Tentativo di rivoluzione colorata in Venezuela

Quando c’è una guerra esistono due teatri: un teatro di guerra vero e proprio ed un teatro virtuale; ossia esiste una guerra vera e propria combattuta con le armi ed una guerra virtuale combattuta a colpi di informazioni false. La guerra virtuale, che in molti casi precede la guerra vera e propria è “combattuta” per preparare l’opinione pubblica e convincerla ad accettare la guerra (quella vera).
E’ questo uno schema ormai consolidato e sperimentato in tutte le guerre moderne e soprattutto nelle rivoluzioni colorate, sviluppate principalmente in alcuni stati post-sovietici. Nelle guerre virtuali grazie all’aiuto dei media si fabbricano “regimi repressivi” da abbattere, ossia il nemico, il governo di turno da abbattere viene mostrato dai media internazionali come profondamente disumano e repressivo nei confronti di una parte della popolazione che protesta pacificamente; il fine è giustificare un intervento esterno, una guerra contro questo regime. Repressioni inesistenti, bombardamenti fasulli contro civili inermi, fosse comuni inventate, testimoni di torture del “regime” preso di mira che spuntano come funghi, ossia tutta una serie di azioni che giustificano appunto l’intervento esterno. E’ successo ad esempio in Serbia, in Libia ed altri paesi.
In tutte le rivoluzioni colorate, i media internazionali hanno seguito questo schema, mostrando repressioni di settori della popolazione che protestava pacíficamente contro il regime di turno. Tutto inventato ovviamente. Che sta succedendo in Venezuela? Il Venezuela è interessato da un tentativo di rivoluzione colorata e quindi i media internazionali, seguendo lo schema illustrato sopra, hanno mostrato al mondo una realtà virtuale, totalmente inventata, in cui una parte della popolazione protesta pacíficamente ed il “regime”, il governo venezuelano interviene a reprimere violentemente. Media tradizionali (TV e stampa) di tutto il mondo, assieme alle reti sociali hanno mostrato una realtà venezuelana totalmente falsa: immagini di torture e repressioni di altri paesi fatte passare per fatti venezuelani o gigantesche manifestazioni di opposizione mai avvenute (1).
Quelli che per i media internazionali erano dimostranti pacifici in realtà hanno scatenato ondate di violenza, anche se circoscritte a poche zone del Venezuela. Da quando il 12 febbraio è iniziato questo tentativo di rivoluzione colorata, in Venezuela si sono contati ben 16.000 atti di violenza, con 31 morti attribuibili (alla data odierna, 19 marzo) direttamente a queste violenze ed altre persone decedute indirettamente sempre per questi atti di violenza. Queste manifestazioni violente sono rimaste circoscritte sempre e solo ad alcune zone ricche del paese; in totale sono stati interessati da atti di violenza 18 municipi su 335 esistenti, poco più del 5% del totale.

Le manifestazioni violente

Rivediamo alcuni dei principali atti violenti. Come preludio a tali manifestazioni, nello stato Tachira il 6 febbraio era stata attaccata la residenza del governatore Vielma Mora. Il governatore non era in sede, però hanno corso pericolo di vita i suoi familiari e numerosi studenti portatori di handicap, dato che nella stessa residenza funziona una scuola per studenti portatori di handicap. Gli attacchi alla residenza del governatore dello Stato Tachira ed alle forze di polizia di questo stato si sono ripetuti varie volte nei giorni successivi. Gli attacchi alle forze di polizia hanno fatto registrare un saldo di 26 poliziotti feriti.

proteste pacifiche nel tachira
Proteste “pacifiche” nel Tachira

Il 12 di febbraio si sono avuti a Caracas tre morti ed oltre sessanta feriti. Il 16 febbraio sempre a Caracas, nella zona orientale della città, nei quartieri della classe rica, è stata attaccata una stazione della metropolitana ed una linea degli autobus pubblici; sono rimasti feriti 36 operai ed un paio di centinaia di passeggeri hanno dovuto far ricorso alle cure mediche. Il 18, nella città di Valencia una manifestante di opposizione, famosa per aver vinto uno dei tanti concorsi di bellezza esistenti in Venezuela, “Miss Turismo 2013”, ha ricevuto una pallottola alla nuca, sparata sicuramente da un manifestante di opposizione che si trovava alle sue spalle ed è morta dopo essere stata trasportata in ospedale; un manifestante di opposizione, amico della defunta ha confermato a CNN che gli spari provenivano dalle loro spalle, cioè dalle fila degli stessi manifestanti di opposizione (vedasi articolo e video). Il 19 febbraio, nello Stato Bolivar un gruppo di operai che tornava da una manifestazione pacifica di appoggio al governo è stato imboscato da un francotiratore appostato su un edificio, con un saldo di un operaio morto e altri quattro feriti Il 28 febbraio a Valencia un gruppo di militari della Guardia Nazionale, che stava ripulendo una importante arteria stradale dagli ostacoli frapposti dai manifestanti, è stato imboscato da francotiratori armati, con un saldo di un militare morto e vari feriti.

Sempre a Valencia, la residenza della madre di Julio León Heredia, governatore dello stato Yaracuy è stata oggetto di un violento “cacerolazo” (manifestazione di protesta in cui si battono le pentole per fare rumore); in seguito a tale manifestazione la anziana signora ha avuto un attacco al cuore ed è deceduta; anche la residenza della ministra Nancy Pérez, sempre a Valencia, è stata attaccata da un gruppo di irregolari. A Caracas, nel quartiere di Los Ruices, abitato dalla classe media e media-alta, il 6 marzo un militare ed un motociclista sono stati imboscati da un francotiratore e sono morti sul colpo.

manifestazioni violente nel centro di caracas
Manifestazioni violente nel centro di Caracas

Ancora: un generale in ritiro, un tale Ángel Vivas ha istigato i manifestanti di opposizione ad inasprire le azioni di protesta attraverso la chiusura delle strade con un filo d’acciaio; i manifestanti rispondendo al consiglio del generale hanno sbarrato con filo d’acciaio varie strade dei quartieri bene, in differenti città. A Caracas, un motociclista, un giovane di 29 anni, che tornava dal lavoro è rimasto ucciso decapitato, non essendosi accorto del filo d’acciaio che impediva il passo; anche un bambino che andava in bicicletta, a San Cristobal, non si è accorto del filo d’acciaio che sbarrava la strada in cui stava transitando ed è rimasto ferito al volto.
Ora, il militare è ricercato per istigazione alla violenza ed è barricato in casa con numerose armi da guerra. Per il momento la polizia ha desistito dal tentativo di catturarlo per evitare una possibile tragedia.

Vivas barricato in casa con armi da guerra
Ángel Vivas barricato in casa con armi da guerra

In totale, le vettime derivate da queste manifestazioni violente sono state una sessantina, includendo coloro che sono morti per non aver potuto raggiungere in tempo un posto di soccorso a seguito di un malore o perchè medici e ambulanze chiamati per emergenza non hanno potuto soccorrere in tempo le persone bisognose di cure. L’interruzione di molte strade nei quartieri della classe alta di varie città ha determinato anche queste morti.

Innumerevoli i danni materiali occasionati da queste manifestazioni violente: centinaia di autobus del servizio pubblico incendiati, auto della polizia distrutte, danneggiati vari edifici pubblici, come il Ministero delle infrastrutture, il palazzo del Procuratore Generale, incendiata e distrutta totalmente l’Università “UNEFA” di San Cristobal, nello Stato Tachira. In totale la stima dei danni occasionati da queste manifestazioni ascende a 10 miliardi di dollari.

 

Le proteste dei ricchi alla base della rivoluzione colorata in Venezuela

Per capire cosa stia succedendo in Venezuela, del perchè di queste manifestazioni violente da parte delle classi più ricche e soprattutto per capire chi manovra i fili di queste azioni è necessaria una premessa.
Alla base della nostra società tecnologica c’è l’energia. Le principali fonti energetiche sono il petrolio, il gas, il carbone, il nucleare e le cosiddette energie alternative, che hanno ancora uno scarso peso. Petrolio e gas sono in sostanza le principali fonti energetiche. Dove sono localizzate le principali riserve di petrolio e gas?
Secondo fonti OPEC, alla data del 2012, le riserve petrolifere mondiali ammontano a 1.478,2 miliardi di barili. Oltre il 54%, ossia 798,8 miliardi di barili si trovano nei paesi del Medio Oriente. Il paese con la più grande riserva petrolífera del mondo è il Venezuela con 297,7 miliardi di barili, ossia il 20% di tutto il petrolio del mondo.
Giornalmente la domanda mondiale di petrolio è di 88,9 milioni di barili e di questi ben 18,9 milioni sono destinati agli USA, che consumano in definitiva il 21% di tutto il petrolio estratto nel mondo. Del petrolio consumato negli USA, il 75% è importato. I principali fornitori degli USA sono i paesi del Medio Oriente ed il Venezuela. Per trasportare petrolio dal medio oriente agli Stati Uniti una petroliera impiega circa 45 giorni; il petrolio venezuelano arriva negli USA in meno di 5 giorni.
Riguardo il gas l’altra importante fonte energetica, la riserva venezuelana è l’ottava a livello mondiale, dopo Russia, Iran, Qatar, Turkmenistan, Arabia Saudita, USA ed Emirati Arabi Uniti.
Anche per quel che riguarda le riserve di carbone, il Venezuela non sta messo male, essendo al dodicesimo posto a livello mondiale.
Secondo un recente studio di Business Insider sui principali paesi riserve di energia (petrolio, gas e carbone), in termini monetari le riserve energetiche del Venezuela ammontano a 34.900 miliardi di dollari attuali, in assoluto al terzo posto dopo Russia (40.700 miliardi) e Iran (35.300 miliardi).
Il Venezuela non possiede solo risorse energetiche (petrolio, gas e carbone), ma anche bauxite, da cui si estrae alluminio, coltan, oro, ferro e numerose altre risorse naturali. Per esempio l’oro, secondo un annuncio che fece lo stesso presidente Chávez, i russi attraverso i satelliti avrebbero scoperto e comunicato al mandatario venezuelano la presenza di grandi riserve di oro in Venezuela. Nello Stato Bolívar si trova la miniera d’oro “Las Cristinas”, che con le sue 500 tonnellate di oro di riserva stimate è una delle più grandi miniere d’oro del mondo, se non la più grande in assoluto.
Fin da quando si è scoperto il petrolio in Venezuela, gli USA sono intervenuti negli affari interni di questo paese. Di fatto, il Venezuela poteva ben considerarsi una repubblica delle banane, dove le potenze straniere al fine di impadronirsi delle risorse naturali, appoggiavano dittatori o governi pseudodemocratici, che in cambio dell’aiuto politico e militare per rimanere al potere, svendevano le risorse del paese. Per circa 50 anni, fino agli inizi degli anni settanta, il Venezuela è stato il principale esportatore di petrolio del mondo, petrolio praticamente regalato.
Grazie a questa enorme ricchezza di risorse naturali, nelle casse del Venezuela da circa un secolo affluiscono annualmente grandi quantità di dollari. Questa ricchezza, fino all’avvento di Chávez (nel 1999), finiva nelle tasche della ristretta oligarchia che governava il paese, con l’appoggio esterno. La maggior parte del popolo viveva in povertà e completamente abbandonata a se stessa, senza un minimo diritto all’assistenza sanitaria, all’educazione o alla pensione. E’ proprio la povertà che costrinse il popolo ad esplodere il 27 febbraio del 1989, in occasione dell’inasprimento delle politiche del governo Pérez; quella ribellione popolare fu repressa nel sangue dal governo di Carlos Andres Perez (Vedasi il “Caracazo”) e provocò in pochi giorni migliaia di morti, il cui numero esatto non è mai stato accertato.
Mentre le oligarchie dominanti vivono nel lusso, appropriandosi delle risorse del paese, la maggior parte della popolazione viveva in povertà. Nel secondo semestre del 1996, si arriva all’estremo che l’85,78% della popolazione vive in povertà e ben il 65,32% vive nella pià assoluta miseria.
Tutto questo termina con l’avvento al potere di Hugo Chávez, che dopo una fallita ribellione militare il 4 febbraio del 1992, riesce ad arrivare alla presidenza tramite la via elettorale. Con l’avvento di Chávez al potere, finisce la svendita delle risorse alle multinazionali ed agli USA. In particolare termina il periodo in cui il petrolio era letteralmente regalato, in cambio di una royalty dell’1%. Oltre ad incrementare la royalty, le multinazionali sono state obbligate anche a pagare una imposta sui guadagni. Chávez è anche l’artefice della ripresa dei prezzi del petrolio; grazie alla sua azione, la OPEC si riorganizza ed attraverso accordi sui tagli alla produzione, il prezzo del petrolio può aumentare, raggiungendo un prezzo giusto (attualmente attorno ai 100 dollari il barile).
Il governo di Chávez, grazie agli ingressi petroliferi comincia ad effettuare politiche sociali che permettono a tutti l’accesso alla sanità, all’educazione, al diritto all’abitazione, alla pensione, ovvero per la prima volta in Venezuela si attua una redistribuzione delle risorse fra tutte le classi sociali. Negli ultimi 15 anni, gli indici di povertà si sono enormemente ridotti ed oggi il Venezuela ha un reddito procapite molto vicino alla media dei paesi ricchi; nei prossimi anni Banco Mondiale e Fondo Monetario Internazionale saranno costretti ad inserire il Venezuela nella ristretta lista dei paesi ricchi (Paesi non OCSE con ingressi alti).
Ovviamente tutto ciò ha provocato malcontento nella classe oligarca, spodestata dal potere e dalla gestione delle risorse del paese. Per conseguenza, in Venezuela esiste una ristretta minoranza, la classe oligarca appunto, che si oppone con ogni mezzo al governo.
Questa classe grazie al fatto che controlla la maggior parte dei mezzi di comunicazione riesce ad influire e manipolare milioni di persone, che terminano avversando il governo. Questa classe non controlla solo i mezzi di comunicazione, ma anche importanti settori economici, come quello dell’importazione dei prodotti alimentari. Con la scoperta del petrolio, il Venezuela ha quasi abbandonato del tutto la produzione agricola ed oggi praticamente la maggior parte dei prodotti agricoli e alimentari consumati nel paese sono importati. Ricordiamo che in Venezuela esiste una economia mista, con il 70% in mano ai privati ed il 30% in mano dello stato.
Inoltre, l’alto costo del lavoro (in Venezuela c’è uno dei salari minimi più alti del continente americano) ha contribuito a fare in modo che sia più conveniente importare che produrre. Per inciso, al salario minimo sono agganciate anche le pensioni sociali, quelle più basse; salario minimo e pensioni sociali oggi sono retribuite con circa 520 dollari Usa mensili per 16 mensilità all’anno (in Venezuela la tredicesima è pagata con minimo due mensilità extra a dicembre; a luglio cè un buono vacanze, consistente in altre due mensilità extra).
Chi sono gli importatori? I grandi importatori del paese, a parte il governo che importa attraverso imprese statali, sono quegli stessi oligarchi che un tempo disponevano del potere político e che si sono arricchiti in virtù di questo potere. Grazie al fatto che controllano le importazioni, attraverso l’accaparramento, ossia la mancata immissione nel mercato dei prodotti importati, riescono a far scarseggiare i prodotti ed allo stesso tempo a farli aumentare di prezzo, creando malcontento in alcuni settori della popolazione, soprattutto fra la classe media alta. Le classi più povere e le classi medie sono abbastanza protette almeno per quel che riguarda i prodotti di prima necessità, perchè il governo importa e distribuisce questi generi attraverso tre catene di supermercati (Mercal, PDVAL e Bicentenario, quest’ultima a capitale misto in cui intervengono anche capitali esteri, in particolare francesi) diffuse ovunque, ma soprattutto nei quartieri più periferici, dove vivono le classi più povere.
Il fine di far scarseggiare i prodotti nel mercato è creare appunto malcontento nella popolazione, sperando che in questo modo si rivolti contro il governo. La classe oligarca, estromessa dal potere político, sta dunque usando ogni mezzo per riprenderselo ed è appoggiata direttamente anche dagli USA, che manovra dall’estero questo tentativo di rivoluzione colorata.

L’intromissione degli Stati Uniti in Venezuela

Gli USA sono interessati al Venezuela per vari motivi. Innanzitutto, il Venezuela è la principale riserva di petrolio del mondo; inoltre, come visto, il petrolio venezuelano si trova a soli 4 o 5 giorni di navigazione, mentre il petrolio del medio oriente per arrivare agli Stati Uniti impiega circa 45 giorni, cosa che incide enormemente sui costi di trasporto.
C’è anche un altro fattore di ordine geopolítico: gli USA stanno perdendo il controllo del mondo e forzatamente saranno costretti a ripiegare sull’America Latina, tentando di esercitare il controllo almeno su questa parte del mondo. Per poter controllare il continente americano debbono necessariamente controllare il Venezuela.
Gli USA sono ancora la prima potenza militare del mondo, però indubbiamente sono in declino. Pur avendo investito ingenti ricchezze economiche e militari per mantenere il predominio in Medio Oriente, in realtà non riescono a controllarlo. Dopo aver perso il controllo sull’Iran con la rivoluzione degli Ayatolla, pensavano di rifarsi con le guerre in Afganistan, in Iraq, in Libia e in Siria. Malgrado due decenni di guerre (dalla prima guerra del Golfo), in Oriente medio sono in atto cambiamenti che potrebbero portare pronto all’estromissione degli USA dalla regione. Le presunte guerre vittoriose in Afganistan, Iraq e Libia in realtà non hanno assicurato il controllo di questi paesi. La Siria che doveva essere una passeggiata in realtà si è rivelato un fiasco. Anche in Egitto, con la caduta di Mubarack, che pensavano di rimpiazzare con i Fratelli Musulmani, stanno perdendo il controllo con l’attuale governo egiziano che si sta riavvicinando alla Russia. Gli USA pensavano di estromettere la Russia dall’accesso al Mediterraneo, a cui potevano accedere solo attraverso una base marittima in Siria ed una Crimea, sul Mar Nero. Far cadere Siria ed Ucraina nella sfera d’influenza occidentale avrebbe appunto significato accerchiare la Russia ed estromettere le navi russe dall’accesso diretto al Mediterraneo e per conseguenza anche dallo Stertto di Ormuz, cui si arriva attrverso il Canale di Suez; ricordiamo che dall’importante Stretto di Ormuz passano ogni giorno 17 milioni di barili di petrolio, il 20% delle necessità mondiali.
Inoltre è da considerare che per gli USA comincia a vacillare anche l’amicizia storica con la famiglia Saud che controlla quella che un tempo era la principale riserva petrolífera del mondo, ossia l’Arabia Saudita. L’unico paese del mondo che prende il nome dalla famiglia che lo controlla, l’Arabia Saudita appunto, recentemente ha alzato la voce contro gli USA. Se i Saud, fino ad ora il più fedele alleato degli USA in medio Oriente, assieme ad Israele, alzano la voce è perchè sanno che gli USA stanno perdendo potere. Loro hanno petrolio e nel momento in cui gli USA smetteranno di essere potenza e non potranno acquistare le attuali quantità di petrolio, i Saud si ritroverebbero in problema. Sanno che in un futuro ormai prossimo la Cina spiazzerà gli USA e pertanto iniziano ad avvicinarsi a questa potenza in ascesa, che potrebbe diventare un loro cliente importante (Vedasi articolo, in spagnolo “Arabia Saudita si allontana dagli Stati Uniti?”).
Gli USA dunque, pur essendo ancora la principale potenza militare, sono in declino e con la crisi economica alle porte dovranno forzatamente abbandonare le loro pretese di considerarsi i padroni del mondo e ripiegare solo sul continente americano. Il Venezuela è comunque la principale riserva petrolífera del mondo per cui per gli USA si focalizzeranno sempre più su questo paese.
La vecchia oligarchia venezuelana pensava che per riprendersi il potere in Venezuela era sufficiente sbarazzarsi di Chávez. Chávez è morto di cancro il 5 marzo 2013, quindi apparentemente per cause naturali, anche se in virtù delle indagini di Eva Golinger, avvocatessa e giornalista statunitense-venezuelana, potrebbe essere stato ammazzato dalla NSA.
La Storia dovrà duqnue accertare se Chávez sia morto per un cancro “naturale” o per un cancro irradiato. Una cosa è certa: l’oligarchia era convinta che morto Chávez avrebbe ripreso il potere. Dopo aver tentato di sbarazzarsi di Chávez, durante i suoi 14 anni di governo attraverso vari tentativi di colpi di stato e sabotaggio petrolifero, con la sua morte pensava di riprendersi il potere attraverso le elezioni presidenziali dell’aprile 2013. Invece, le urna hanno dato la vittoria a Nicolas Maduro, già vicepresidente nell’ultimo Governo Chávez.
Il fatto che Nicolas Maduro abbia vinto le elezioni con solamente il 2% di vantaggio sul candidato dell’oligarchia, Henrique Capriles, ha frustrato ancora di più le classi ricche, che subito dopo le elezioni di aprile 2013, istigate dal perdente Capriles, hanno scaricato tutta la loro rabbia in atti di profonda violenza con attacchi alle sedi del partito socialista di Chávez, ad ospedali ed edifici pubblici, atti violenti che hanno provocato una dozzina di morti.
Da quel momento in poi, l’oligarchia sta tentanto con ogni mezzo di riprendersi il potere. Nell’ultimo anno, in Venezuela c’è stata a vera e propia guerra economica: oltre alla scarsità di beni, attuata con i mezzi descritti sopra, i grandi importatori e distributori hanno aumentato arbitrariamente i prezzi dei loro prodotti; ovviamente l’aumento si è ripercosso su tutta la catena distributiva; i prezzi dei prodotti non regolamentati (sono regolamentati i prezzi dei prodotti di prima necessità) sono stati portati alle stelle, impedendo a chiunque, perfino alle classi più alte di poterli acquistare; in sostanza i negozi erano pieni di merci, ma nessuno poteva acquistarli appunto per l’altissimo prezzo.
A partire da ottobre-novembre, il governo ha reagito inasprendo i controlli, che hanno effettivamente evidenziato l’altissimo aumento dei prezzi; in casi limiti, in una famosa catena di negozi di elettrodomestici, si è scoperto che ad esempio una lavatrice aveva un prezzo superiore a quello di un appartamento di lusso o a tre appartamenti popolari.
Questa guerra economica ha motivato il Parlamento ad emanare una legge che sanziona fortemente la speculazione ed ha fissato un margine di guadagno al 30%. Ovviamente fissare un margine di guadagno al 30%, quindi molto alto in comparazione al margine di guadagno esistente nei paesi sviluppati, ha subito determinato l’arrivo di grandi imprese, come Samsung e Adidas. Il primo ad arrivare è stato il colosso sudcoreano Samsung, che non solo ha deciso di vendere direttamente i propri prodotti elettronici, ma ha dichiarato che installerà una linea di produzione, che servirà non solo il mercato venezuelano, ma tutta l’America del Sud e Caraibica. La Samsung, attraverso il Venezuela membro di Mercosur ed Alba, potrà così penetrare direttamente in tutto il continente latinoamericano.
Il presidente del Venezuela, approfittando della presenza in Venezuela del presidente della multinazionale sudcoreana ha concluso un contratto per una prima fornitura di 600.000 Tablet, che saranno distribuiti gratuitamente agli studenti universitari. Fino ad ora, il governo venezuelano distribuiva gratuitamente un computer portatile a tutti gli studenti delle scuole primarie; da quest’anno anche gli studenti delle scuole superiori e delle università riceveranno il Tablet.
Mentre negli USA ed in generale in tutti i paesi occidentali, il margine di guadagno è mediamente dell’8-12%, in Venezuela si è stabilito per legge che possa arrivare fino al 30%, quindi molte imprese mondiali, si motiveranno a venire in Venezuela per vendere o produrre i propri prodotti.
In sostanza in Venezuela non esiste un problema economico; il paese continua a crescere. Per esempio, tutti i ristoranti e gli hotel sono sempre pieni; siamo ancora a Marzo, ma risulta già difficile trovare un posto libero per le vacanze estive e perfino per Natale e Capodanno; molti degli hotel a 5 stelle della catena statale Venetur non stanno effettuando più prenotazioni avendo esaurito i posti, almeno per le principali vacanze del 2014.
La classe oligarchica, comunque non si rassegna e continua nella sua azione destabilizzante nel tentativo di riprendersi il potere político. A febbraio sono riprese le manifestazioni violente su incitazione di Leopoldo López, rampollo delle famiglie López e Mendoza, due delle principali famiglie oligarche del Venezuela. Leopoldo Lopez è stato arrestato per incitazione alla violenza. Del suo arresto si è parlato ampiamente perchè in realtà l’arresto è stato effettuato anche per proteggergli la vita. Il presidente del parlamento in persona, Disodado Cabello, per tre giorni ha trattato direttamente con i genitori di Leopoldo López per convincerlo a consegnarsi alla giustizia per salvargli la vita. Come ha poi spiegato lo stesso presidente della Repubblica, Nicolas Maduro, i Sevizi di Intelligenza hanno scoperto un piano, orchestrato a Miami, per scatenare la guerra civile in Venezuela e proprio Leopoldo López, uno dei principali esponenti dell’opposizone doveva essere la vittima sacrificale. Il piano, rivelato dallo stesso presidente Maduro era il seguente: Leopoldo López incitava alla violenza che puntualmente esplodeva in Venezuela; la magistratura venezuelana ovviamente, non poteva fare altro che emettere un ordine di cattura; nel frattempo López era assassinato da un gruppo paramilitare, facendo ricadere la colpa sugli ambienti vicini al governo per scatenare una vera e propria guerra civile nel paese. Per evitare il suo assassinio e scongiurare lo scatenarsi di questa possibile guerra civile, si è mosso in prima persona il presidente del parlamento. Ovviamente, con l’arresto di Leopoldo López non cessa il pericolo di un colpo di stato in Venezuela.

Il piano per realizzare il colpo di stato in Venezuela

L’oligarchia venezuelana e l’oligarchia statunitense non si rassegnano e pertanto tenteranno continuamente di spodestare Maduro e la cosiddetta rivoluzione bolivariana, attraverso un colpo di stato o meglio una rivoluzione colorata. Come visto sopra, l’oligarchia statunitense ha la necessità di controllare políticamente il Venezuela sia per potersi appropriare del petrolio e delle risorse venezuelane, sia per poter controllare l’intero continente latinoamericano; se cade Venezuela, ossia se il Venezuela ritorna nella sfera d’influenza degli USA, a rotazione cadranno tutti gli altri paesi del continente che se ne sono allontanati, in virtù dell’esempio e dell’aiuto venezuelano.
L’obiettivo dell’oligarchia è dunque quello di riprendersi il potere político in Venezuela. In che modo? Qual è il piano? La risposta viene dal filosofo, político e scrittore statunitense Gene Sharp, alla cui filosofía si ispirano tutte le rivoluzioni colorate.
Per il filosofo statunitense, autore di vari saggi tra cui “Politica dell’azione non violenta”, “La via della non-violenza” e “Dalla dittatura alla democrazia”, le guerre tradizionali corpo a corpo, non sono più efficaci e tra l’altro implicano alti costi economici, come le costose operazioni belliche in Afganistan e Iraq.
Sharp invece delle guerre tradizionali per abbattere un nemico, un governo indica una serie di azioni che vanno dall’indebolimento del governo stesso fino alla frattura istituzionale. Individua ben 198 metodi per abbattere un governo mediante colpi di stato morbidi, anche se in definitiva la strategia di Sharp può riassumersi in cinque passi.
Il primo passo è promuovere azioni non violente per generare nella società un clima di opposizione al governo; a tal fine si effettuano denunce di corruzione, di intrighi, diffusione di rumori, di notizie false, completamente inventate; il tutto, appunto per creare un clima di opposizione al governo di turno preso di mira.
Il secondo passo consiste nello sviluppare una intensa campagna d’informazione in “difesa della libertà di stampa e dei diritti umani”. Azioni tendenti appunto a far apparire che nel paese preso di mira il governo reprima la libertà di stampa e violi sistemáticamente i diritti umani. In Venezuela si è arrivati ad inventare che il Governo al fine di reprimere la libertà di stampa abbia impedito la importazione di carta, impedendo in questo modo addirittura la stampa del giornale di opposizione. Ovviamente è del tutto falso. In Venezuela non esiste alcuna repressione della libertà di stampa e meno che meno violazione dei diritti umani. Se qualcuno si avvicina ad una edicola venezuelana può facilmente darsi conto che l’80% o più della stampa, in mano all’oligarchia del paese, scrive liberamente tutto quello che gli pare contro il governo.
Col terzo passo si arriva alla lotta attiva per le rivendicazioni politiche e sociali; si arriva anche alla manipolazione collettiva affinchè sempre più persone vengano coinvolte in manifestazioni violente.
Col quarto passo si arriva ad operazioni di guerra psicológica e destabilizzazione del Governo, creando un clima di ingovernabilità.
Alla fine e siamo al quinto passo di questa strategia, l’obiettivo diventa la rinuncia del Presidente di turno, mediante rivolte di strada. Parallelamente, mentre si scatena una vera e propria guerra civile e si ottiene l’isolamento internazionale del paese, si prepara il terreno per un intervento militare esterno.
Tutti i passi descritti sono stati puntualmente eseguiti in Venezuela, ma il piano è fallito perchè gli oppositori non sono riusciti ad arrivare al quinto ed ultimo punto.
Dal lato interno, l’opposizione non è riuscita a scatenare la guerra civile vera e propria e dal lato esterno non è riuscita a far isolare internazionalmente il Venezuela.
La stragrande maggioranza della popolazione, con cifre superiori al 90% stando ad alcuni sondaggi, ha rinnegato le azioni violente e per conseguenza la possibilità di farsi trascinare in una guerra civile. Ovviamente in tali cifre rientrano non solo chi appoggia il governo, ma anche la maggioranza di chi políticamente non lo condivide. Il fatto è che in Venezuela non si è mai stati così bene come in questi ultimi anni: le classi più umili, un tempo povere ed emarginate oggi vedono comunque soddisfatti i bisogni fondamentali, come la possibilità di ottenere una casa dignitosa, l’accesso ai servizi sanitari, l’accesso all’educazione fino ai più alti gradi, la possibilità di fare una vacanza, ecc.. Le classi medie e medie-alte, professionisti, impresari e lavoratori autonomi non hanno mai guadagnato tanti soldi come in questi ultimi anni ed anche se magari avversano politicamente il governo sanno che avventurarsi in campi di battaglia violenti, come accaduto in Libia, Serbia ed altri paesi significa poter perdere tutto, anche la vita e quindi hanno rigettato il progetto dell’oligarchia.
Sul piano internazionale, il Venezuela prima dell’avvento di Chavez, era totalmente sconoisciuto alla maggior parte delle persone del mondo, oggi ha relazioni di stima con la maggior parte dei paesi. Lo dimostra il fatto che lo scorso anno, per il funerale di Chavez arrivarono oltre sessanta capi di stato o di governo; quest’anno in occasione dell’anniversario della sua morte erano presenti una dozzina di capi di stato o di governo e decine di delegazioni ad alto livello. I principali esponenti dell’opposizione hanno tentato in tutti i modi di far condannare il Venezuela per le presunte violazioni dei diritti umani, in tutte le istanze internazionali senza riuscire nemmeno ad attivare il dibattito sulla situazione del paese in ambito OEA (l’Organizzazione degli Stati Americani, per la sua sigla in spagnolo). In questa istanza internazionale, la proposta di dibattito richiesta dalla deputata di opposizione Maria Corina Macchado è stata rigettata dalla stragrande maggioranza degli stati, ottenendo il voto favorevole solamente di USA, Canada e Panama, paese quest’ultimo con cui il Venezuela ha rotto le relazioni diplomatiche qualche tempo fa. Al contrario, il Venezuela ha ottenuto solidarietà ed appoggio morale da tutti i massimi esponenti degli altri paesi del continente, inclusi quelli che hanno posizioni vicine agli stati Uniti, come Colombia o Cile.
Per il momento dunque il tentativo di rivoluzione colorata o colpo di stato è fallito, ma sicuramente l’oligarchia non si darà per vinta e continuerà a tentare il golpe in altre occasioni.

Note

1) A titolo di esempio vedasi seguenti articoli in cui si smentiscono immagini attribuite alla repressione in Venezuela: http://www.voltairenet.org/article182259.html e http://albaciudad.org/wp/index.php/2014/02/la-primavera-photoshop-medios-y-tuiteros-opositores-utilizan-decenas-de-imagenes-de-represion-policial-en-otros-paises-para-alegar-que-ocurren-en-venezuela/


Questo articolo è coperto da ©Copyright, per cui ne è vietata la riproduzione parziale o integrale. Per maggiori informazioni sull'informativa in relazione al diritto d'autore del sito visita Questa pagina.