Le relazioni intercorse fra Colombia e Venezuela negli ultimi tre anni sono state caratterizzate da forti contrasti e incidenti più o meni gravi che hanno condotto al congelamento quasi completo dei rapporti commerciali nel corso del 2009, oltre che alla rottura totale di quelli diplomatici consumatasi il 22 luglio scorso. Il cattivo stato delle relazioni bilaterali si rispecchiava perfettamente nella profonda avversione che provavano mutuamente i due capi di stato: Uribe e Chávez.
Durante i primi mesi del 2010 hanno continuato a soffiare venti di guerra sul confine colombo-venezuelano ma dopo l’arrivo del neopresidente Santos a “La Casa de Nariño” pare che le cose siano cambiate; i rapporti con Chávez sembra siano migliorati e le due diplomazie stanno cercando di appianare le divergenze attraverso il dialogo e non lo scontro. Anche se ad oggi la situazione non si può definire normalizzata completamente, per lo meno nelle ultime settimane si è assistito ad un tentativo di distensione e riappacificazione.
LE CAUSE DELLA CATTIVA CONDIZIONE DELLE RELAZIONI BILATERALI COLOMBO-VENEZUELANE
Senza dubbio sono molteplici le motivazioni che hanno prodotto il deterioramento dei rapporti politico-commerciali fra Colombia e Venezuela e che hanno condotto il governo bolivariano a sancire la rottura delle relazioni diplomatiche il 22 luglio del 2010. Anche se la decisione ufficiale del governo venezuelano è arrivata dopo che, durante una riunione dell’OEA, i membri della delegazione colombiana presenti al meeting avevano proceduto per l’ennesima volta ad accusare pubblicamente il proprio vicino di ospitare alcune basi della guerriglia di sinistra (FARC-EP e ELN); di fatto, questo evento ha rappresentato solo l’acme di una controversia che andava avanti già da alcuni anni.
L’ultimo stadio quindi di un confronto duro fra Colombia e Venezuela che aveva conosciuto varie tappe e che si era alimentato soprattutto dell’inimicizia reciproca e della forte componente di personalismo impressa alla politica estera dai rispettivi capi di stato: Uribe e Chávez.
La situazione in realtà era già precipitata giusto un anno prima, nel luglio 2009, quando il settimanale colombiano Cambio pubblicò un reportage nell’edizione numero 835 della rivista (1). L’articolo in questione dal suggestivo titolo “Los enviados del Péntagono” informava della volontà del governo di Uribe di procedere alla negoziazione e sottoscrizione di un nuovo accordo militare con gli USA che avrebbe concesso l’uso di ulteriori sette basi militari colombiane (fra le quali quella di Palanquero) a Washington. Un nuovo accordo che secondo alcuni analisti e rappresentanti di ONG sanciva un’erosione della sovranità territoriale colombiana (2).
Ma l’aspetto più interessante della vicenda fu la scoperta e la pubblicazione dopo alcuni mesi da parte di un altro organo di informazione colombiano, il quotidiano Semana (3), di un documento ufficiale del Department of the Air Force degli USA, datato maggio 2009 e inviato al Congresso americano. Nel documento si faceva riferimento alla necessità di Washington di utilizzare una base militare in Colombia e precisamente quella di Palanquero come punto nodale per il dispiegamento della Global Defence Posture Startegy degli USA e, cito testualmente:”Palanquero provides an opportunity for conducting full spectrum operations throughout South America including CN missions…Establishing a Cooperative Security Location (CSL) at Palanquero best supports the COCOM’S Theater Posture Startegy…Development of this CSL providesa unique opportunità for full spectrum operations in a critical sub region of our emisphere where security and stability is under constant threat from narcotics dunded terrorists insurgencies, anti-US governments,… ”(4). Il governo colombiano si affrettò a smentire la possibilità che avesse anche solo implicitamente dato il permesso a che terzi usassero basi situate sul proprio territorio nazionale per attaccare i paesi vicini.
Le reazioni delle cancellerie dell’America Latina non si fecero attendere e quella di Chávez fu la più contundente, arrivando a denunciare l’eventualità della ratifica dell’accordo come una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti del Venezuela. Quando fra l’ottobre e il novembre del 2009 le diplomazie di Colombia e USA procedettero alla negoziazione e firma del nuovo trattato, il governo bolivariano del Venezuela procedette al congelamento delle relazioni con la Colombia. Questa misura era già stata adottata da Chávez nel novembre del 2007 anche se in maniera limitata, dato che era stata adottata come mera rappresaglia commerciale. Una sorta di embargo sui prodotti provenienti dal vicino colombiano che nel corso degli ultimi due anni ha inciso negativamente sull’interscambio fra i due paesi, ma che alla lunga si è rivelata un’arma a doppio taglio per Caracas considerato che ha contribuito a peggiorare la situazione economica interna del Venezuela; dove hanno iniziato a scarseggiare i beni di prima necessità (alimentari) e a soffrire di razionamenti dell’energia e del carburante.
Dalla seconda metà del 2009 la situazione è precipitata, caratterizzata da un susseguirsi di schermaglie verbali rappresaglie commerciali oltre che di movimenti di truppe al confine. Da un lato Uribe e il governo colombiano hanno continuato ad accusare con ancor più veemenza il governo venezuelano di coinvolgimento in questioni di politica interna colombiana, attraverso l’appoggio logistico più o meno esplicito alle FARC e l’ELN. Dall’altro, Chávez, sventolando lo spauracchio dell’imperialismo americano, ha proseguito nell’accusare Uribe e il suo esecutivo di essere totalmente asserviti ai voleri di Washington compromettendo in tal modo la stabilità dell’America Latina.
Appare chiaro come la questione dell’andamento dei rapporti bilaterali colombo-venezuelani non dipenda unicamente dalla qualità delle interrelazioni sulla linea Bogotá-Caracas, ma coinvolga necessariamente anche la posizione degli Stati Uniti d’America: il convitato di pietra al tavolo delle trattative fra i due paesi latinoamericani.
I risultati delle elezioni presidenziali colombiane celebratesi lo scorso giugno, sancendo la vittoria del candidato uribista Santos avevano fatto temere che le relazioni con Caracas sarebbero proseguite sugli stessi difficili binari sui quali avevano viaggiato durante l’ultima presidenza di Uribe. I recenti avvenimenti verificatisi nello scorso agosto hanno parzialmente smentito queste fosche previsioni, dato che sia il nuovo mandatario colombiano sia lo stesso Chávez hanno manifestato la disponibilità a ricostruire i rapporti su nuove e più costruttive basi.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Il 10 agosto 2010, dopo più di venti giorni di rottura totale, i capi di stato di Colombia e Venezuela hanno proceduto a ristabilire le relazioni diplomatiche bilaterali. Chávez e Santos hanno celebrato l’evento in un sito carico di simbologia: nella Quinta de San Pedro Alejandrino a Santa Marta, il luogo dove morì Simon Bolivar. Entrambi i leader sudamericani hanno ribadito la ferma volontà dei rispettivi paesi di ricondurre alla normalità la situazione e di procedere il più rapidamente possibile verso l’instaurazione di proficui rapporti economici e politici. Un primo passo avanti verso la normalizzazione è rappresentato dalla creazione di cinque commissioni bilaterali chiamate a confrontarsi su temi economici e di sicurezza alla frontiera comune.
Nelle apparizioni in pubblico avvenute dopo il 7 agosto, giorno dell’investitura ufficiale del presidente Santos, il presidente Chávez ha sempre utilizzato toni concilianti riferendosi al suo omologo; un cambio di 180 gradi rispetto a quelli belligeranti utilizzati durante i primi mesi del 2010, quando in Colombia infuriava la campagna elettorale per le elezioni presidenziali. Soprattutto in merito alla questione attorno alla quale ha ruotato la discordia fra i due paesi: l’appoggio alla guerriglia (FARC-EP, ELN) che per il governo colombiano significava appoggio al terrorismo e al narcotraffico, oltre che indebita ingerenza nelle questioni di politica interna. Chávez è stato molto chiarosu questa tema, dichiarando: “el gobierno venezolano que yo dirijo ni apoya, ni permite, ni permitirá la presencia de guerrilla, ni terrorismo, ni narcotráfico en territorio venezolano y mucho menos que alguien diga que yo apoyo a la guerrilla o al terrorismo o cómo se llame, esa es una infamia(5)”.
Dal canto suo, Santos lodando la buona volontà del suo omologo venezuelano ha dato l’impressione di privilegiare un aspetto in particolare delle relazioni diplomatiche bilaterali; ha infatti spesso sottolineato, al pari di altri membri dell’esecutivo o dell’establishment politico-economico colombiano, la necessità di procedere a tappe forzate a ricucire le relazioni commerciali e di centrarsi soprattutto sulle questioni economiche che interessano i due paesi.
Le questioni politiche sembra siano rimaste al margine degli interventi pubblici del neo presidente colombiano, anche se lo stesso Santos ha più volte ribadito che il suo governo e la Colombia quindi, non rappresentano assolutamente una minaccia per la stabilità politica in America Latina e soprattutto per l’integrità territoriale dei paesi confinanti verso i quali ha agito e agirà nel rispetto del diritto internazionale e del principio di non ingerenza.
Ci ha pensato la Corte Costituzionale colombiana a riportare al centro dell’attenzione la questione politico-diplomatico che più sta cuore al presidente venezuelano e che rappresenta il nodo gordiano nelle relazioni bilaterali: il nuovo trattato militare fra Colombia e USA. L’alto organo giurisdizionale ha sancito l’invalidità del trattato stipulato fra il governo colombiano e quello statunitense nell’ottobre del 2009. La motivazione addotta riguarda la necessità secondo il dettato costituzionale colombiano che sia il potere legislativo e non quello esecutivo a procedere alla ratifica di un simile accordo internazionale. Il governo presieduto da Santos ha preso atto della decisione della corte e sta studiando le eventuali procedure da mettere in moto il processo di ratifica, ch al momento risulta sospeso.
CONCLUSIONE – POSSIBILI SVILUPPI
L’incontro presidenziale del 10 agosto 2010 a Santa Marta fra Chávez e Santos ha ufficialmente ricondotto le relazioni bilaterali nell’alveo di un confronto improntato al dialogo e alla collaborazione.
Come è possibile che il giudizio di Chavez su Santos che solo alcuni mesi prima delle elezioni presidenziali in Colombia (marzo e aprile 2010) riteneva essere un lacchè al servizio dell’imperialismo americano, sia cambiato così radicalmente. Ricordo infatti che in più occasioni nel corso della campagna elettorale colombiana, il leader venezuelano aveva criticato il candidato uribista Santos, arrivando a definirlo una minaccia per la sicurezza e la pace in America Latina. “Santos es una amenaza…como presidente podría generar una guerra en esta parte del mundo, cumpliendo además instrucciones de los yanquis(6)”.
E come valutare poi il comportamento di Santos: da colomba come presidente della repubblica, pronto a tendere la mano a colui (Chávez) che fino a poco tempo prima era visto come il peggior nemico della Colombia più delle stesse FARC; da falco come ministro della difesa del secondo governo Uribe (2006-2009), essendo stato il sostenitore più risoluto della mano dura contro la guerriglia di sinistra: decidendo il bombardamento di accampamenti delle FARC in Ecuador e violando la sovranità territoriale della stessa Venezuela attraverso incursioni militari alla ricerca di accampamenti della guerriglia nella selva al confine fra i due paesi.
Sulla base di queste schizofreniche premesse sfido chiunque a tentare di prevedere le prossime mosse dei due leader sudamericani, anche perché nessun analista aveva previsto che dopo l’insediamento di Santos lo scorso 7 agosto, Colombia e Venezuela si sarebbero sedute così rapidamente al tavolo delle trattative nel tentativo di ricomporre le proprie divergenze. A mio parere tutto ruota attorno al destino delle relazioni fra Colombia e USA e soprattutto alla questione riguardante l’entrata in vigore del nuovo accordo militare che permetterebbe alle forze armate statunitensi di completare il riposizionamento strategico delle proprie forze in un’area geopolitica molto delicata per i propri interessi.
In questo caso a Santos non rimangono che due alternative. La prima opzione prevede la possibilità di riannodare i fili della diplomazia con la Repubblica Bolivariana di Venezuela e tentare di coltivare una politica di buon vicinato in America Latina; decidendo di rimettere nel cassetto il nuovo e tanto discusso trattato militare con il governo degli USA, semplicemente non sottoponendolo all’approvazione del parlamento. Bisogna ricordare che la sottoscrizione di questo accordo non aveva provocato solo la rottura delle relazioni bilaterali con il Venezuela ma aveva generato malcontento in altre cancellerie latinoamericane. Il presidente e il ministro degli esteri brasiliani avevano avanzato aspre critiche nei confronti dell’atteggiamento colombiano e anche in Cile e Argentina l’accordo aveva sollevato preoccupazioni e perplessità tanto che sia l’allora presidenta cilena Bachelet che la stessa Cristina Fernandez avevano manifestato la propria insofferenza. Considerato ciò, la scelta di non procedere alla ratifica del nuovo trattato rappresenterebbe un buon biglietto da visita per il neopresidente colombiano nel nuovo scenario geopolitico latinoamericano. Peraltro la strada della riconciliazione sembra già in parte essere stata imboccata dall’esecutivo presieduto da Santos, come dimostra il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con l’Ecuador. Oltre tutto la via della normalizzazione dei rapporti con i propri vicini rappresenterebbe anche e sopratutto un ottimo stimolo per l’economia colombiana e dell’intera regione perché rilancerebbe il tema dell’integrazione e dell’interdipendenza nel subcontinente americano. Infatti, all’interno di organizzazioni regionali come MERCOSUR o CAN (tralasciamo l’ALBA che per la sua natura ideologica ha caratteristiche escludenti) si fa strada l’idea di riproporre in America Latina un modello di organismo sovranazionale simile alla UE. L’affrancamento da posizioni troppo sfacciatamente pro-USA da parte del governo colombiano gioverebbe al perseguimento di questo obiettivo.
La seconda possibilità percorribile per Santos risiede nel proseguire nel processo di approvazione e ratifica del nuovo accordo e scegliere di rappresentare ora più che mai la testa di ponte degli USA nel subcontinente; complicando ulteriormente la già delicata situazione geopolitica in America Latina e contribuendo a polarizzare ulteriormente la regione in due schieramenti: pro o contro USA. Da una parte Colombia Messico e Perù, dall’altra l’ala izquierdista del continente latinoamericano, Venezuela Ecuador e Bolivia. Questa condotta da parte del governo colombiano porterebbe a inimicarsi anche il Brasile di Lula, vera potenza regionale, che però è chiamato nei prossimi mesi a scegliere il nuovo presidente con chance importanti per il candidato di centrodestra. Quindi, dopo la vittoria delle destre in Cile e Honduras (anche se per una via golpista) e l’avvicinamento alle posizioni statunitensi del Costarica presieduto dalla progressista Laura Chinchilla e soprattutto in vista di una possibile virata su posizioni più conservatrici di altri governi sudamericani, Santos potrebbe propendere per una politica più aggressiva nei confronti dei governi di sinistra e antimperialisti per chiudere in un angolo il Venezuela che è considerato come la guida del socialismo del XXI secolo.
* Vincenzo Quagliariello è dottore in Scienze internazionali e diplomatiche (Università L’Orientale di Napoli)
NOTE
1. Sul sito internet del periodico colombiano “Cambio” è possibile consultare l’articolo al seguente indirizzo internet:
http://www.cambio.com.co/portadacambio/835/ARTICULO-WEB-NOTA_INTERIOR_CAMBIO-5569679.html
2. Il testo integrale del “Supplemental Agreement for Cooperation and Technical Assistance in Defense and Security Between the Governments of The United States of America and the Republic of Colombia” è consultabile al seguente indirizzo:
3. L’ articolo è apparso sul sito della testata on-line Semana il 31 ottobre 2009 ed è reperibile al seguente indirizzo:
http://semana.com/noticias-nacion/yankees-welcome/130763.aspx
4. Il documento del US Department of Air Force è reperibile al seguente indirizzo:
http://www.justf.org/files/primarydocs/091104pal.pdf
5. Cfr AnsaLatina.com:
http://ansa.it/ansalatina/notizie/notiziari/colombia/20100811034035127100.html
6. Cfr: trascrizione del programma nº 356 “Aló Presidente” del 25 aprile del 2010 http://www.alopresidente.gob.ve/Materia_Alo/25/7153/?desc=356alopresidentemunicipio_m.pdf
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