace e libertà instaurato e glorificato dalla comunità internazionale. In tutto ciò, la vita andava avanti veloce, piena e rigogliosa, colma di paure, amore e ansia per i cari. Intorno a Daniel tutto, proprio tutto, ricorda le condizioni sterili da laboratorio, tranne i suoi pensieri legati al cuore dell’uomo che verrà trapiantato nel suo corpo. In questo contesto, gli eroi serbi del Kosovo nel romanzo di Veca, ossia nel Kosovo dopo guerra, lavorano in condizioni psicologicamente provanti, necessitano della scorta delle forze internazionali per poter andare a lavorare, si amano, mangiano e dormono completamente pervasi da un’ansia difficilmente controllabile. La percezione della vicinanza spaziale e delle sicurezza è completamente modificata. Il concetto della vita normale è completamente deturpato. Le pagine del libro di Veca emanano la paura e l’ansia e si percepisce il nuovo fragore delle disgrazie e dei “macelli sofisticati”. E’ noto che in Kosovo e Metohija sparirono, dalla primavera del 1998 all’inverno 2001, 1300 serbi e non albanesi. E’ fatto che i familiari dei dispersi hanno denunciato i sequestratori dei loro cari e che nessuno è mai stato arrestato. Sappiamo che molti colpevoli dei sequestri e uccisioni girano liberamente per il Kosovo, addirittura considerati come cittadini rispettati. Proprio del destino crudele che la “nuova pace” ha riservato ai sequestrati ci parla coraggiosamente il libro di Maria Lina Veca. Carla Del Ponte iniziò a denunciare alcune delle verità sul commercio degli organi umani nel suo libro “La Caccia”, in cui presentò le prove e indicò i luoghi dove furono commessi i crimini. Ancora nel lontano 2001, lavorando come Commissario per i Profughi della Repubblica di Serbia e parlando alle famiglie dei dispersi, sentii parlare dei “campi-ospedali” in Albania dove ai sequestrati venivano prelevati organi. I familiari erano a conoscenza anche dei punti di transito. Alcuni – non alti – funzionari dell’UNMIK trovarono addirittura le tracce, gli aghi vuoti con residui di priscofarmaci. Poco dopo gli stessi funzionari e i poliziotti dell’UNMIK venivano ritirati dal Kosovo e Metohija e inviati a svolgere altri compiti. Una fitta nebbia ideologica coprì il Kosovo. I nuovi, democratici governatori del Kosovo erano intoccabili, e ogni sospetto di questi crimini mostruosi, veniva interpretato come una paranoica e maliziosa insinuazione che minava le fondamenta di una delle più giovani democrazie, custodita, difesa e appoggiata, senza riserva, da coloro che insegnarono (ed esportarono) la democrazia e le cui società libere per noi rappresentavano il modello da seguire. Maria Lina Veca nel suo romanzo apre coraggiosamente la questione della libertà e del crimine, della libertà dalla coscienza, delle “libertà” che regnano in Kosovo dopo guerra. La descrizione dell’ospedale in cui ai serbi sequestrati venivano prelevati organi e inviati al “mercato” rappresenta una licenza poetica, ma non è del tutto inventata, bensì basata su tracce e prove (ben note). Purtroppo, al racconto sul commercio degli organi umani non partecipano solamente terroristi e psicopatici appartententi all’Esercito di Liberazione del Kosovo. Sono coinvolti anche medici, infermieri, e altre persone rinomate, insomma gente “perbene”. L’autrice descrive i tempi in cui l’orrore pervadeva un piccolo territorio nel cuore dell’Europa, nettamente in contrasto con il clima di pace che regnava a livello europeo.
Questo romanzo non racconta solo orrori e guerra, ma è anche la storia di un fortunato ragazzo francese che ottiene un cuore serbo, tirato con violenza da un petto che respirava ancora per le persone amate, da un corpo che ancora abbracciava e bramava gli abbracci, dove era al riparo l’anima sognante. Il ragazzo francese non visse la sua vita felice, ma fu divorato dal dubbio che si manifestò fisicamente dal continuo pericolo di rifiuto. Lo stesso titolo “Cuore di lupo” è simbolico! Ho letto da qualche parte che per la personificazione dei serbi attraverso gli animali si è scelto il lupo. Ecco perchè, anche ai propri figli, i serbi danno il nome di quest’animale. Perché sopravvivano!
Quando dico che il libro della Veca è un libro a più livelli penso anche alle paure, ai sospetti e alle riflessioni ben elaborate del paziente che deve ricevere l’organo altrui. Penso anche all’ottima descrizione dell’atmosfera della paura e dell’ansia che si respira ancora oggi in Kosovo e Metohija tra i serbi, ma anche tra tanti albanesi; penso anche alla trama ben costruita che dispone di tutti gli elementi del thriller, in cui si intrecciano i destini delle persone che non si conosceranno mai, ma i cui corpi si uniranno nella vita e morte. Penso anche al coraggio di Maria Lina Veca, che in modo romanzato, parla di un accadimento riguardo al quale è in corso l’indagine, di cui esistono le prove presso la Prefettura serba nonché relazioni presso il Consiglio d’Europa. Proprio questa dimensione fa del romanzo di Maria Lina Veca, “Cuore di lupo”, una nota storica su un tempo e su un mondo criminale che nessuna persona d’onore, per nessun motivo “superiore”, dovrebbe accettare e nascondere.
Sanda Raškovic’-Ivic’
Ambasciatore della Repubblica di Serbia presso la Repubblica di Italia
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