Intervista ad Alì Pourmarjan a cura di Emanuele Bossi (1)

D. Cosa si può dire della diffusione della cultura iraniana in Italia?

R. Risale al 1958(2) la stesura di un protocollo d’intesa culturale, scientifico e didattico regolato da accordi bilaterali tra l’Italia e l’Iran per lo scambio culturale e scientifico tra i due paesi, che ancora oggi è in vigore(3). Dopo questo protocollo, il programma esecutivo è stato firmato diverse volte dalle due parti. Storicamente l’Italia non ha un atteggiamento ostativo nei confronti dei progetti culturali iraniani sul suo territorio. Esistono infatti 400 anni di storia di rapporti culturali più o meno intensi tra le due nazioni(4). Anzi, i rapporti sono stati prima di tutto culturali e poi economici e politici. Intellettuali e artisti provenienti dai due paesi hanno da sempre intrecciato scambi, rapporti e spostamenti. Quella italiana e quella iraniana sono due civiltà antiche (l’Iran è culla della civiltà d’Oriente, l’Italia della civiltà romana), per cui è normale che i due Paesi siano propensi allo scambio ed al contatto. I rapporti economici politici e culturali sono, infatti, soddisfacenti. Molto fervida è per esempio la collaborazione iraniana con archeologi e intellettuali italiani. Di contro, molti docenti iraniani sono stati invitati a portare il loro sapere in Italia(5). Sono attivi programmi di scambi studenteschi e di docenti, lo studio delle rispettive lingue nazionali(6) è costante ed incentivato(7). Il fatto culturale sta alla base dei rapporti politici e non viceversa, per cui non si può dire che sia stato influenzato negativamente dall’appartenenza dell’Italia all’area atlantista. L’Iran intende sfruttare gli ottimi rapporti stabiliti con l’Italia per consolidare i propri rapporti culturali anche con il resto dell’Unione Europea; quindi anche il mondo istituzionale, e non solo quello intellettuale, è propenso ed interessato a farsi coinvolgere nell’ottica dello scambio culturale. Per esempio, sempre per quanto concerne l’Italia, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo durante il governo Letta (28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014), on. Massimo Bray, è stato il primo ministro occidentale in materia di cultura ad andare in Iran dopo otto anni, nel gennaio 2014. Positivamente influenzato dall’ambiente iraniano, che conosceva poco, ha potuto smentire i luoghi comuni sull’Iran, approfondendo in maniera oggettiva ed autonoma alcuni aspetti principali e precipui della cultura iraniana(8).

D. Qual è la situazione in cui operano i mezzi di comunicazione iraniani?

R. Giornali e media iraniani hanno tutti un regolamento etico statutario basato su specifici regolamenti costituzionali presenti nella Costituzione Iraniana, voluta dal popolo e da esso sostenuta tramite suffragio, con un numero di voti a favore pari al 98,5% dei votanti(9). Possiamo quindi considerare la Costituzione e tutte le sue emanazioni una sintesi della volontà del popolo iraniano(10). In questo caso la legge sancisce la libertà di stampa, purché non vengano infrante alcune leggi specifiche, per esempio quelle che vietano di trattare temi di sesso e violenza(11), o di offendere in alcun modo una qualsiasi delle tre religioni abramiche: Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Gli organi supremi dello stato vigilano attraverso tribunali speciali sul rispetto delle poche ma perentorie leggi, le quali tengono conto della legge islamica, la shari’a. Nel campo dei media il numero dei divieti è molto inferiore a quello delle attività concesse. Forse gli occidentali potranno considerare strani o eccessivi alcuni limiti, che sono perfettamente in linea con la sensibilità e con l’etica del popolo persiano nonché con la religione islamica, maggioritaria in Iran. Noi abbiamo il nostro modo di intendere la parola “limite” e riteniamo che i limiti imposti ai media siano un bene per il popolo; i genitori infatti li approvano per salvaguardare l’integrità morale e intellettuale dei loro figli. Qualsiasi persona munita di scarse difese, come un bambino o un adulto con difficoltà mentali, può tranquillamente guardare i programmi televisivi iraniani senza il controllo di un supervisore e senza essere influenzata negativamente o sconvolta(12); la misura ha particolare rilievo se si considera la grande maggioranza di giovani nella popolazione iraniana. Affinché possa essere mantenuto un controllo efficiente sulle produzioni dei media nazionali, l’ordinamento iraniano stabilisce che questi siano pubblici; l’impresa privata ha un regolamento particolare diverso. I media vanno controllati per la sicurezza della società e allo scopo di proteggerla da quelle influenze esterne che possono suggerire comportamenti estranei alla nostra cultura. Ecco il perché dell’esistenza di commissioni di controllo, come quella sulla stampa.
Al di là della questione morale, però, esiste anche un controllo della stampa sull’attività politica del governo e finalizzata a rispettare la neutralità dei commenti. Quest’attività di inchiesta e informazione è svolta con notevole senso critico da parte degli organi di stampa, che godono di una sostanziale libertà di critica verso i tre poteri dello Stato. La stampa iraniana è un osservatore attento ed imparziale. Bisogna considerare che i partiti iraniani sono oltre trenta(13), anche se sono i partiti politici religiosi(14) quelli in grado di influenzare veramente la vita politica iraniana; sono partiti di orientamento religioso con idee differenti circa gli assetti istituzionali e politici iraniani. Tuttavia l’attenzione dell’opinione pubblica si concentra molto più sui candidati che non loro partiti. La cultura politica in Iran è diversa da quella italiana, dove è l’adesione al partito ad essere considerata fondamentale; in Iran si tende a valutare di più il candidato.

D. Cosa sta facendo l’Iran per sopperire alla carenza di informazione imparziale ed esaustiva sulla sua situazione interna e sulla crisi siriana(15)?

R. Le sanzioni nei confronti dell’Iran risalgono a 35 anni fa, ovvero al periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione Islamica. Prima di tutto abbiamo iniziato a subire sanzioni contro le comunicazioni satellitari, paradossalmente ancor prima di avere un satellite per le comunicazioni(16). L’Iran ha molti canali televisivi in lingua araba(17) e in altre lingue, ma le trasmissioni di alcuni di essi sono molto limitate in Occidente, a causa delle sanzioni imposte ingiustamente dagli USA anche per l’Europa. Tuttavia alcuni canali satellitari come Press Tv ed Al-Alam trasmettono la realtà iraniana al mondo, anche se, data l’aggressione mediatica dell’Occidente contro l’Iran, in Occidente vengono diffuse false informazioni, finché attraverso i canali neutri iraniani a volte abbiamo la possibilità di informare i popoli occidentali sulla situazione mediorientale e iraniana secondo il nostro punto di vista(18).

D. In Occidente un tema di attualità riguarda la sessualità e le questioni di genere, nonché il cambiamento di sesso: cosa ne pensate in Iran?

R. Cominciamo col dire che alcuni tra i medici più importanti negli USA e in Europa sono iraniani, come per esempio il presidente dei neurologi europei, e che in Iran si possono svolgere in piena sicurezza interventi chirurgici tra i più invasivi e complessi, come per esempio anche il cambiamento di sesso. Esistono pochi casi in cui in cui i pazienti iraniani devono essere operati all’estero ed è allora che il ministero della salute si attiva per provvedere alle spese. Esiste inoltre una associazione medica italo-iraniana per lo scambio di informazioni, banche dati, esperienze e le cure reciproche dei pazienti, la quale opera secondo l’ottica del “nessuno escluso” dal sistema sanitario. Dati questi presupposti dobbiamo chiarire che l’Islam sciita, assolutamente maggioritario in Iran, è capace di rispondere ad ogni genere di esigenza dell’uomo relativa alla sua relazione in società, come per esempio il cambio di genere. Considerandolo alla stregua di un fenomeno sociale, lo analizza e propone le soluzioni pratiche per risolvere questo problema.
Comprendere i fenomeni sociali significa anche adattarli alle esigenze dell’individuo e della collettività(19). Quanto al fenomeno dell’omosessualità, questo tema è spesso utilizzato dalle potenze a noi avverse per indebolire la nostra nazione. Si cerca di influenzare i nostri costumi, legati ad un’idea pudica e riservata della sessualità, che noi consideriamo un valore ed un punto di forza; si cerca di sminuire il nostro popolo, presentandolo come arretrato e fondamentalista solo perché non accetta il libertinaggio(20) occidentale e lo ritiene contrario ai valori morali. Si tratta di un tentativo di colpire la cultura e la legge islamica, di far passare la religione come un ostacolo e quindi di criticare la società iraniana, che si basa sulla morale religiosa. I problemi legati alla sessualità richiedono comunque soluzioni giuridiche (e quindi religiose) e non politiche. Per quanto riguarda il cambiamento di sesso, questo viene accettato quando si può dire che una persona dimostra di soffrire un disagio psicologico nella situazione in cui è nata; tale disagio deve essere confermato attraverso il consulto medico e da un’altra commissione specialistica. Non viene accettato se si ritiene che si tratti di una decisione estemporanea, magari frutto di un condizionamento esterno.
Come ormai da anni anche l’Occidente ammette, la donna è al centro della società iraniana. Essa è figura presente ed attiva nel campo scientifico, accademico (dove le donne occupano una posizione numericamente elevata) e politico; la donna, presente nel governo e nel parlamento, può essere eletta per posizioni esecutive di rilievo, giudiziario e anche militare. La donna nelle forze di polizia è particolarmente attiva per quanto riguarda la criminalità femminile e minorile: in generale non ha limiti di accesso alla società civile. L’Occidente concentra la sua attenzione sul velo (hijab)(21), che fa parte della cultura islamica. Il velo è previsto dalla Costituzione per le donne di ogni confessione. Il numero delle donne che non vorrebbero portarlo è minoritario; perciò, come nelle democrazie, non può decidere per la maggioranza. La nostra società segue criteri basati sulla maggioranza e le manifestazioni pubbliche sono considerate espressione della legge.

 

D. La crisi siriana. Qual è il ruolo dell’Iran nella sua soluzione?

R. La crisi siriana è causata dall’ingerenza occidentale in Siria. Da anni l’Occidente e gli USA in particolare tentano di indebolire gli assi portanti della Resistenza(22), considerata l’obiettivo numero uno nella loro partita in Vicino Oriente. Per colpirla hanno deciso di abbattere il governo di Bashar al-Assad, nostro alleato strategico(23). Credono che eliminarlo significhi abbattere la Resistenza. Assad è stato uno dei pochi capi di Stato del Vicino Oriente ad aver mantenuto da sempre rapporti con Hezbollah. Le potenze occidentali hanno commesso l’errore di usare la forza, elemento che non porta mai a nulla. Peraltro anche dal punto di vista della propaganda hanno commesso errori gravi, diventando pubblicamente vittime della loro incoerenza. Hanno tentato di far passare l’aggressione alla Siria come una rivolta popolare dei Siriani contro il loro governo; poi, quando la guerra civile è degenerata in tutta la sua cruenta realtà, si è cominciato a parlare di “crisi siriana” e degli ingestibili effetti collaterali a cui si è giunti. Era logico aspettarselo, visto l’ingaggio di molti mercenari provenienti da paesi stranieri(24) nemici della Siria(25), riforniti di armi americane e di denaro proveniente dai paesi del Golfo Persico(26). Questi ultimi non hanno problemi di denaro, potere o petrolio, che non finirà presto come alcuni credono. Il loro problema è la capacità di ragionamento: non hanno prospettive lungimiranti nella loro politica internazionale. Nemmeno in quella interna hanno agito bene, dando spazio all’estremismo religioso come fattore politico. Anche gli occidentali sono responsabili di aver istigato negli estremisti sentimenti di distruzione e azioni criminali che nulla hanno a che fare con la ragione: nemmeno nel passato peggiore della storia dei popoli arabo-islamici abbiamo assistito a comportamenti così barbari, basati sull’ignoranza. Gli americani, che dicevano di voler democratizzare il Medio Oriente, hanno appoggiato gente del genere; dopo gli attentati dell’undici settembre tutti i gruppi della galassia di Al-Qaida sono stati definiti terroristi, ma ora le stesse sigle vengono definite come portatrici di democrazia in Siria. Gli USA, a livello internazionale, stanno vivendo la situazione imbarazzante di essere finiti vittima delle loro stesse strategie; non possono più né sostenere né abbandonare questi terroristi e si trovano in un vicolo cieco, però praticamente sostengono i ribelli in Siria. Parlano della necessità di una soluzione politica e non militare della crisi siriana, vedendo che i ribelli stanno per essere sconfitti, mentre l’Iran sostiene da sempre la necessità di una soluzione politica e non militare della crisi siriana. Ora, bisogna prima fermare i terroristi, poi pensare alla soluzione dei problemi interni alla Siria. Il presidente Assad ha regolarmente vinto le elezioni politiche, anche se l’Occidente contesta il volere del popolo siriano democraticamente espresso27. Insomma, gli Stati Uniti e l’Occidente seguono una politica ambigua nei confronti della Siria, per poter raggiungere i loro obiettivi strategici nel Medio Oriente. Vogliono sconfiggere la Resistenza nella regione, promuovere la divisione nel mondo dell’Islam e rafforzare la loro presenza nella regione mediorientale. Cercano di servirsi di metodi non democratici per rovesciare il governo legittimo di Assad e sostengono i gruppi fondamentalisti, estremisti e terroristici; è proprio per questo che l’identità politica degli Stati Uniti viene fortemente messa sotto accusa.

D. Come definirebbe, in sintesi, la situazione geopolitica iraniana?

R. L’Iran vuole avere ottimi rapporti economici e politici con i paesi islamici confinanti; esso non ha nulla in contrario a convivere coi paesi arabi e con quelli limitrofi. Tuttavia l’Iran non intende avere relazioni con governi o gruppi estremisti, i quali a volte sono così forti da riuscire ad inficiare le relazioni tra governi. Ovviamente non ha relazioni con il regime oppressore che ha occupato Al-Quds, poiché non lo considera uno Stato che possa essere legalmente riconosciuto, non lo considera legittimo. Evidentemente ciò porterà sempre a problematiche internazionali e ad un perenne gelo diplomatico con l’entità sionista, la quale viene criticata nella sua sostanza strutturale anche da molti ebrei. Non per questo lo stato iraniano ha difficoltà a relazionarsi con persone di fede ebraica; anzi, in Iran ci sono circa 20.000 ebrei che convivono in modo del tutto soddisfacente con la popolazione islamica e coi seguaci di altre fedi e godono di una loro rappresentanza in parlamento.
L’Iran, con la politica “né Occidente né Oriente, solo Repubblica Islamica”, è contro ogni sistema di governo dittatoriale e agisce politicamente per eliminare le tensioni nella regione e per contrastare ogni ingerenza straniera nella regione. La Repubblica Islamica dell’Iran ha sostenuto da sempre il ruolo dei popoli per decidere il proprio destino. L’Iran per la sua posizione geografica cerca di avere relazioni amichevoli e improntate a rispetto reciproco con i paesi confinanti. Oggi i confini terrestri, marittimi ed aerei sono considerati sicuri e le forze dell’ordine dell’Iran hanno il controllo dei confini, sicché l’Iran viene considerato tra i paesi più sicuri del mondo, in particolare del Medio Oriente.
Il giurisperito islamico, che è componente principale del governo islamico dell’Iran, ha dato al governo di Tehran una stabilità politica che impedisce ogni genere di estremismo e di violenza nell’ambito nazionale ed internazionale e cerca di promuovere il pensiero religioso nella società.
L’Iran nella sua storia non ha mai attaccato o violato un altro paese; il pensiero sciita invita i fedeli alla pace ed alla convivenza con gli altri. Tutto ciò fa dell’Iran un paese sicuro e pacifico, anche perché il popolo di questa nazione ha una civiltà rigogliosa, è fedele al suo credo islamico e segue il giurisperito islamico.
Nonostante la propaganda mediatica dell’Occidente contro di noi, l’Iran ha trovato la sua stabilità politica ed economica, che l’ha portato a diventare anche un polo scientifico regionale.

* Alì Pourmarjan è direttore dell’Istituto Culturale presso l’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran. Emanuele Bossi, collaboratore del Centro Studi Eurasia-Mediterraneo, è autore con Alì Mansour del saggio Nel cuore di Hezbollah (Anteo, 2012).

NOTE

1. Le note devono considerarsi approfondimenti dell’intervistatore successivi all’intervista, ovvero concetti non emersi in questa sede.
2. Il principale strumento normativo di riferimento è rappresentato dall’Accordo quadro di Cooperazione Culturale tra Italia e Iran, firmato nel 1958, e dal Protocollo Esecutivo del 2000. In tale ambito gli istituti culturali delle sedi diplomatiche assicurano in particolare:
– la promozione della conoscenza della cultura italiana nei suoi vari aspetti, artistici, scientifici, letterari e tecnologici;
– il mantenimento dei rapporti con le Autorità iraniane per l’attuazione dei programmi previsti dal Protocollo Esecutivo di Cooperazione Culturale;
– la cura dei rapporti con i Lettorati di italiano presso le Università in Iran;
– l’assegnazione delle borse di studio offerte annualmente dal Governo italiano;
– le informazioni sugli aspetti della vita e della cultura italiane. (Fonte: www.ambteheran.esteri.it).
3. Gli accordi bilaterali in materia di scambio culturale tra i due paesi sono oggi in fase di revisione. Esiste infatti la volontà congiunta di ampliarli ed intensificarli, ottemperando agli interessi dei rispettivi governi.
4. Il picco negativo nei rapporti tra le due nazioni si è registrato nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione Islamica Iraniana del 1979. Nonostante il parziale raffreddamento diplomatico si è sempre conservata una sorta di stabilità nei rapporti tra i due paesi, un atteggiamento che ha saputo attendere il raffreddamento della situazione internazionale per poi riprendere senza disgregare tutto quel background di rapporti preesistenti. Per altro è interessante notare che di fatto le relazioni tra i due paesi non sono mai state interrotte nemmeno durante le crisi internazionali più profonde.
5. Tra tutti i paesi islamici l’Iran è senz’altro tra i più studiati nelle università italiane sotto il profilo culturale e linguistico e quello a cui sono dedicate il maggior numero di cattedre monotematiche; di norma nel caso di altri paesi islamici si parla sempre di gruppi di paesi, di aree, regioni o territori a cui è intitolato l’insegnamento.
6. Non va dimenticato che la cultura e la lingua iraniana o farsi (questo sostantivo indica il nome della lingua persiana, ma è anche divenuto di uso comune con valore di aggettivo per esprimere il concetto di “persiano”) sono di origine indoeuropea e non arabo-semitica. Nella linguistica infatti non mancano affinità lessicali e strutturali come perfino si può dire di quelle antropologico-fisiognomiche. Sarà utile ricordare per la successiva lettura che l’Iran è un paese islamico ma non un paese arabo, non è per esempio incluso nel gruppo dei paesi della Lega Araba.
7. Fondamentale in questo senso è l’operato degli istituti culturali delle ambasciate che portano all’estero la cultura del proprio paese, promuovendo iniziative di approfondimento, studio e diffusione della propria cultura nazionale nonché incentivano attraverso appositi circuiti internazionali fieristici meeting di settore per traduttori ed editori.
8. I media occidentali tendono a dare dell’Iran e della sua politica interna ed estera una visione parziale e non obiettiva, creando una certa disinformazione, della quale a volte sono vittima, come si è visto anche tra i membri di più alto rango delle istituzioni occidentali. Questo modo quasi capzioso di fare informazione nei confronti dell’Iran da parte di alcuni media italiani è piuttosto curioso se considerati i rapporti cordiali e di cooperazione che esistono tra questo paese e l’Italia.
9. Per approfondimenti vedi: La costituzione della repubblica islamica dell’Iran, M. Pistoso S. Curzu, in “Oriente Moderno” anno 60 n. 1/6 pp. 245-271.
10. Effettivamente gran parte dell’ordinamento giuridico e costituzionale iraniano e delle sue manifestazioni si appoggiano su un sostanziale sostegno popolare espresso attraverso il sistema del voto. C’è però da chiedersi, qualora il sostegno popolare dovesse venir meno o dovesse essere messo in discussione da successive elezioni, quali sarebbero le reali possibilità del popolo iraniano di modificare il proprio ordinamento giuridico. Per ora possiamo prendere ad esempio le sentenze della magistratura che godono di molto interesse e risalto da parte della carta stampata. Queste se non incontrano il favore popolare spesso vengono sovvertite nei gradi più alti di giudizio, dove l’interesse per il volere della piazza è curiosamente molto elevato lasciando dubbiosi gli osservatori che si chiedono se si tratti di demagogia o piuttosto di un altissimo senso di civiltà che interpreta la giurisprudenza anche come la capacità di realizzare (e non frustrare come a volte avviene in Italia rispetto a certi crimini odiosi che non trovano una condanna per semplici cavilli di forma) la sensibilità e la morale di un popolo.
11. Nel caso della cronaca giudiziaria esiste una sorta di etica giornalistica la quale prevede che dell’imputato, soprattutto se su di esso ricadono accuse pesanti, per preservarne la reputazione non vengano diffuse le generalità fino alla sentenza definitiva (l’unica cosa che comunque può essere pubblicata) in caso di colpa accertata. E’ consentita tuttavia la descrizione delle fasi processuali.
12. In pratica nella tv e nel cinema iraniano non esistono programmi o produzioni vietate ai minori contenenti scene di sesso e violenza.
13. Bisogna precisare che il numero totale dei partiti registrati risulta 160, ma la maggior parte sono inattivi.
14. Come la Comunità del clero combattente, la Comunità dei religiosi combattenti, la Comunità dei docenti della scuola teologica di Qom (Houza)
15. Sui media occidentali, italiani in particolare, si tende talvolta a dare un immagine distorta dell’Iran, come se fosse un paese arretrato, fondamentalista, aggressivo e potenzialmente pericoloso per la nostra sicurezza e per la nostra civiltà, ma per l’Iran il problema della disinformazione riguarda forse più canali islamici che occidentali. Nella battaglia oggi in atto per il controllo geopolitico del Medio Oriente notiamo che il campo mediatico, assolutamente strategico, è terreno di scontro non meno aspro di quello militare. In occidente, per esempio, abbiamo molta familiarità e facilità d’accesso a canali satellitari arabi come Al-Jazeera e Al-Arabiya (le cui trasmissioni partono da paesi arabi alleati con i paesi del Patto atlantico), nomi che conosciamo molto bene. Ma pari facilità di accesso non la riscontriamo per tutte quelle emittenti satellitari, come per esempio quelle iraniane o siriane, antagoniste a quelle precedenti, che sarebbero in grado di darci un punto di vista differente o più completo.
16. Sembra inoppugnabile che l’intento delle potenze sanzionatrici sia stato quello di “tappare la bocca” ai media iraniani ed impedire la loro attività d’informazione internazionale.
17. I media iraniani, se non ci fossero le sanzioni, vorrebbero aprirsi anche al mondo arabofono.
18. Appare ora evidente, per paesi distanti dal punto di vista delle relazioni diplomatiche, l’importanza di enti come gli istituti culturali, unica autorevole fonte possibile di scambio culturale. Non è tuttavia troppo chiaro l’atteggiamento del nostro governo che, pur politicamente distante da quello iraniano, cerca di avere con questo dei floridi rapporti culturali, quasi a volersi svincolare da una situazione come quella dell’embargo più imposta che desiderata.
19. A differenza dell’Islam sunnita, in particolare di certe scuole giuridiche integraliste, l’Islam sciita non ha atteggiamenti di rifiuto aprioristico nei confronti di alcun fenomeno naturale. Anzi, nei confronti di ogni manifestazione del reale e quindi del vero, vi è innanzitutto un interesse scientifico e poi un desiderio di comprenderne ragioni ed eventuali benefici morali e intellettuali. L’Islam sciita per il suddetto motivo non contempla forme di oscurantismo puritano, considerato un bigottismo distante dal volere di Dio. Non per questo esso non sa essere intransigente nel rifiutare o negare fenomeni o comportamenti giudicati nocivi o contrari all’etica religiosa.
20. Probabilmente si può parlare dei costumi sessuali di un popolo o per meglio dire del tentativo di agire su di essi come di una vera e propria forma di soft-power. Nell’ottica dell’egemonia della globalizzazione possiamo parlare anche di globalizzazione dei costumi sociali e sessuali. I popoli nemici dell’Iran cercano di fare in modo che il popolo iraniano sia vittima di un processo di omologazione ai costumi occidentali, desiderando un certo stile di vita che non appartiene alle sue tradizioni, in modo che le infiltrazioni occidentali sul suo territorio iraniano risultino più facili e ottengano un certo riscontro e supporto da parte del popolo, le cui usanze, a ben guardare, per alcuni aspetti non sono poi così distanti da quelle in uso anche nel nostro paese fino al secondo dopoguerra, fin quando cioè non c’è stato più nessun controllo e resistenza nei confronti delle infiltrazioni culturali americane. Il mondo della cultura iraniano tuttavia reagisce con molta intelligenza a questi tentativi di influenza culturale, forte della millenaria saggezza persiana. Orgoglioso delle sue tradizioni e della sua storia, cerca di non rinunciarvi, pur andando incontro al progresso, considerando le due cose affatto in antitesi tra loro. Anzi esiste il tentativo di esportare e proporre la cultura iraniana con vari mezzi come ad esempio il cinema. Esso, che tratta con inaspettata disinvoltura anche temi spinosi, tenta di mostrare la società iraniana con le sue forze e le sue criticità. Recentemente in Italia si è svolto un festival del cinema iraniano (patrocinato dall’Istituto Culturale, e qui torna l’importanza di queste istituzioni) dove sono state proiettate pellicole interessantissime non solo per il valore artistico ma anche per il valore politico. È per esempio il caso del film Facing mirrors che tratta il tema del cambio di genere in Iran, le prospettive sociali e il difficoltoso percorso umano.
21. Quanto meno curiosa è l’attenzione anche mediatica occidentale su un fenomeno esteriore e di irrisoria rilevanza politica come l’uso del velo. Siccome esso è anche uno dei simboli per cui l’Islam in Occidente è più noto, aprire la polemica sul suo uso coercitivo sembra un tentativo di voler ingigantire un pettegolezzo; peraltro, sapendo perfettamente che questa è manifestazione dell’Islam esteriore ma irrinunciabile, parlare alla società islamica di una sua progressiva scomparsa per saggiarne il reale desiderio di modernizzarsi sembra più che altro assumere i toni della provocazione.
22. Il riferimento esplicito è alla resistenza libanese, in particolare al partito di Hezbollah e alla sua ala militare.
23. La Siria è un alleato strategico della resistenza libanese. Oltre all’appoggio politico la sua posizione geografica consente di dare vita ad un’unione territoriale tra Libano, Siria e Iran. Avere dei confini amici è un asset che rafforza enormemente l’alleanza tra i paesi alleati, evitando peraltro di dover bypassare confini ostili per l’eventuale passaggio di materiale e risorse umane.
24. Islamici e non. I servizi di sicurezza siriani stanno registrando la presenza di molti cittadini europei e australiani convertiti all’Islam da gruppi radicali sunniti e poi inviati a combattere in Siria.
25. È ormai accertato l’invio in Siria di mercenari (i servizi siriani di sicurezza stimano circa 38 i paesi di provenienza) integralisti appartenenti ai gruppi più radicali violenti e oscurantisti, che, va detto, adottano un’interpretazione del tutto autonoma ed arbitraria del Corano, discostandosi dai suoi precetti soprattutto per quanto concerne lo stile di vita e le modalità di combattimento, nel loro caso particolarmente cruento. Oltre a ciò sono molti i religiosi islamici, anche di alto rango, che prendono decisamente le distanze dal loro impianto dottrinario, nemmeno definibile tale. Secondo alcuni si tratta di una semplice orda di tagliatori di gole che compiono il sacrilego crimine di coprirsi dietro alla parola “Islam” per attuare le loro atrocità nefande. Essi in realtà offrono semplicemente alle potenze occidentali che li manovrano e ad alcuni paesi del Golfo che li finanziano la possibilità di servirsi di loro per indebolire la Siria oltre che, secondariamente, per distruggere la sua civiltà basata sulla convivenza inter-religiosa.
26. Arabia Saudita e Qatar sono tra i maggiori finanziatori dei gruppi mercenari combattenti in Siria.
27. Anche gli alleati più vicini ad Assad riconoscono la necessità di dover migliorare e modificare alcuni aspetti degli assetti politici interni alla Siria per modernizzare il paese nel probabile tentativo di volerlo far uscire da quella situazione anomala di totale identificazione istituzionale e politica con la dinastia degli Assad, che ormai pare aver raggiunto la fine della sua oggettivazione e realizzazione storica; ciò anche per dare un’immagine più credibile stabile e meno isolazionista del paese all’estero, evitando peraltro di fornire alibi per ingerenze straniere. Tuttavia si sono recentemente svolte nel paese regolari elezioni politiche che hanno confermato il sostegno popolare a Bashar al-Assad e che parte della stampa occidentale si è affrettata a definire in modo non meglio specificato “scontate” e quindi prive di valore politico. Naturalmente il valore politico di queste elezioni è invece notevole, soprattutto in quanto queste si sono svolte senza accuse di brogli o irregolarità e hanno confermato un largo sostegno ad un uomo politico definito dall’occidente un tiranno che il popolo siriano desiderava abbattere e dimenticare. Smentita giunta puntualmente.


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