Il collasso della globalizzazione neoliberale
Il casinò globale in cui il mercato finanziario deregolamentato è degenerato, deve essere chiuso una volta per tutte. Non c’è dubbio che questo obiettivo possa essere raggiunto solo dall’azione comune degli stati come attori principali della politica internazionale e, per questo, garanti dell’ordine globale. Solo passi audaci, intrapresi di comune accordo, verso una regolazione responsabile della finanza, renderanno possibile la fondazione di ciò che i membri delle Nazioni Unite avevano immaginato, cioè un nuovo ordine mondiale equo come sistema di relazioni internazionali all’interno del quale, tutte le nazioni possano guidare le proprie politiche economiche ed essere coinvolte negli scambi economici, sulla base di uguali sovranità.
Quel “buco” che inghiotte popoli e stati
Nel breve periodo e nella contingenza drammatica che stiamo vivendo, ovviamente, si mira a tamponare, a tagliare, a risparmiare, a recuperare. Qualche analista, e in modo trasversale alle categorie di destra e sinistra, comincia tuttavia a mettere in discussione l’intera impalcatura che regge quella che è denominata “la truffa del debito”. Pazzie? Teorie visionarie? Be’, se i lucidi, razionali e ortodossi analisti economici ci hanno portato sin qui, forse vale la pena di tentare la carta della follia...
Avevamo visto giusto: vanno all'attaco dell'oro dell'Italia
Romano Prodi scrive al Sole24ore e propone come soluzione alla crisi gli EuroUnionBond (Eb)!
L’attualità di Friedrich List
Uno dei più attenti e lucidi osservatori dell'inarrestabile crescita economica statunitense scaturita dalla Rivoluzione Americana fu senza ombra di dubbio lo studioso tedesco Friedrich List. List insegna a comprendere come l’unipolarismo imperniato sugli Stati Uniti abbia prodotto numerosi attriti tra gruppi di dominanti che hanno aperto una serie di faglie spesso coincidenti con i confini delle singole nazioni. L’odierna fase capitalistica consacra infatti il ruolo centrale dello Stato, unica entità in grado di attingere alle proprie risorse per ergersi a punta di lancia delle forze strategiche garanti degli interessi corrispondenti a quelli nazionali.
L’energia nell’Artico: geopolitica tra i ghiacci
Tra i ghiacci del Mar Glaciale Artico si sta giocando una partita geopolitica molto importante. La corsa agli approvvigionamenti energetici passa per il Polo Nord, la cui calotta è contesa tra gli Stati che vi si affacciano. Le stime prevedono riserve molto ricche di idrocarburi, ma al tempo stesso ammoniscono del rischio ambientale e delle difficoltà tecnologiche per esplorazione e produzione di petrolio e gas. L’energia è ancora una volta il motore per il dialogo diplomatico tra paesi, più lontani in termini politici che in termini geografici. Il giacimento di Shtokman e gli instabili dialoghi tra British Petroleum e Rosneft ne sono prova.
D. Scalea sul debito pubblico italiano a Class CNBC e IRIB
Il nostro redattore Daniele Scalea, segretario scientifico dell'IsAG e saggista (autore de La sfida totale e co-autore con Pietro Longo di Capire le rivolte arabe), negli ultimi giorni è stato invitato a commentare la crisi del debito pubblico italiano presso la rete televisiva Class CNBC e quella radiofonica Radio Italia (IRIB). Riportiamo di seguito le trascrizioni d'entrambi i suoi interventi.
La droga, strumento geopolitico degli USA
Da ormai molti anni si è a conoscenza dell’enorme spesa della Difesa nordamericana (che rappresenta il 50% del totale del bilancio della difesa nel...
Morire per il debito?
Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, il socialista francese Marcel Deat si chiedeva se valesse la pena “morire per Danzica”. Parafrasando le sue parole, oggi gl'Italiani dovrebbero domandarsi se valga la pena “morire per il debito”. Perché la sorte che si profila per il nostro paese è tutt'altro che rosea. A meno di prendere scelte coraggiose che possono cambiare il corso della nostra storia...
La geopolitica dell'energia virtuale
La geopolitica dell’energia viene tradotta sempre più come battaglia sui prezzi, sugli approvvigionamenti, sulle vie di trasporto, sugli attori e gli Stati coinvolti. Tuttavia, può anche divenire il motore di una cooperazione indispensabile tra paesi non necessariamente inclini alla collaborazione. L’esame di Kurmangazy, un caso particolare, poco studiato e di importanza relativamente bassa per i mercati, può forse aiutare a leggere le dinamiche energetiche con maggiore oggettività, evitando l’influenza dei pregiudizi causati dalle contingenze.
E se non pagassimo il debito?
Esiste ormai in Europa una corrente di pensiero (vedi il libro “Les dettes illégitimes” di François Chesnais) che arriva addirittura a proporre il non rimborso del debito a certe condizioni. Un esempio di non pagamento del debito, con ri-negoziazione con i creditori, spiega ancora l’economista francese, è quanto realizzato nel 2007 dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa. Cose da terzo mondo, si dirà, ma la Grecia non ha dimostrato che la situazione in Europa può essere analoga e che quindi il problema non può essere eluso? Anche perché come si può pensare davvero di rientrare da un debito del 120% per Pil senza annientare il nostro Paese?