Fonte: “Indika”
Spetta a Francesco Brunello Zanitti aprire la rassegna di letture consigliate per le feste di Natale che Indika ha deciso di promuovere in questa fine d’anno. Dalla saggistica, alla narrativa saranno diversi i contributi letterari presentati e proposti all’interno di “Un libro…per le feste”, veri e propri spunti di lettura che non si limitano ad un semplice consiglio, ma che si accompagnano a recensioni e approfondimenti da parte di altrettanti specialisti ed esperti di Asia e di India . Un regalo che Indika fa a tutti i suoi lettori e affezionati. Il primo libro a dare voce a questo appuntamento è di Vincenzo Mungo, giornalista professionista, che lavora attualmente per il Giornale radio della RAI come capo-servizio della redazione esteri, oltre ad essere consigliere dell’Istituto per gli Affari Internazionali. L’opera è edita da Edizioni all’Insegna del Veltro, Parma, 2010, pp. 208, Euro 20,00.
Da alcuni anni la crescita economica dell’India sta attirando l’attenzione di studiosi e analisti, contemporanea al sempre più importante ruolo assunto a livello politico ed economico dalla Cina. Malgrado il paese asiatico presenti numerose contraddizioni e problematiche interne, Nuova Delhi potrebbe aumentare il proprio peso politico a livello internazionale. Alcuni analisti, osservando l’ascesa della Cina e dell’India, hanno messo in evidenza il possibile inizio dell’epoca post-atlantica o post-colombiana nella quale Nuova Delhi e Pechino potrebbero tornare ad essere centri di potere a livello mondiale, come nel XVII secolo, quando erano potenze imperiali economicamente e militarmente superiori all’Europa.
Il libro di Vincenzo Mungo “La sfida dell’India. Nascita di una superpotenza?”, considerando il ritorno del Subcontinente come area determinante per il futuro globale, pone un giusto interrogativo. Nuova Delhi potrà effettivamente diventare una superpotenza? Si tratta di una riflessione necessaria per capire, in un’epoca caratterizzata dal declino occidentale, quali sfide l’India dovrà affrontare per trasformarsi in quel centro di potere che ambisce ad essere.
Per rispondere a questa domanda il volume presenta nella prima parte alcuni aspetti storici del paese al fine di comprendere la realtà indiana contemporanea, iniziando dalla prima grande rivolta contro il colonialismo britannico, la big mutiny del 1857-58. L’India oggi è senza dubbio un paese ufficialmente indipendente dal punto di vista formale. Ma come giustamente sottolinea Mungo, è necessario comprendere se effettivamente l’India sia oggi indipendente dal punto di vista sostanziale e se lo sarà in futuro, facendo riferimento all’assalto dei poteri economici mondiali e della globalizzazione. L’indipendenza effettiva appare un requisito base affinché uno Stato possa diventare una superpotenza. L’analisi storica aiuta efficacemente a comprendere l’India contemporanea, attraverso la considerazione delle diverse forze politiche e sociali che hanno portato all’indipendenza del paese. Vengono analizzati il ruolo assunto dai primi movimenti autonomisti e dal partito del Congresso, ma anche l’azione dei movimenti nazionalisti indù, così come quelli musulmani. Unitamente all’analisi dell’importante ruolo assunto dal Mahatma Gandhi, il saggio presenta altre visioni che presero forza durante il periodo, come ad esempio quelle di uno dei più importanti esponenti del nazionalismo rivoluzionario, Balwantrao Gangadhra Tilak, oppure il pensiero politico di Chandra Bose, maggiore interprete del nazionalismo radicale. In seguito, vengono analizzate le vicende storiche dell’India indipendente: più di trent’anni contraddistinti dal dominio incontrastato da parte del Congresso, contrapposti a una seconda fase, iniziata negli anni ’90, quando il Bharatiya Janata Party conquista per la prima volta la guida del governo.
Nella seconda parte del volume è considerata la situazione socio-economica dell’India a partire dall’indipendenza del 1947 fino all’attuale fase di grande crescita. In sostanza, la difficile fase post-unitaria ha visto il governo indiano ricercare delle riforme adatte alla crescita del paese impoverito dal colonialismo, fino ad arrivare all’espansione economica degli ultimi anni, mantenendo allo stesso tempo le strutture sociali tradizionali. Le fondamenta socio-culturali dell’India sono rimaste intatte con alcune modifiche, sebbene dal punto di vista politico esista un apparato sostanzialmente liberale e democratico simile a quello occidentale che non riconosce il sistema castale.
Malgrado la comune percezione che la crescita economica di un paese comporti come conseguenza inevitabile e necessaria l’emergere di un modello sociale e culturale di tipo occidentale, il caso indiano, ben spiegato da Mungo, dimostra i limiti di questa considerazione. E’ evidente che alcuni aspetti della globalizzazione abbiano modificato considerevolmente la società indiana, se si pensa ad esempio ai centri urbani del paese. Allo stesso tempo, però, esiste una gran parte dell’India che a livello culturale e sociale non è stata toccata da questo cambiamento. Esemplificativa in tal senso è la presentazione nel saggio di Mungo dell’odierno fondamentale ruolo delle caste nella struttura sociale: corpi intermedi tra cittadini e Stato, non ufficialmente riconosciuti dalla legge, ma che hanno tuttavia una grande importanza negli equilibri sociali di un popoloso paese come l’India. Il sistema castale a livello politico ha permesso la scarsa penetrazione del pensiero marxista, poiché questo, basandosi sul concetto di lotta tra classi, non ha fatto presa su un sistema che tende a differenziare gruppi divisi tra loro per appartenenza ad un determinato insieme “familiare-professionale” gerarchicamente organizzato, piuttosto che a un universo economicamente sfruttato. Il sistema castale si è oggi trasformato in una sorta di “neocorporativismo” capace di garantire alcuni equilibri sociali, mantenendo allo stesso tempo alcuni aspetti negativi.
Il gruppo castale, fondato in un certo senso sul vincolo parentale e familiare, appare contrario all’individualismo. La casta spesso protegge il singolo dal totale isolamento, anche di tipo economico, in base a un dovere di aiuto per l’appartenenza alla medesima “famiglia”. E’ evidente che il venir meno improvviso di tale sistema con l’adozione di un modello di stampo occidentale, fondato maggiormente sui criteri del neocapitalismo, potrebbe comportare il crollo di secolari equilibri sociali con conseguenze negative. La crescita economica è forse più lenta rispetto a quella cinese, ma l’India avanza grazie a un sistema misto, nel quale assieme a politiche di liberalizzazione e a un regime democratico, permangono un forte intervento statale e il sistema sociale basato sulle caste. In questo contesto è presentata nel saggio di Mungo l’interessante tesi secondo la quale il sistema castale non comporti degli ostacoli alla crescita economica del paese, nonostante alcuni evidenti aspetti vessatori di tale organismo, la povertà di larghi strati della popolazione indiana, la perdurante crisi dell’agricoltura. Molteplici problematiche portano infatti l’India ad essere solamente il 134° paese nella graduatoria dell’Indice di sviluppo umano.
In ogni caso, un aspetto importante, ricordato nel saggio di Mungo, è il fatto che lo sviluppo economico di un paese deve necessariamente avvenire mediante la considerazione della cultura locale, senza sconvolgere in maniera affrettata sistemi sociali consolidatisi nel tempo, al fine di evitare tensioni e forme di “neocolonialismo” mediante imposizione di modelli provenienti dall’esterno. E’ ovvio che non tutti i sistemi di una determinata cultura possano essere condivisibili, come certi aspetti del sistema castale, o possano mantenersi costantemente uguali nel tempo; è altrettanto vero però che è sempre necessario considerare la cultura di un determinato luogo: le ricette globali che non tengano conto delle condizioni locali e particolari sono destinate al fallimento o al generare gravi squilibri sociali. In sostanza è questa la sfida maggiore che l’India dovrà affrontare, presentata dal libro di Vincenzo Mungo. L’interrogativo se il paese asiatico effettivamente riuscirà a diventare una superpotenza può trovare una risposta affermativa nel caso in cui l’India riuscirà a mantenersi di fatto indipendente dal processo di globalizzazione in atto, con il permanere della propria cultura specifica. A parere dell’autore, opinione condivisibile, l’India sta vincendo la sua sfida perché sta crescendo mantenendo alcune sue peculiarità. Sebbene il “paese legale” s’ispira a modelli liberal-democratici di tipo occidentale, accettando formalmente il neocapitalismo, esiste un “paese reale” dove sono vivi gli aspetti tipici della cultura indiana: permane il sistema castale, cambiato e modernizzato. La struttura familiare è diversa rispetto a quella occidentale, l’individualismo è meno marcato e il matrimonio rimane uno degli elementi base della vita di un indiano. Il ruolo della donna all’interno della famiglia è rispettato, ma è quello fondamentalmente di madre e custode della casa nell’ambito di una struttura strettamente patriarcale che prevede l’endogamia collegata al sistema castale; è necessario comunque evitare generalizzazioni poiché bisogna ricordare la presenza di altre minoranze religiose che adottano sistemi diversi, così come gli avvenuti cambiamenti degli ultimi anni, sia per i matrimoni combinati non universalmente accettati sia per il ruolo assunto dalla donna in ambito lavorativo, soprattutto nei grandi centri urbani, o nella politica (Indira Gandhi divenne primo ministro già nel 1966, a differenza di molti paesi occidentali); ma non sono certamente da dimenticare anche alcuni aspetti di violenza e oppressione verso l’universo femminile in parte della società indiana, principalmente nelle aree rurali. Malgrado l’India sia ufficialmente una repubblica laica, la religione e la spiritualità rappresentano un elemento fondamentale della quotidianità indiana, riscontrabile in gesti, azioni e pensieri collegati alla costante percezione della presenza divina in diversi ambiti (lavorativi, scolastici, ecc.) che nella nostra società occidentale non trovano spazio. Il materialismo e il consumismo potrebbero trovare considerevoli ostacoli in India, dove la spiritualità, non necessariamente solo di matrice indù, è preponderante.
Esistono però altre sfide per l’eventuale nascita della superpotenza indiana. La prima riguarda la povertà; nonostante la crescita costante del PIL, lo sviluppo tecnologico-scientifico e il valore delle università indiane riconosciuto a livello internazionale, una potenza è effettivamente tale se la sua popolazione interna riesce ad avere un minimo sostentamento materiale, prevenendo aiuti economici dall’estero. La seconda sfida riguarda le problematiche di carattere politico interno (rivolte naxalite, autonomismo del nord-est, estremismo religioso, frammentazione statale, Kashmir, ecc.), le quali vedono attualmente Nuova Delhi vincente, ma che non sono certamente da sottovalutare. La terza questione concerne l’effetiva indipendenza dell’India a livello geopolitico in una fase in cui il paese sta mantenendo una politica sostanzialmente bilanciata tra diversi poteri, al fine di diventare una potenza autonoma garante della stabilità asiatica.
La lettura dunque di “La sfida dell’India. Nascita di una superpotenza?” è fondamentale per considerare delle chiavi di lettura diverse che descrivono l’attuale crescita del paese asiatico. Vi sono diverse sfide, il futuro dell’India non è sicuramente roseo come può apparire dai soli dati economici, ma esistono tutte le potenzialità affinché le diverse prove possano essere superate; in questo modo l’India potrà effettivamente diventare una superpotenza, ma potenzialmente anche un modello alternativo al sistema globale uniformante.
(di Francesco Brunello Zanitti)
Francesco Brunello Zanitti, laureato in Storia della società e della cultura contemporanea (Università di Trieste). Ricercatore dell’IsaG (Istituto di alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie) per l’area Asia Meridionale, è autore del libro Progetti di egemonia (Edizioni all’Insegna del Veltro, Parma 2011).
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