Il dibattito su una maggiore autonomia del Veneto genera risvolti interessanti nello scacchiere geopolitico dell’Europa centro-meridionale. L’area del Veneto fin dalla tarda antichità ha sempre svolto per quest’area specifica il ruolo di porta d’Oriente, sia per via della sua posizione geografica, sia per il suo antichissimo retaggio culturale. Facendo esclusivamente riferimento alla laguna di Venezia e stando ad alcune ricerche condotte già a partire dagli anni ’70 dall’Università di Ferrara, possiamo osservare come essa fosse abitata fin dal VI millennio avanti Cristo, in virtù della struttura lagunare che favoriva lo sviluppo di insediamenti umani attorno ad attività quali la caccia e la pesca. L’attività tradizionale della laguna, il commercio marittimo, ebbe inizio fin dall’era preromana, quando, sebbene non abbiamo oggi indicazioni della presenza di grosse aree portuali in quell’area nel periodo preso in esame, la laguna costituì comunque un centro di scambi tra le popolazioni greche ed etrusche(1).
Tale ruolo di ponte tra il mondo latino e il mondo greco e, più in generale, gli imperi medio-orientali, proseguì anche in età romana. A quei tempi, il Veneto ospitava due centri commerciali che quasi con certezza possono essere considerati di notevole importanza, come Chioggia e Altino(2), aree dove numerosi sono stati i ritrovamenti che hanno permesso di ricostruire la biografia dell’area. Il legame di Venezia con l’Oriente d’Europa fu consacrato con la prammatica sanzione di Giustiniano del 554, che inglobò il Veneto nell’ambito dei territori dell’Impero Romano d’Oriente, facendo riferimento all’esarca di Ravenna. La costituzione del primo nucleo abitato che poi portò alla nascita di Venezia fa riferimento a un evento traumatico. L’invasione dei Longobardi del 568 spinse infatti, come nel 452 ai tempi della calata degli Unni, gli abitanti degli stanziamenti romani dei centri urbani a cercare la salvezza nello spazio lagunare(3).
L’evento va considerato significativo, poiché produsse una rottura di carattere culturale e antropologico tra l’area di Venezia e quella dell’entroterra veneto. Si delineò infatti una demarcazione tra due identità differenti: quella dell’area del Veneto interno, che subì le incursioni e lo stanziamento di bellicose popolazioni eurasiatiche quali Unni e Longobardi e che conservò un carattere agricolo, e quella dell’area lagunare, che permanendo all’interno dell’esarcato preservò la propria identità romana e che successivamente si specializzò nelle attività commerciali. Della ricchezza e della potenza di Venezia nel basso medioevo e in epoca rinascimentale sarebbe superfluo trattare in questa sede. Ciò che interessa però mostrare è, in virtù della specificità veneziana prima sottolineata, come il carattere commerciale di Venezia la portò, dopo la vittoria nella battaglia di Chioggia del 1380, ad aprirsi a nuove rotte: da un lato quelle aperte dalle crociate come il Levante, la Siria e Cipro, dall’altro Venezia divenne centro di scambi della nascente borghesia commerciale e finanziaria europea che si muoveva tra l’Inghilterra, i Paesi Bassi e Bruges(4). Le attività finanziarie subirono un’espansione in ragione della decisione del Maggior Consiglio del 1382 di consentire agli ebrei, in maggior parte ashkenaziti e residenti in città fin dal IX secolo, di concedere prestiti in denaro(5). In virtù di queste premesse si può comunque tranquillamente affermare che, insieme alle città della Toscana come Firenze o Siena e alle città commerciali del Nord Europa, Venezia rappresentò uno dei primi centri irradiatori di quella borghesia commerciale e dedita ad attività finanziarie che diede l’avvio alla transizione da un modello di società feudale e tradizionale alla società protocapitalista.
Lo scenario mutò radicalmente nel XVI secolo, quando la Lega di Cambrai riunita attorno al Papato e al Sacro Romano Impero sconfisse Venezia nella battaglia di Agnadello del 1509, sancendo l’inizio del declino della potenza commerciale e finanziaria della Laguna. Fu un momento storico decisivo per Venezia, che fu caratterizzato, a riprova di una doppia identità veneta che si rivelava non solo sull’asse tra laguna ed entroterra ma anche su quello tra oligarchia e popolo, da una reazione popolare e del clero contro le precedenti politiche delle oligarchie economiche cittadine. Dopo Agnadello nulla fu come prima. Il Doge Leonardo Loredan aveva dichiarato che la sconfitta era il risultato di un castigo divino per la superbia dei veneziani e dal 1512 erano state introdotte leggi per limitare il consumo di beni di lusso(6) e il declino colpì anche la finanza ebraica cittadina. Nel 1516 infatti il Maggior Consiglio sancì il trasferimento della comunità ebraica all’interno di un ghetto, sotto le insistenze dei francescani, che chiedevano la loro espulsione totale dalla città(5). Lo scrittore russo-spagnolo Daniel Estulin afferma, invero senza un corredo di fonti autorevole, che la borghesia finanziaria veneziana dopo Agnadello trasferì gran parte delle proprie attività verso l’Inghilterra, dove ebbe un ruolo importante nello sviluppo della finanza locale(7). Permane comunque il fatto che l’integrazione socio-culturale tra Venezia e il Veneto, ebbe un’accelerazione proprio a partire dal XVI secolo, quando il patriziato veneziano iniziò a investire a sua volta in attività agricole nell’entroterra, dismettendo molte attività commerciali(8).
Tuttavia, sempre nell’ottica di quella doppia personalità di cui abbiamo già detto, le caratteristiche commerciali e borghesi di Venezia e la sua tradizione di centro finanziario con legami aperti al mondo anglosassone dovettero in qualche modo restare presenti se, già nel 1730, appena tredici anni dopo la nascita formale della massoneria eterodossa moderna, nella città lagunare si diffondevano le prime logge, le quali godevano di relazioni internazionali e furono fondate principalmente da soggetti inglesi e protestanti(9). Il carattere “progressista” di Venezia rispetto al resto del Veneto, è comunque presente in qualche modo anche ai giorni nostri, tanto è vero che Venezia, abitualmente amministrata da governi locali di centrosinistra, non fa parte della lista dei 181 comuni della Regione che, e qui arriviamo al cuore della nostra trattazione. hanno deciso di appoggiare le istanze indipendentiste(10). Da un punto di vista dell’impatto politico, tale assenza ha un peso importante nel determinare la credibilità del sentimento, che però, poggiando su quella che abbiamo definito come la seconda identità veneta, quella fortemente legata alle radici locali, non è del tutto liquidabile come folkloristico. Inoltre, anche le storiche relazioni con l’Oriente d’Europa sono cruciali per comprendere quelle che potrebbero essere le dinamiche in vista di un futuro sviluppo dei movimenti indipendentisti. A differenza di iniziative del passato, cariche appunto di folklore ma spesso poco incisive, il mutato scenario fa infatti sì che tali sentimenti di autonomia abbiano oggi una chiara prospettiva anche in senso geopolitico. Per fare un esempio, molto risalto a livello mediatico ha avuto l’iniziativa di Pleibiscito.eu, un’organizzazione che ha lanciato il referendum online tenutosi dal 16 al 21 marzo del 2014, il quale, pur avendo un mero carattere propagandistico, ebbe eco notevole a livello internazionale, ad esempio da parte dei media russi(11). Giova d’altro canto sottolineare come comunque la chiave geopolitica di tale atto non fosse ignorata dall’organizzazione se Gianluca Busato, imprenditore e presidente del comitato, nello scorso mese di dicembre ha avuto modo di dichiarare che “il Veneto debba mettere a frutto il grande cambiamento geopolitico già in atto tra Occidente e Oriente”(12).
Più concreta, per lo meno in termini formali, è l’iniziativa intrapresa dal movimento “Indipendenza Veneta”, nato nel maggio del 2012 e la cui storia merita di essere riassunta. Il 22 dello stesso mese, il movimento consegnava nelle mani del Governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, circa 20.000 firme a sostegno di una petizione popolare per l’indizione di un referendum sull’indipendenza del Veneto. Nell’agosto dello stesso anno, Zaia rispondeva con una lettera,riferendo che la petizione sarebbe stata esaminata dalla Presidenza del Consiglio Regionale. Gli eventi hanno subito un’accelerazione improvvisa il 6 ottobre del 2012, con la convocazione, da parte del movimento indipendentista, di una manifestazione di fronte alla sede della Regione, per raccogliere le firme a sostegno della Risoluzione n.44 del 2012, di iniziativa popolare e successivamente protocollata per una discussione in una seduta straordinaria richiesta da 42 dei 60 consiglieri regionali. La Risoluzione è stata approvata il 28 novembre del 2012. Nel febbraio 2013 Indipendenza Veneta ha presentato al Consiglio Regionale una delibera referendaria di iniziativa popolare che richiedeva l’indizione, da parte dell’Ente regionale, del referendum per l’indipendenza. La Regione tuttavia, ha rinviato il 30 luglio del 2013 la votazione sull’indizione del referendum a data da destinarsi. Il 1 aprile del 2014 La commissione Affari istituzionali del Consiglio Regionale del Veneto, ha approvato il progetto per la legge 342 sul referendum per l’indipendenza e lo ha reinoltrato al Consiglio che ne ha votato l’approvazione il 12 giugno 2014. Il referendum a questo punto è divenuto legge regionale(13). Successivamente la Regione ha aperto un conto corrente per sostenere le spese elettorali sul quale versare le donazioni(14).
Il Governo italiano ha osteggiato l’iniziativa, avanzando richiesta alla Consulta Costituzionale di esprimersi sulla legittimità della legge regionale che ha indetto il referendum. Secondo un documento ufficiale riportato dal quotidiano online affaritaliani.it poco prima di Natale, la questione sarà presa in esame a partire da un’udienza che si terrà il 28 aprile 2015(15). Le problematiche giuridiche, che qui non prendiamo in esame, di un’eventuale scissione del Veneto del resto hanno anche un retroterra geopolitico. Basti pensare che sul territorio veneto sono presenti ben 19 centri e basi militari tra Nato e statunitensi, tra cui il quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane stanziate in Italia, in Turchia (forze queste cruciali nell’ottica delle criticità siriane) e in Grecia di Camp Ederle e la base Nato per le forze di terra di tutto il Sud Europa di Verona(16). Un’uscita del Veneto dalla Repubblica Italiana avrebbe come ovvia e primaria conseguenza quella di una ridiscussione degli impegni presi negli anni dallo Stato italiano, incluse le permanenze nell’Unione Europea e nella Nato.
Considerazione importante da fare in tal senso è che un partito storicamente forte nella Regione, la Lega Nord, ha recentemente adottato una propaganda filorussa di opposizione alle recenti posizioni della Nato, siglando un’alleanza con il partito Russia Unita(17). Non solo, ma lo stesso Governatore, Luca Zaia, si è recato nel mese di novembre alla Duma per incontrare il vice primo ministro, Arkady Dvorkovich per discutere delle sanzioni applicate dai Paesi europei, incontro avvenuto secondo la stampa italiana in aperta violazione di un parere contrario del Ministero degli Esteri(18). Questa situazione apre scenari interessanti perché, se da un lato il percorso verso l’indipendenza va incontro all’avversione delle istituzioni centrali e dello stesso capoluogo regionale, lo scenario è favorevole affinché, in virtù di una concreta “minaccia” sul piano geopolitico, esso possa essere utilizzato quantomeno per ottenere un regime di maggiore autonomia per la Regione, come richiesto anche dallo stesso governatore Zaia(19). E’ infatti del tutto evidente che, se anche queste istanze fossero disattese, anche e soprattutto in luce dell’attuale crisi economica italiana, sentimenti identitari e indipendentisti ne uscirebbero rafforzati.
1.http://www.archeosub.it/articoli/laguna/lgnprst.htm
2.http://www.archeosub.it/articoli/laguna/lgnrmn.htm
3.cfr. L.Gatto, La grande storia del Medioevo, Newton Compton Editori, 2012, ISBN 885414410X, 9788854144101
4.C.P.Kindleberger, I primi del mondo. Come nasce e come muore l’egemonia delle grandi potenze, Donzelli Editore, 2003, ISBN 8879897527, 9788879897525, pag.81
5.D.Simonis – R.Romano – A.Schwarz – E.Prandi, Venezia, EDT srl, 2008, ISBN 8860402735, 9788860402738, pag.95
6.M.G.Muzzarelli – A.Campanini, Disciplinare il lusso: la legislazione suntuaria in Italia e in Europa tra Medioevo ed Età moderna, Carocci, 2003, ISBN 8843026291, 9788843026296, pag.49
7.cfr. D.Estulin, Il club Bilderberg. La storia segreta dei padroni del mondo, Arianna Editrice, 2011, ISBN 8865880473, 9788865880470. N.B. Si tenga presente della natura giornalistica e lacunosa del testo, per lo meno sul fronte documentale.
8.M.D’Innella, Venezia e il Veneto, Touring Editore, 1999, ISBN 8836514650, 9788836514656, pag.20
9.G.Cantarutti – S.Ferrari, Illuminismo e protestantesimo, Franco Angeli, 2010, ISBN 8856829320, 9788856829327, pag.43
10.http://www.indipendenzaveneta.com/comuni-virtuosi/comuni-supportano-il-referendum-per-lindipendenza.html
11.http://espresso.repubblica.it/opinioni/vetro-soffiato/2014/09/23/news/ora-torna-l-amore-per-le-piccole-patrie-1.181375
12.http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/03/21/news/veneto-il-referendum-fuffa-che-piace-ai-russi-1.157983
13.http://www.plebiscito.eu/wp-content/uploads/2014/12/comunicatoV3_PBeu-310×194.jpg 14. http://www.indipendenzaveneta.com/cronologia/convegno-a-castelbrando.-autodeterminazione-la-via-istituzionale-per-l%E2%80%99indipendenza-del-veneto.html
14.http://www.indipendenzaveneta.com/news/2014/09/30/apertocontocorrente/
15.http://www.affaritaliani.it/politica/veneto-consulta2312.html
16.http://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2012/05/02/news/l-elenco-delle-servitu-militari-1.42767
17.http://milano.corriere.it/notizie/politica/14_ottobre_17/fine-summit-salvini-beve-caffe-putin-22da8a3c-561e-11e4-8d72-a992ad018e37.shtml
18.http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2014/27-novembre-2014/zaia-rientro-viaggio-russiarispetto-le-nostre-imprese-230622592101.shtml
19.http://www.regioni.it/news/2015/01/09/riforme-zaia-a-parlamentari-fare-veneto-a-statuto-speciale-383117/
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