Il 29 luglio scorso resterà nella storia della repubblica turca. Per la prima volta nello storico braccio di ferro tra istituzioni civili ed esercito è stato il secondo a fare un passo indietro: che si tratti di “aria di seconda repubblica” o meno il bastione del modello di stato ataturkiano è stato colpito.
Quel ruolo di arbitro delle faccende politiche che ha spinto l’esercito ad intervenire per ben tre volte nella sfera civile sembra appartenere ormai al passato. Archiviato anche il cosiddetto e-coup, l’avvertimento online contro la candidatura dell’allora ministro degli esteri Gül alla presidenza della repubblica, la Turchia è passata nelle mani di una nuova élite. Un élite che si dice islamica e democratica e che ora eleva con orgoglio l’esperienza politica turca a modello per il nuovo Medio Oriente. C’è chi pensa che dal 2002 la Turchia sia cambiata e che il ruolo dell’esercito debba cambiare a sua volta e chi teme che il cambiamento non sia altro che una mera sostituzione alle redini del paese. Anche il tradizionale scontro tra potere politico e militare segue ormai schemi diversi. Il 29 luglio scorso il Capo di Stato Maggiore Işık Koşaner insieme ai capi dell’esercito, della marina e dell’aeronautica si sono dimessi dai propri incarichi, lasciando scoperti i vertici del secondo esercito più grande della Nato. Questa volta, motivo dello scontro istituzionale è stato il respingimento della promozione di alcuni generali coinvolti nel processo “Balyoz”. Il cosiddetto “piano Balyoz”, piano martello, è un presunto progetto di destabilizzazione economica e sociale risalente al 2003 che avrebbe creato le condizioni necessarie all’intervento militare. Con la scoperta del piano, avvenuta nel 2010 durante l’inchiesta Ergenekon, e l’apertura delle investigazioni, sono state arrestate circa 200 persone tra militari in servizio e ufficiali in pensione. Teatro del nuovo scontro, lo YAS (Yüksek Askeri Şuma), il consiglio militare supremo dove vengono discussi gli avanzamenti di grado e dove, questa volta, Erdoğan è stato ritratto sedere a capotavola da solo invece che alla destra del Capo di Stato Maggiore come di norma. Il vuoto dei vertici è stato rapidamente colmato con la nomina di Necdet Özel, unico generale a non essersi dimesso, come capo delle forze armate. Ciò che è innegabile è l’inizio di un nuovo corso nei rapporti tra militari e politica come dimostra il fatto che in occasione dello “Zafer Bayramı”, il giorno in cui si celebra la vittoria contro la Grecia del 1922, è stato lo stesso Özel a congratularsi con il Presidente Gül e non il contrario. Ad aggravare il colpo ai militari, si è aggiunto poi il caso delle registrazioni contenenti le clamorose dichiarazioni di Koşaner. Nelle intercettazioni, pubblicate su internet pochi giorni dopo l’attentato del 17 agosto che ha visto l’uccisione di dieci soldati per mano del PKK, Koşaner denuncia l’impreparazione dei militari e il mal coordinamento delle operazioni condotte contro la guerriglia separatista. Altre dichiarazioni riguardano la distruzione di documenti relativi al piano Balyoz, documenti che i militari hanno sempre sostenuto appartenere ad un seminario di addestramento poi manipolati per screditare le forze armate. Messo alle strette, l’ex capo di stato maggiore ha voluto rilasciare una dichiarazione pubblica in cui riconosce le affermazioni in oggetto non come una confessione ma come un’auto-critica al funzionamento dell’esercito: “Queste affermazioni erano un’autocritica rivolta a chiarire alcune questioni importanti sul futuro delle Forze Armate, un avvertimento e una motivazione a non commettere gli stessi errori (…) Non ho mai detto che i documenti del piano Balyoz sono stati rubati (…) Come può un piano che non è ancora stato provato essere distrutto? Mi riferivo ai documenti del seminario sul piano di addestramento. Non c’è relazione con il caso Balyoz”(1). La recente richiesta di pensionamento del giudice Şeref Akçay, presidente dell’XI corte penale di Istanbul responsabile delle investigazioni sul caso Balyoz, lascia intravvedere nuovi sviluppi. Il giudice infatti si era opposto agli arresti sostenendo che i sospetti vengano trattenuti troppo a lungo in stato di detenzione e che ciò dimostra che le prove non sono state ancora assemblate(2). Sapere chi abbia pubblicato le dichiarazioni di Koşaner su internet certo aiuterebbe a capire meglio cosa sta succedendo tra militari e politica in Turchia. Erdoğan cavalca l’onda degli ultimi successi, dal referendum plebiscitario del 2010 alle recenti elezioni parlamentari, con le spalle coperte dalla sempre più influente maggioranza conservatrice. D’altra parte l’esercito come istituzione gode sempre di alta considerazione in un opinione pubblica dove il culto del generale padre della patria, Kemal Atatürk, è trasversale agli orientamenti politici. La separazione tra sfera civile è militare è essenziale ad un sistema democratico così come, ai fini di una democratizzazione sostanziale, è fondamentale che questa volta sia la società turca a svolgere un ruolo importante nel processo di riequilibrio istituzionale.
*Irene Compagnone è dottoressa in Relazioni e Politiche Internazionali (Università Orientale di Napoli)
Note:
1) “Işık Koşaner’den ilk açıklama” (La prima spiegazione di Isik Kosaner), Radikal, 27 agosto 2011,
http://www.radikal.com.tr/Radikal.aspx?aType=RadikalDetayV3&ArticleID=1061575&Date=27.08.2011&CategoryID=77
2) Usta, A. “Emeklilik istedi HSYK oynaladi”( Ha chiesto le dimissioni la HSYK ha dato l’approvazione) , Hurriyet, 6 ottobre 2011. http://www.hurriyet.com.tr/gundem/18912760.asp
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