Mahdi Darius Nazemroaya Global Research
Introduzione di Cynthia McKinney
Ancora una volta, Mahdi Darius Nazemroaya toglie via la patina di legittimità e di inganno che avvolge il genocidio USA/NATO in corso in Libia. Nel suo primo articolo, Nazemroaya ha esposto il meccanismo con cui il mondo è venuto a “conoscere” la necessità di un intervento umanitario nella Jamahirya araba libica e le ammissioni USA/NATO dei tentativi di assassinio mirato contro il leader della rivoluzione libica del 1969, Muammar Gheddafi. Nella prima parte del suo articolo dal ritorno dalla Libia, Nazemraoya chiarisce che non c’è mai stata alcuna prova fornita alle Nazioni Unite o alla Corte penale internazionale, tale da giustificare le Risoluzioni delle Nazioni Unite 1970 e 1973 o le corrente operazioni USA/NATO in Libia.
Nel suo secondo articolo dettagliando questa storia molto triste, Nazemroaya espone le relazioni tra i protagonisti principali e i collaboratori libici della NATO e del National Endowment for Democracy, finanziato dal Congresso USA. Incredibilmente, quando i membri leader del Congresso proclamarono ripetutamente e pubblicamente che non sapevano che i “ribelli” libici collaboratori della NATO erano stati selezionati come capi dei cosiddetti ribelli, e che erano politicamente intimi con i dirigenti del National Endowment for Democracy. I leader del Consiglio nazionale di transizione, presentati a un pubblico estremamente influente nelle ex capitali coloniali, hanno ben poca influenza o supporto all’interno della Libia, e possono essere paragonati a Hamid Karzai quale fallimento morale neo-coloniale, dove l’autorità che presiede è una foglia di fico della “legittimità“, sotto cui gli stranieri puntano alla distruzione totale dei cittadini recalcitranti che chiedono l’autodeterminazione della propria comunità e del proprio paese. Nazemroaya dimostra inoltre che, nonostante la sua guerra globale al terrorismo, il governo degli Stati Uniti in realtà finanzia i terroristi e i criminali libici ricercati dall’Interpol.
In questa sua terza parte, Nazemroaya rimuove la foglia di fico USA/NATO e rivela le macchinazioni ripugnanti, odiose, disumane e ciniche della lobby pro-Israele, l’unica forza politica che sembra essere in grado di comandare il più potente degli eserciti e il più forte dei leader, agendo in modi che minacciano la pace e la tranquillità dei propri partiti politici e la sicurezza nazionale dei loro governi. Infatti, per la sua politica a sostegno di Israele, non importa quanto siano belligeranti le sue politiche, gli Stati Uniti hanno eroso il proprio interesse nazionale, mentre gli avvertimenti dai leader militari statunitensi continuano ad essere sottolineati.
In realtà, le mie esperienze personali con la lobby pro-Israele negli Stati Uniti dimostrano il forte interesse di Israele in Africa. Ho scritto sulla mia esperienza con “l’impegno” a sostenere Israele, a cui è costretto ogni candidato al Congresso degli Stati Uniti; rifiutare di firmarlo, come ho fatto, significa non avere un dollaro dei milioni spesi in ogni ciclo elettorale, in contributi alle campagne elettorali, e potersi assicurare la più feroce demonizzazione nei media, quale principale descrizione di un candidato non-cooperante. La demonizzazione del primo membro nero dell’Alabama al Congresso dalla ricostruzione, Earl Hilliard, nella sua campagna per la rielezione del 2002, con particolare riferimento alle sue visite in Libia, viene subito in mente. Settimane dopo, molti dei contribuenti di New York contrari alla sua rielezione, riapparvero nelle casse della campagna del mio avversario. Mentre sono ritratta nelle lettere ai sostenitori della lobby pro-Israele come anti-israeliana, continuerò a credere che fosse la mia attività molto concreta in Africa, che la lobby pro-Israele trovava più minacciosa. Dalla riforma agraria ai diamanti insanguinati, agli avvisi vari che ho inviato ad alcuni paesi africani produttori di petrolio, a sostenere l’autodeterminazione dei paesi africani e a lottare contro i tentativi di creare divisioni artificiali in Costa d’Avorio, Zaire/Repubblica democratica del Congo, Ruanda e Sudan, ho trovato un interesse incredibile in tutte le cose africane, da parte della lobby pro-Israele.
In effetti, sono stata invitata ad affittare la mia faccia “Nera” per questi veri interessi, e ad essere arrestata di fronte all’ambasciata del Sudan, per diffondere la narrativa dei “neri contro arabi” che così tragicamente è stata creata in Libia, come Nazemroaya descrive così bene in questo testo. Noto qui che alcuni neri, dentro e fuori il Congresso degli Stati Uniti, hanno scelto di accettare questo invito particolare a farsi arrestare. Il mio rappresentante era presente alla riunione in cui sono state pianificate le attività, il finanziamento organizzato e le azioni messe in moto. Si trattava di una manipolazione intenzionale della politica statunitense e, soprattutto, di comportamenti spregevoli in Sudan che hanno portato a violazioni dei diritti umani e a crimini contro l’umanità. La mia legislazione volta a togliere dalla lista della Borsa degli Stati Uniti, le aziende che erano complici o coinvolte in qualsiasi modo nelle violazioni dei diritti umani in Sudan, è stata ritenuta dai guardiani dell’agenda pro-Israele nel Congresso, essere una risposta inaccettabile ai veri abusi che avvengono in quel paese.
Inoltre, mentre ero in carcere in Israele, la colpa dei prigionieri africani, per lo più femminili, nel mio blocco delle celle a Ramle, era che erano seguaci della “religione sbagliata“. L’epurazione dei cristiani in Israele è un fatto. Gli scarabocchi sul muro della mia stanza d’Israele, in un altro complesso carcerario, prima della mia scarcerazione, ha chiarito che i cristiani erano deportati perché non erano voluti in Israele, e pensavano che ciò fosse a causa della loro religione. La recente spinta di Israele, nonostante i suoi residenti non-ebrei, a identificarsi come “stato ebraico“, è spiegata.
Invece in Libia ho incontrato molti africani che hanno detto che hanno scelto di vivere lì per il panafricanismo delle politiche della Jamahirya libica. Infatti, mentre ero a una “Conferenza sulla diaspora africana” a gennaio/febbraio del 2011, ho personalmente assistito, insieme ad un’altra delegazione dagli Stati Uniti, a Muammar Gheddafi che impegnava 90 miliardi dollari per gli “Stati Uniti d’Africa“, che avrebbero lavorato insieme per costruire il continente e contro gli sforzi di penetrazione e ricolonizzare di esso. I neri negli Stati Uniti che hanno lottato per la dignità, l’autodeterminazione e contro l’oppressione e l’imperialismo degli Stati Uniti, nel corso degli anni ’60 e ’70, hanno un rapporto con Muammar Gheddafi e il governo Jamahirya che risale a decenni fa. Alla 29.ma tappa del mio Libya Truth Tour, ho incontrato molti cittadini statunitensi che hanno ricordato al pubblico i contributi di Muammar Gheddafi e del governo della Jamahirya contro l’imperialismo britannico in Irlanda del Nord. Gli africani continentali che frequentavano quel passaggio del Tour, ricordavano al pubblico il sostegno di Muammar Gheddafi a Nelson Mandela e agli africani che lottavano per liberare il Continente dall’apartheid, nel momento in cui Israele condivideva l’alleanza con questo governo. Hanno inoltre rilevato l’attuale sostegno del governo della Jamahirya ai molti progetti di sviluppo in tutto il continente e al bilancio dell’Unione africana stessa. Di conseguenza, molti osservatori hanno fatto notare allarmati che l’attacco USA/NATO alla Libia è, in realtà, un attacco a tutta l’Africa. Nazemroaya rende eloquente questo punto, mentre rivela i motivi alla base della “super-violenza” che vediamo in Libia e a cui si oppone la grande maggioranza degli elettori degli stati membri della NATO, se dei risultati elettorali riportati ci si può fidare. Ciò che mi viene in mente è come qualcuno, che si identifica con la comunità della pace, possa sostenere un simile attacco alla Libia, in particolare mentre il popolo della Libia coraggiosamente resiste al dominio della NATO.
Nazemroaya rende chiaro il punto essenziale: “Un tentativo di separare il punto di fusione dell’identità araba e africana è in corso.” La Voice of America ha messo in luce gli aspetti psicologici del suo intervento brutale e allude alla mentalità delle pedine libiche degli USA/NATO; diverse storie suggeriscono che la “nuova” Libia si trasformerà più verso la sua identità araba che la sua identità africana. E la riuscita imposizione USA/NATO delle catene psicologiche della negazione dell’identità, che sono le catene più durature. Mentre ero in Tunisia, in realtà mi sono trovata faccia a faccia con i frutti di questo progetto, quando un tassista tunisino mi ha detto che non era africano! Muammar Gheddafi ha portato a casa tutti i libici, poiché la Libia, come detta la geografia, è un paese africano. Sembrava ridicolo, davanti lui, dover ribadire tale aspetto tranne che per il razzismo, il lavaggio del cervello e i fondamenti psicologici della corrente politica USA/NATO e dei suoi predecessori coloniali, come Nazemroaya dimostra.
Infine, Walter H. Kansteiner si è spostato nelle varie posizioni dell’apparato della politica estera del governo degli Stati Uniti, ed è stata esattamente la voce delle politiche descritte da Nazemroaya. Tra le posizioni in cui Kansteiner si è distinto, vi è quello di Direttore per l’Africa del Dipartimento di Stato e di direttore per gli affari africani del Consiglio di Sicurezza Nazionale durante la presidenza di George Herbert Walker Bush e di assistente per gli affari africani del Segretario di Stato, durante la presidenza di George W. Bush. Durante queste cariche, il signor Kansteiner è stato in grado di avviare la balcanizzazione dell’Africa che ora vediamo imperversare sul continente. Sono stata costretta a scrivere una lettera al presidente Bush nel 2001, esprimendo la mia preoccupazione per i suoi suggerimenti alla Repubblica Democratica del Congo. A mio parere, Laurent Kabila è stato assassinato perché si rifiutava di balcanizzare il Congo. (Lui l’ha personalmente detto al suo ultimo colloquio con un rappresentante degli Stati Uniti, che lo incoraggiava a tradire il Congo. Nelle sue ultime parole dettatemi, “Non potrò mai tradire il Congo.”)
Cynthia McKinney, 10 ottobre 2011.
Cynthia McKinney è un ex membro del Congresso degli Stati Uniti, che è stata eletta in due diverso distretti federali della Georgia, per la Camera dei Rappresentanti USA, nel 1993-2003 e nel 2005-2007, come membro del Partito Democratico degli Stati Uniti. E’ stata anche la candidata alla presidenza, nel 2008, del partito dei Verdi. Mentre era al Congresso degli Stati Uniti, ha operato nella Commissione Finanze e Banche degli Stati Uniti, nel Comitato per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti (in seguito ribattezzato Comitato sulle Forze Armate degli Stati Uniti), e nel comitato per gli affari esteri negli Stati Uniti (in seguito ribattezzato comitato sulle relazioni internazionali degli Stati Uniti). Ha anche operato nella sottocommissione per le relazioni internazionali degli Stati Uniti sulle operazioni internazionali e i diritti umani. McKinney ha condotto due missioni in Libia e anche recentemente terminato un tour nazionale negli Stati Uniti, sponsorizzata dalla Coalizione ANSWER, sulla campagna di bombardamenti della NATO in Libia.
ISRAELE E LIBIA: PREPARARE L’AFRICA ALLO “SCONTRO DI CIVILTA’“
Mahdi Darius Nazemroaya
Sotto l’amministrazione Obama gli Stati Uniti hanno esteso la “lunga guerra” in Africa. Barack Hussein Obama, il cosiddetto “Figlio dell’Africa” in realtà è diventato uno dei peggiori nemici dell’Africa. A parte il suo continuo supporto ai dittatori dell’Africa, la Repubblica della Costa d’Avorio (Costa d’Avorio) è stato scardinata sotto il suo sguardo. La divisione del Sudan è stata pubblicamente appoggiata dalla Casa Bianca prima del referendum, la Somalia è stata ulteriormente destabilizzata, la Libia è stata ferocemente attaccata dalla NATO, e l’US Africa Command (AFRICOM) si sta pienamente attivando.
La guerra in Libia è solo l’inizio di un nuovo ciclo di avventurismi militari stranieri in Africa. Gli USA vogliono ora più basi militari in Africa. Anche la Francia ha annunciato di aver il diritto di intervenire militarmente ovunque in Africa vi siano cittadini francesi e suoi interessi a rischio. La NATO sta fortificando le sue posizioni anche nel Mar Rosso e al largo delle coste della Somalia.
Mentre scompiglio e disordini si stanno ancora una volta radicando in Africa con l’intervento esterno, Israele resta silenziosamente dietro le quinte. Tel Aviv è stata effettivamente profondamente coinvolta nel nuovo ciclo di agitazione, che è collegato al suo piano Yinon per riconfigurare il suo vicinato strategico. Questo processo di riconfigurazione è basato su una tecnica ben consolidata di creazione di divisioni settarie, che alla fine neutralizzeranno efficacemente gli stati o ne provocheranno la dissoluzione.
Molti dei problemi che affliggono le aree contemporanee di Europa orientale, Asia centrale, Asia sud-occidentale, Asia meridionale, Asia orientale, Africa e America Latina sono in realtà il risultato del deliberato innesco di tensioni regionali da parte di potenze esterne. Divisione settarie, tensioni etno-linguistiche, differenze religiose e violenze interne sono state tradizionalmente sfruttate da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia in varie parti del globo. Iraq, Sudan, Ruanda e Jugoslavia sono solo alcuni esempi recenti di questa strategia del “divide et impera“, usata per mettere in ginocchio le nazioni.
Gli sconvolgimenti dell’Europa centro-orientale e il progetto per un “Nuovo Medio Oriente“
Il Medio Oriente, in certi aspetti, è un parallelo sorprendente ai Balcani e all’Europa Centro-Orientale degli anni precedenti la prima guerra mondiale. Sulla scia della prima guerra mondiale, i confini degli stati multi-etnici nei Balcani e in Europa centro-orientale sono stati ridisegnati e riconfigurati da potenze esterne, in alleanza con le forze di opposizione locali. Dalla prima guerra mondiale fino al post-Guerra Fredda, i Balcani e l’Europa centro-orientale hanno continuato a sperimentare un periodo di sconvolgimenti, di violenze e conflitti che hanno sempre diviso la regione.
Per anni, ci sono stati sostenitori che chiedevano un “Nuovo Medio Oriente” con i confini ridisegnati in questa regione del mondo, in cui l’Europa, Asia sudoccidentale e Nord Africa si incontrano. Si tratta per lo più do sostenitori che risiedono a Washington, Londra, Parigi e Tel Aviv. Prevedono una regione dagli stati formati intorno all’omogeneità etnico-religiose. La formazione di questi stati significherebbe la distruzione dei più grandi paesi esistenti della regione. La transizione sarebbe verso la formazione di piccoli stati come il Kuwait o il Bahrain, che potrebbero facilmente essere gestiti e manipolati da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Israele, e dai loro alleati.
La manipolazione della prima “Primavera araba” durante la prima guerra mondiale
I piani per la riconfigurazione del Medio Oriente, iniziarono diversi anni prima della Prima Guerra Mondiale. E’ stato durante la prima guerra mondiale, tuttavia, che la manifestazione di questi disegni coloniali emersero visibilmente con la “Grande Rivolta Araba” contro l’Impero Ottomano. Nonostante il fatto che italiani, inglesi e francesi fossero le potenze coloniali che avevano impedito agli arabi di godere di ogni libertà, in paesi come Algeria, Libia, Egitto e Sudan, queste potenze coloniali riuscirono a ritrarsi come amici e alleati della liberazione araba.
Durante la “Grande Rivolta Araba“, inglesi e francesi effettivamente utilizzarono gli arabi come soldati di fanteria contro gli ottomani, promuovendo i propri schemi geo-politico. Il segreto accordo Sykes-Picot tra Londra e Parigi è un esempio calzante. Francia e Gran Bretagna riuscirono solo ad utilizzare e manipolare gli arabi vendendogli l’idea della liberazione araba dalla cosiddetta “repressione” degli ottomani. In realtà, l’Impero Ottomano era un impero multietnico. Ha dato l’autonomia locale e culturale a tutti i suoi popoli, ma è stato manipolato divenendo una entità turca. Anche il genocidio armeno che ne derivò, nell’Anatolia ottomana, deve essere analizzato nel contesto stesso della contemporanea persecuzione dei cristiani in Iraq, come parte di un sistema settario scatenata da attori esterni, per dividere l’impero Ottomano, l’Anatolia ed i cittadini dell’Impero ottomano.
Dopo il crollo dell’Impero Ottomano, Londra e Parigi negarono la libertà agli arabi, mentre spargevano i semi della discordia tra i popoli arabi. I corrotti leader locali arabi furono anche i partner del progetto, e molti di loro erano troppo felici di diventare clienti di Gran Bretagna e Francia. Nello stesso senso, la “primavera araba” viene manipolata oggi. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e altri stanno lavorando con l’aiuto dei leader e personaggi arabi corrotti per ristrutturare il mondo arabo e l’Africa.
Il Piano Yinon
Il Piano Yinon, che è una continuazione dello stratagemma britannico in Medio Oriente, è un piano strategico di Israele per garantire la superiorità israeliana. Insiste e stabilisce che Israele deve riconfigurare il suo ambiente geo-politico attraverso la balcanizzazione del Medio Oriente e degli Stati arabi, in stati più piccoli e più deboli.
Gli strateghi israeliani vedevano l’Iraq come la loro più grande sfida strategica da uno stato arabo. È per questo che l’Iraq è stato delineato come il fulcro per la balcanizzazione del Medio Oriente e mondo arabo. In Iraq, sulla base dei concetti del Piano Yinon, gli strateghi israeliani hanno chiesto la divisione dell’Iraq in uno stato curdo e due stati arabi, uno per i musulmani sciiti e l’altro per i musulmani sunniti. Il primo passo verso la creazione di questa fu la guerra tra Iraq e Iran, che il Piano Yinon discusse.
The Atlantic, nel 2008, e l’Armed Forces Journal degli USA, nel 2006, pubblicarono delle mappe ampiamente diffuse, che seguivano da vicino lo schema del Piano Yinon. Accanto a un Iraq diviso, che anche il Piano Biden chiedeva, il Piano Yinon richiedeva la divisione di Libano, Egitto e Siria. La divisione di Iran, Turchia, Somalia, Pakistan, ricadono tutti nella linea di mira di questa visione. Il Piano Yinon chiedeva anche lo scioglimento del Nord Africa, e prevedeva di iniziare dall’Egitto per poi riversarsi su Sudan, Libia e il resto della regione.
L’eliminazione delle Comunità cristiane del Medio Oriente
Non è un caso che i cristiani egiziani sono stati attaccati nello stesso momento del Referendum del Sud Sudan e prima della crisi in Libia. Né è un caso che i cristiani iracheni, una delle più antiche comunità cristiane del mondo, sono stati costretti all’esilio, lasciando le loro terre ancestrali in Iraq. In coincidenza con l’esodo dei cristiani iracheni, avvenuto sotto gli occhi attenti delle forze militari britanniche e degli Stati Uniti, i quartieri di Baghdad divennero settari, mentre i musulmani sciiti e sunniti sono stati costretti dalle violenza degli squadroni della morte a formare enclave settarie. Tutto questo è legato al Piano Yinon e alla riconfigurazione della regione come parte di un obiettivo più ampio.
In Iran, gli israeliani hanno cercato invano di ottenere che la comunità ebraica iraniana se ne andasse. La popolazione ebraica iraniana è in realtà la seconda più grande del Medio Oriente e probabilmente la più antica comunità ebraica indisturbata in tutto il mondo. Gli ebrei iraniani si considerano degli iraniani legati all’Iran come loro patria, proprio come i musulmani e i cristiani iraniani, e per loro il concetto che hanno bisogno di trasferirsi in Israele perché sono ebrei, è ridicolo.
In Libano, Israele ha lavorato a esacerbare le tensioni settarie tra le varie fazioni cristiane e musulmane così come con i drusi. Il Libano è un trampolino di lancio verso la Siria e la divisione del Libano in diversi stati, ed è anche visto come un mezzo per balcanizzare la Siria in piccoli diversi stati arabi settari. Gli obiettivi del Piano Yinon sono dividere il Libano e la Siria in stati diversi sulla base di identità religiose e settarie di musulmani sunniti, sciiti, cristiani e drusi. Ci potrebbe anche essere l’obiettivo dell’esodo dei cristiani in Siria.
Il nuovo capo della Chiesa siro-cattolica maronita di Antiochia, la più grande delle Chiese orientali cattoliche autonomo, ha espresso i suoi timori circa una epurazione dei cristiani arabi nel Levante e nel Medio Oriente. Il Patriarca Mar Beshara Boutros al-Rahi e molti altri leader cristiani in Libano e Siria, hanno paura dell’avvento dei Fratelli Musulmani in Siria. Come in Iraq, gruppi misteriosi stanno attaccando le comunità cristiane in Siria. I leader della Chiesa cristiana ortodossa orientale, tra cui il patriarca ortodosso di Gerusalemme Est, hanno tutti espresso pubblicamente le loro gravi preoccupazioni. A parte gli arabi cristiani, questi timori sono condivisi anche dalla comunità assira e armena, che sono per lo più cristiane.
Sheikh al-Rahi è stato recentemente a Parigi, dove ha incontrato il presidente Nicolas Sarkozy. È stato riferito che il patriarca maronita e Sarkozy avevano dei disaccordi circa la Siria, cosa che ha spinto Sarkozy a dire che il regime siriano crollerà. La posizione del patriarca al-Rahi era che la Siria deve essere lasciata sola e permetterle la riforma. Il patriarca maronita ha anche detto a Sarkozy, che Israele doveva essere trattato come una minaccia, se la Francia voleva legittimamente che Hezbollah disarmasse.
A causa della sua posizione in Francia, al-Rahi è stato immediatamente ringraziato dai leader religiosi cristiani e musulmani della Repubblica araba siriana che lo hanno visitato in Libano. Hezbollah e i suoi alleati politici in Libano, che comprende la maggior parte dei parlamentari cristiano nel parlamento libanese, hanno anche lodato il Patriarca maronita, che poi fatto un tour in Sud Libano.
Sheikh al-Rahi è ora politicamente attaccato dall’Alleanza del 14 Marzo di Hariri, a causa della sua posizione su Hezbollah e il suo rifiuto di sostenere il rovesciamento del regime siriano. Una conferenza di figure cristiana è in realtà programmato da Hariri per opporsi al patriarca al-Rahi e alla posizione della Chiesa maronita. Dal momento che al-Rahi ha annunciato la sua posizione, il Partito Tahrir, che è attivo sia in Libano che in Siria, ha iniziato a bersagliarlo con le critiche. È stato anche riferito che alti funzionari statunitensi hanno anche cancellato i loro incontri con il patriarca maronita. come segno del loro disappunto circa le sue posizioni su Hezbollah e la Siria.
L’alleanza del 14 Marzo di Hariri in Libano, che è sempre stata una minoranza popolare (anche quando si trattava di una maggioranza parlamentare), ha lavorato mano nella mano con Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita, Giordania e gruppi che utilizzano la violenza e il terrorismo in Siria. I Fratelli Musulmani e altri cosiddetti gruppi salafiti provenienti dalla Siria, hanno coordinato e tenuto colloqui segreti con Hariri e i partiti politici cristiani in seno all’Alleanza del 14 Marzo. Questo è il motivo per cui Hariri e i suoi alleati hanno attaccato il Cardinale al-Rahi. E’ stato ancora Hariri e l’Alleanza del 14 Marzo che hanno portato Fatah Al-Islam in Libano, e hanno aiutato alcuni dei suoi membri a fuggire per andare a combattere in Siria.
Un esodo cristiano è in programma in Medio Oriente per Washington, Tel Aviv e Bruxelles. Ora viene riferito che allo sceicco al-Rahi è stato detto a Parigi, dal presidente Nicolas Sarkozy, che le comunità cristiane del Levante e del Medio Oriente possono stabilirsi nell’Unione europea. Questo non è un’offerta graziosa. E’ uno schiaffo in faccia alle stesse potenze che hanno deliberatamente creato le condizioni per sradicare le antiche comunità cristiane del Medio Oriente. Lo scopo sembra essere il reinsediamento delle comunità cristiane al di fuori della regione, in modo da delineare le nazioni arabe lungo le linee di nazioni esclusivamente musulmane. Questo rientra in conformità con il Piano Yinon.
Ridividere l’Africa: Il Piano Yinon è molto vivo e lavora…
Nello stesso contesto delle divisioni settarie in Medio Oriente, gli israeliani hanno illustrato i programmi per riconfigurare l’Africa. Il Piano Yinon cerca di delineare l’Africa sulla base di tre aspetti:
1) etno-linguistica;
2) colore della pelle;
3) religione.
Si cerca di tracciare la linee di divisione in Africa tra una cosiddetta “Africa Nera” e un presunto Nord Africa “non nero“. Questo fa parte di uno schema per creare uno scisma in Africa, tra ciò che si presume sia “arabo” e i cosiddetti “neri“.
Un tentativo di separare la fusione di una identità araba e africana è in corso. Questo obiettivo è il motivo della ridicola identità del “Sud Sudan africano” e di un “Nord Sudan arabo” che è stata favorita e promossa. È anche per questo che i libici di pelle nera sono stati oggetto di una campagna per “ripulire il colore” della Libia. L’identità araba del Nord Africa si sta scollegando dalla sua identità africana. Contemporaneamente vi è un tentativo di sradicare le grandi popolazioni di “arabi di pelle nera“, in modo che vi sia una chiara demarcazione tra “Africa nera” e un nuovo Nord Africa “non nero“, che sarà trasformato in un terreno di lotta tra i rimanenti berberi e arabi “non neri“.
Nello stesso contesto, sono state alimentate le tensioni tra musulmani e cristiani in Africa, in posti come il Sudan e la Nigeria, per creare ulteriori linee e punti di frattura. Alimentare queste divisioni sulla base del colore della pelle, della religione, etnia, lingua, ha lo scopo di infiammare la disunione dell’Africa. Tutto questo fa parte di una più ampia strategia africana per tagliare l’Africa del Nord dal resto del continente africano.
Israele e il continente africano
Gli Israeliani sono stati tranquillamente coinvolti nel continente africano per anni. Nel Sahara Occidentale, che è occupato dal Marocco, gli israeliani hanno aiutato a costruire un muro di sicurezza di separazione, come quello tra Israele e la Cisgiordania occupata. In Sudan, Tel Aviv ha armato i movimenti separatisti e gli insorti. In Sud Africa, gli israeliani hanno sostenuto il regime dell’apartheid e la sua occupazione della Namibia. Nel 2009, il ministero degli esteri israeliano ha sottolineato che l’Africa sarebbe stata al centro della rinnovata attenzione di Tel Aviv.
I due obiettivi principali in Africa di Israele sono imporre il Piano Yinon, in combutta con i propri interessi, e aiutare Washington a diventare la potenza egemone sul continente africano. A questo proposito, gli israeliani hanno anche spinto per la creazione di AFRICOM. L’Institute for Advanced Strategic and Political Studies (IASPS), un think-tank israeliano, ne è un esempio.
Washington ha esternalizzato il lavoro di intelligence in Africa, a Tel Aviv. Tel Aviv, è effettivamente coinvolto come una delle parti in una guerra più ampia, non solo “dentro” l’Africa, ma “sull“‘Africa. In questa guerra, Tel Aviv sta lavorando al fianco di Washington e dell’UE contro la Cina ed i suoi alleati, incluso l’Iran. Teheran sta operando al fianco di Pechino in un modo simile a Tel Aviv con Washington. L’Iran sta aiutando i cinesi in Africa attraverso connessioni e legami iraniani. Questi legami di Teheran comprendono anche legami di interessi commerciali privati libanesi e siriani in Africa. Così, all’interno della più ampia rivalità tra Washington e Pechino, una rivalità israelo-iraniana si è anche dispiegata nell’Africa. [1] Il Sudan è il terzo più grande produttore di armi dell’Africa, come risultato del sostegno iraniano nella produzione di armi. Nel frattempo, mentre l’Iran fornisce assistenza militare a Khartoum, incluso diversi accordi di cooperazione militare, Israele è coinvolto in varie azioni dirette contro i sudanesi. [2]
Israele e Libia
La Libia era stata considerata come “uno spoiler” che ha minato gli interessi delle ex potenze coloniali in Africa. A questo proposito, la Libia aveva assunto alcuni pesanti piani di sviluppo pan-africani destinati ad industrializzare l’Africa e trasformare l’Africa in un’entità integrata e politicamente assertiva. Queste iniziative erano in conflitto con gli interessi delle potenze esterne in competizione l’una con l’altra in Africa, ma era soprattutto inaccettabile per Washington e i principali paesi UE. A questo proposito, la Libia doveva essere paralizzata e neutralizzata come ente di sostegno al progresso africano e all’unità pan-africana.
Il ruolo di Israele e della lobby israeliana è stata fondamentale per aprire la porta all’intervento militare della NATO in Libia. Secondo fonti israeliane, è stato l’ente UN Watch che in realtà hanno orchestrato gli eventi a Ginevra per rimuovere la Libia dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e per chiedere al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di intervenire. [3] L’ente UN Watch è formalmente affiliato con l’American Jewish Committee (AJC), che influenza la formulazione della politica estera degli Stati Uniti e fa parte della lobby israeliana negli Stati Uniti. La Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), che ha contribuito a lanciare le affermazioni non verificate su 6.000 persone massacrate da Gheddafi, è anch’essa legata alla lobby israeliana in Francia.
Tel Aviv era in contatto contemporaneamente sia con il Consiglio di transizione che con il governo libico a Tripoli. Agenti del Mossad erano anche a Tripoli, uno dei quali era un ex gestore della stazione. All’incirca nello stesso tempo, membri francesi della lobby israeliana erano in visita a Bengasi. Ironicamente, il Consiglio di transizione avrebbe sostenuto che il colonnello Gheddafi stava lavorando con Israele, mentre aveva preso l’impegno a riconoscere Israele coll’inviato speciale del presidente Sarkozy, Bernard-Henri Lévy, che avrebbe poi trasmesso il messaggio ai leader israeliani [4]. Un modello simile (a quello dei legami di Israele col Consiglio di transizione) era stato sviluppato in una fase precedente, anche nel Sud Sudan, che è stato armato da Israele.
Nonostante la posizione del Consiglio di transizione su Israele, i suoi seguaci ancora cercano di demonizzare Gheddafi, sostenendo che è segretamente un ebreo. Non solo questo è falso, ma è anche bigotto. Queste accuse sono destinate ad essere una forma di assassinio della personalità, equiparando un ebreo a qualcosa di negativo.
In realtà, Israele e la NATO sono nello stesso campo. Israele è un membro de facto della NATO. Gheddafi era connivente con Israele, mentre il Consiglio di transizione lavora con la NATO, ciò significherebbe che entrambe le parti hanno effettivamente giocato scioccamente l’una contro l’altra.
Preparare la Scacchiera allo “scontro di civiltà“
E’ a questo punto che tutti i pezzi devono essere messi insieme ed i punti devono essere collegati. La scacchiera è stata organizzata per uno “scontro di civiltà“, e tutti i pezzi degli scacchi sono stato mossi.
Il mondo arabo è in procinto di essere diviso e le linee di demarcazione netta si stanno creando. Queste linee di demarcazione stanno sostituendo le linee di transizione senza soluzione di continuità, tra i diversi gruppi etno-linguistici, di colore della pelle e religiosi.
Nell’ambito di questo regime, non può più esserci una transizione verso la fusione tra le società e i paesi. È per questo che i cristiani in Medio Oriente e in Nord Africa, come i copti, sono presi di mira. È anche per questo che arabi e berberi dalla la pelle nera, così come altri gruppi delle popolazioni del Nord Africa, che sono neri di pelle, si trovano ad affrontare il genocidio in Nord Africa.
Ciò che viene messo in scena è la creazione del “Medio Oriente musulmano” (escluso Israele) una un’area esclusiva che sarà agitata a causa dello scontro sciita-sunnita. Uno scenario simile è stato messo in scena per un “Nord Africa non-nero“, una zona che sarà caratterizzata dallo scontro tra arabi e berberi. Allo stesso tempo, secondo il modello dello “scontro di civiltà”, il Medio Oriente e il Nord Africa sono candidati ad essere contemporaneamente in conflitto con il cosiddetto “Occidente” e l’”Africa Nera“.
Questo è il motivo per cui sia Nicolas Sarzoky, in Francia, e David Cameron, in Gran Bretagna, nelle dichiarazioni reciproche, durante l’inizio del conflitto in Libia, secondo cui il multiculturalismo è morto nelle rispettive società occidentali europee. [5]
Il multiculturalismo reale minaccia la legittimità del programma di guerra della NATO. Costituisce anche un ostacolo alla realizzazione del “scontro di civiltà” che costituisce la pietra angolare della politica estera degli Stati Uniti. A questo proposito, Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, spiega perché il multiculturalismo è una minaccia per Washington e i suoi alleati: “L’America diventa una società sempre più multiculturale, può risultare più difficile costruire un consenso su questioni di politica estera [ad esempio, la guerra con il mondo arabo, la Cina, l’Iran e la Russia o l’Unione Sovietica], tranne che nelle circostanze di una minaccia esterna diretta, veramente grande e percepita. Tale consenso generale, esisteva in tutta la seconda guerra mondiale e anche durante la Guerra Fredda [e ora esiste a causa della ‘Guerra Globale al Terrore’].” [6]
La frase successiva di Brzezinski qualifica il motivo per cui le popolazioni si sarebbero opposte o avrebbero sostenuto le guerre: “[Il consenso] era radicato, però, non solo nella profondità di valori democratici condivisi, che il pubblico percepisce come minacciati, ma anche nell’affinità culturale ed etnica per le vittime prevalentemente europee dei totalitarismi ostili“. [7]
Rischiando di essere ridondante, è da ricordare ancora una volta che è proprio con l’intenzione di rompere queste affinità culturali tra il Medio Oriente-Nord Africa (MENA) e il cosiddetto “mondo occidentale” e sub-sahariano, che i cristiani e i popoli di pelle nera sono presi di mira.
Etnocentrismo e ideologia: Giustificare oggi le “guerre giuste“
In passato, le potenze coloniali dell’Europa occidentale avrebbero indottrinato i loro popoli. Il loro obiettivo era quello di acquisire il sostegno popolare per la conquista coloniale. Questo ha preso la forma della diffusione del cristianesimo e della promozione dei valori cristiani. con l’appoggio di mercanti ed eserciti coloniali.
Allo stesso tempo, le ideologie razziste sono state dispiegate. I popoli le cui terre furono colonizzate, sono stati descritti come “sub-umani“, inferiori o senz’anima. Infine, è stato utilizzato il “fardello dell’uomo bianco” di assumersi una missione di civilizzazione verso i cosiddetti “popoli incivili del mondo“. Questo quadro ideologico coerente è stato utilizzato per ritrarre il colonialismo come una “giusta causa“. Quest’ultimo, a sua volta, è stato utilizzato per fornire legittimità nel condurre “guerre giuste” come mezzo per conquistare e “civilizzare” terre straniere.
Oggi, i disegni imperialisti dei Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania non sono cambiati. Ciò che è cambiato è il pretesto e la giustificazione per scatenare le loro guerre di conquista neo-coloniali. Durante il periodo coloniale, le narrazioni e le giustificazioni per fare la guerra sono state accettate dall’opinione pubblica dei paesi colonizzatori, come Gran Bretagna e Francia. Oggi “guerre giuste” e “giuste cause” sono oggi perseguite sotto le insegne dei diritti delle donne, dei diritti umani, dell’umanitarismo e della democrazia.
Mahdi Darius Nazemroaya è un Sociologo e ricercatore associato al Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione (CRG), di Montréal. E’ specializzato su Medio Oriente e Asia Centrale. E’ stato in Libia per oltre due mesi ed è stato anche un inviato speciale per Flashpoints, che è un programma di Berkeley, in California. Nazemroaya ha pubblicato questi articoli sulla Libia assieme ai colloqui con Cynthia McKinney trasmessi su Freedom Now, uno show trasmesso da KPFK, Los Angeles, California.
Julien Teil è un operatore video e documentarista investigativo francese. E’ anche stato recentemente in Libia per circa un mese.
NOTE
[1] The Economist, “Israel and Iran in Africa: A search for allies in a hostile world,” 4 febbraio 2011.
[2] Ibidem.
[3] Tova Lazaroff, “70 rights groups call on UN to condemn Tripoli,” Jerusalem Post, 22 febbraio 2011.
[4] Radio France Internationale, “Libyan rebels will recognise Israel, Bernard-Henri Lévy tells Netanyahu,” 2 giugno, 2011.
[5] Robert Marquand, “Why Europe is turning away from multiculturalism,” Christian Science Monitor, 4 marzo 2011.
[6] Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives (New York: Basic Books October 1997), p.211
[7] Ibidem.
(Traduzione Alessandro Lattanzio) – SitoAurora
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