Eric Walberg
Postmodern Imperialism. Geopolitics and the Grat Games
Clarity Press Inc.
Atlanta, GA 3035, USA 2011
$17.95
ISBN: 9780-9833539-3-5 300 pp.
Postmodern Imperialism. Geopolitics and the Great Games, un’analisi affascinante e radicalmente nuova dell’offensiva imperialista che ha prima travolto il mondo, in ondate successive fra il XIX e XX secolo, e che sta oggi volgendo precipitosamente al termine.
L’espressione “Grande Gioco” è stata coniata nel XIX secolo e riflette il cinismo di statisti (e storici) non coinvolti personalmente nel caos da essi stessi creato. Essa indicava la rivalità fra Russia e Inghilterra, avente ad oggetto gli interessi in India. In realtà l’Inghilterra era impegnata a spiegare il suo gioco mortale su tutta l’Eurasia, dai Balcani e dalla Palestina sino alla Cina e al Sud-Est asiatico, indebolendo e dividendo stati “premoderni”, distruggendo le vite di centinaia di milioni di persone, con effetti che perdurano ancora oggi.
Radicata nell’illuminismo europeo, plasmata dalla cultura ebraica e da quella cristiana, economicamente fondata sul capitalismo industriale, la competizione intra-imperialistica ha reso l’intero globo zona di conflitto, non lasciando alcun territorio neutrale.
Il cataclisma della I Guerra Mondiale interruppe la prima parte del “gioco”, ma non segnò la definitiva conclusione dello stesso. Walberg riesuma la parola proibita “imperialismo” per analizzare attentamente tale fenomeno del quale – pur se formalmente ripudiato – si continua attualmente a seguire la logica e a causare gli stessi terribili costi umani. Ciò che l’autore definisce il II Grande Gioco comincia successivamente, con l’America che riunisce i suoi precedenti rivali imperiali in un gioco ancora più implacabile, finalizzato a distruggere il comune nemico rivoluzionario e potenziale nemesi: il comunismo. Avendo “vinto” questo gioco, l’America assieme al nuovo attore Israele – un prodotto dei primi giochi – ha cercato di fare un’unica trincea di quello che Walberg definisce “un impero e mezzo” nel campo di gioco ormai globale, avvalendosi di un’agenda neoliberale sostenuta dal dominio rapido (shock and awe).Con tratti agili e decisi, Walberg dipinge lo scontro fra dominazione e resistenza nel quadro globale, dove l’imperialismo combatte i suoi grandi sfidanti, comunismo ed islam, i quali ne costituiscono l’antidoto secolare e religioso.
Paul Atwood (War and Empire: The American Way of Life) ha definito l’opera una “epica correttiva”. Secondo Pepe Escobar (giornalista di Asia Times) si tratta di una “road map attentamente argomentata e, soprattutto, ‘cliché-distruttiva’ ”. A detta di John Bell (Capitalism and the Dialectic) essa è rigorosamente documentata e costituisce una “preziosa risorsa per capire come funziona l’imperialismo ed animare il dibattito sulla stessa teoria dell’imperialismo”.
Specializzato in Economia presso l’Università di Toronto, e successivamente a Cambridge, Walberg ha anche studiato e lavorato nell’allora Unione Sovietica, vivendone il collasso, e successivamente in Uzbekistan; attualmente scrive per il principale quotidiano del Cairo: Al Ahram.
Noto a livello internazionale come giornalista specializzato in Medio Oriente, Centro Asia e Russia, il suo proposito è quello di decostruire le tradizionali analisi occidentali con la loro pregiudiziale eurocentrica e di mostrare il XX secolo per come è stato vissuto dalle vittime dei giochi imperiali, più che non dai presunti vincitori, e di fornire al lettore gli strumenti necessari ad analizzare il gioco attuale nella sua evoluzione.
Walberg contribuisce regolarmente a Counterpunch, Dissident Voice, Global Research, Al-Jazeerah and Turkish Weekly ed è commentatore per l’emittente televisiva RT e quella radiofonica Voice of the Cape. I suoi articoli sono scritti generalmente in lingua russa e tradotti in spagnolo, italiano, tedesco e arabo e sono reperibili presso il suo sito web ericwalberg.com. Walberg ha fatto da moderatore e relatore al Leaders of Change Summit (http://www.istanbulwpf.org/) presso Istanbul nel 2011.
(Traduzione a cura di Giacomo Guarini)
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