Contrariamente ad alcune voci e indiscrezioni, la Turchia non prende parte alle operazioni militari atlantiche contro la Libia, e anzi chiede chiarimenti in merito.
Ankara ritiene che il comportamento della coalizione non sia conforme alle norme internazionali e chiede agli altri membri della NATO di rivedere i piani di eventuale intervento militare dell’organizzazione, sottolineando i danni subiti dalla popolazione civile nel corso dei primi bombardamenti alleati.
“Abbiamo il diritto di porre delle questioni e di avere delle risposte”, ha argomentato il Ministro degli Esteri Davutoğlu, precisando che il Paese avrebbe assunto una precisa posizione dopo l’incontro di inizio settimana a Bruxelles fra i membri della NATO; ma “la Turchia sarà comunque amica della Libia, agendo per la sua prosperità”, ha ribadito.
La stampa turca, non diversamente dall’opinione pubblica, teme veramente la creazione di un “nuovo Iraq” e di un ulteriore motivo di tensione e di sconcerto all’interno del mondo arabo.
Erdoğan ha chiarito, dopo alcune ore di indecisione, la posizione di Ankara, riferita dalle agenzie internazionali in particolare riprendendo le dichiarazioni riportate dal quotidiano Hürriyet: “Non parteciperemo all’azione militare. E’ impensabile che i nostri caccia bombardino il popolo libico – una tale eventualità non esiste. Non vogliamo che la Libia diventi un altro Iraq”.
E a proposito dell’Iraq, ha precisato come “in otto anni un’intera civiltà è stata distrutta, e oltre un milione di persone uccise”.
Il Capo del Governo turco ha invece manifestato l’intenzione di partecipare con forze navali al “controllo” del Mediterraneo e la disponibilità turca ad assistenza umanitaria sul territorio libico, in particolare nella zona di Bengasi.
La crisi libica interviene in un momento in cui la Turchia rilancia la sua centralità strategica e la sua capacità di gestire investimenti esteri senza rinunciare all’autonomia politica : a Gedda, nel corso del Forum economico di questi giorni, proprio Erdoğan ha sottolineato che “la Turchia è un Paese eurasiatico (…) Istanbul è raggiungibile con meno di quattro ore di volo da più di cinquanta Paesi, corrispondenti a un quarto del mercato mondiale dell’economia”.
Questa ruolo di crocevia internazionale di profilo dichiaratamente eurasiatico convive con evidente difficoltà con la partecipazione a una organizzazione – la NATO – che ha esplicitamente il suo baricentro molto più ad ovest … Intanto, in riferimento al caso libico è giunta – oltre alle richieste di chiarimenti cui accennavamo all’inizio – una precisa critica formulata da Erdoğan, abbastanza sintomatica della attuale scarsa benevolenza turca per lo schieramento atlantico : “La NATO dovrebbe intervenire per assicurare che la Libia appartenga ai libici, non per distribuire a una ristretta cerchia di Paesi le sue ricchezze e le sue risorse del sottosuolo”. Una pretesa, d’altra parte, che presumibilmente anche il leader turco sa bene essere alquanto irreale.
*Aldo Braccio, esperto del mondo turco nelle sue relazioni interne ed internazionali, è redattore di Eurasia.
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