A distanza di più di due anni dal terremoto, che ha causato oltre 300 mila vittime e un milione di sfollati, la ricostruzione di Haiti è partita davvero? Dall’autunno scorso, con il nuovo governo guidato da Gary Conille, si sono registrati dei tentativi di rilancio economico del Paese, grazie agli investimenti di diverse multinazionali. Tuttavia, ci si chiede se gli ingenti aiuti umanitari finora investiti non sarebbero bastati per consentire la ripresa del Paese? E, mentre emergono dati inquietanti sui fondi, il colera ha decimato gran parte della popolazione haitiana. Quest’ultima ha manifestato in più occasioni la propria insofferenza nei riguardi delle forze militari dell’UNSTAMIH: infatti, l’attuale svolgimento della missione è stato messo in discussione dalle denunce di violenze e abusi commessi da alcuni militari.
 
 

La ricostruzione haitiana

Nell’ottobre 2011, Gary Conille ha assunto l’incarico di Primo Ministro di Haiti, a distanza di cinque mesi dall’elezione di Michel Martelly come Presidente della Repubblica. Già aiutante dell’ex Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, annunciando l’impegno di garantire una crescita economica annua del 9%, Conille ha considerato la propria elezione come “un segnale al mondo che l’isola è pronta per aprirsi al mercato e che gli haitiani devono mettere da parte le divisioni e fare l’interesse della gente”. E, a proposito di apertura al mercato, soltanto alcuni mesi dopo, è stata annunciata la costruzione del Parque Industrial Caracol nella zona settentrionale di Haiti: si tratta di un polo industriale che dovrebbe consentire la creazione di almeno 20 mila posti di lavoro, un’enormità per il Paese haitiano, dove la disoccupazione tocca livelli minimi. Una delle principali compagnie che ha investito nella zona è l’azienda sudcoreana Sae-A Trading, ma certamente, grazie alle nuove prospettive commerciali dell’isola, è molto probabile che non sarà l’unica a farlo. L’attuale situazione economica ancora “vergine” del Paese ha stimolato l’interesse di varie multinazionali, come Air Canada e Marriott Hotels & Resorts: proprio quest’ultima ha annunciato l’investimento di 45 milioni di dollari per la costruzione di una struttura alberghiera, considerata come fondamentale per la capitale haitiana, Port-au-Prince, la quale consentirà di creare nuovi posti di lavoro. [1]

Una speculazione sugli aiuti umanitari?

Al di là degli investimenti delle multinazionali, la situazione del Paese resta indubbiamente critica: il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) ha informato che sono necessari 24 milioni di dollari per i bisogni umanitari immediati nel 2012, mentre ulteriori 30 milioni saranno necessari per l’assistenza allo sviluppo nel lungo periodo. A due anni dal devastante terremoto che ha colpito Haiti, il bilancio è sconcertante: gli sfollati che vivono sotto le tende sono ancora 600 mila e, a causa dell’epidemia di colera, oltre 6 mila persone sono morte e 515 mila ammalate. Si tratta di cifre impressionanti anche considerando la grande mobilitazione internazionale avvenuta a seguito del terremoto: per quanto riguarda i fondi promessi dalla Comunità Internazionale, soltanto il 40% è finora giunto a destinazione! Tuttavia, secondo un rapporto dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID), le persone che vivrebbero nelle tendopoli sarebbero soltanto poche migliaia a fronte delle oltre 650 mila dichiarate dall’attuale governo haitiano. Questa incredibile differenza fra i precedenti dati, secondo i cittadini haitiani, trova giustificazione in un tentativo del governo locale, finalizzato a speculare sugli aiuti umanitari giunti dopo il terremoto. [2]

ONU – Haiti: fra il colera…

Ad aggravare l’attuale realtà dell’isola, è la questione sorta fra la popolazione haitiana e i noti “caschi blu”: per le strade di Port-au-Prince, migliaia di persone sono scese chiedendo un risarcimento alle forze militari dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), in quanto colpevoli di aver portato nel Paese il virus del colera. Almeno 7 mila haitiani sono morti a causa della sua diffusione, causata senza grossi dubbi dall’errato smaltimento dei rifiuti organici del contingente nepalese presente sull’isola. Da parte sua, l’ONU ha informato che, nonostante sia plausibile il modo con cui si è scatenata l’epidemia di colera, non esistono prove scientifiche certe a riguardo.
Va ricordato che, proprio in seguito alla propagazione del virus, nell’estate del 2011, l’ONU aveva lanciato un appello per fermare il rimpatrio degli haitiani: l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR) avevano richiesto congiuntamente che gli altri Paesi del continente americano prorogassero, per ragioni umanitarie, i permessi di soggiorno concessi alle persone evacuate da Haiti a causa del sisma.

…e gli abusi e le violenze

Giunte a Haiti nel 2004, dopo il terremoto del 2010, le unità militari della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite a Haiti (UNSTAMIH) sono state rafforzate con l’aggiunta di diverse migliaia di elementi. Tuttavia, nel settembre 2011, il Senato della Repubblica di Haiti ha approvato un decreto in cui è richiesto il ritiro delle truppe dell’ONU dal Paese, che dovrebbe avvenire entro tre anni dal 2012. Oltre alla vicenda dell’epidemia del colera, questa scelta è dovuta ai recenti casi di abusi sessuali sulla popolazione haitiana perpetrati da alcuni militari dell’ONU: l’ultimo caso noto è quello verificatosi nel giugno 2011, riguardante alcuni soldati del contingente uruguayano, i quali avrebbero abusato sessualmente di un giovane. Tuttavia, altri due episodi di violenze hanno scosso l’ONU: uno sarebbe avvenuto a Port-au-Prince e l’altro a Gonaïves: in entrambi i casi, le vittime sarebbero state dei minori haitiani. I militari sotto accusa sono stati sollevati dai loro incarichi al fine di evitare ogni contatto con la popolazione locale e, di conseguenza, l’esplodere di tensioni. I rappresentanti dell’UNSTAMIH hanno avvisato che sarà adottata la “politica della tolleranza zero” per i crimini sessuali commessi, ma va ricordato che, qualora emergessero nuovi casi di violenza o abuso sessuale, i militari coinvolti saranno giudicati presso i rispettivi Paesi di appartenenza. [3]


* Giacomo Morabito, dottore in Scienze delle Relazioni Internazionali (Università degli Studi di Messina)


Note:
[1] (A. Grandi, Haiti, un polo industriale per ricominciare, www.peacereporter.net – 02/12/2011)
[2] (Autore anonimo, Haiti: ancora 600 mila gli sfollati a due anni dal sisma, www.eilmensile.it – 11/01/2012)
[3] (A. Grandi, Haiti, abusi sessuali: accuse contro alcuni soldati Minustah, www.eilmensile.it – 25/01/2012)


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