Vedi anche: Elezioni presidenziali in Ucraina: risultati ufficiali del primo turno e Guida alle elezioni ucraine
Si è tenuto questa domenica il primo turno delle elezioni presidenziali ucraine per scegliere il successore di Viktor Juščenko, vincitore cinque anni fa grazie all’onda arancione.
I risultati definitivi comunicati dalla Commissione Elettorale Centrale hanno confermato in gran parte le aspettative della vigilia con i due principali sfidanti, Viktor Janukovič e Julia Timošenko, attestati rispettivamente al 35,32% e 25,05%, lanciati verso il ballottaggio del 7 febbraio. Accanto ai due annunciati vincitori assumono poi particolare valore i risultati ottenuti da Sergeij Tihipko, terzo con il 13% delle preferenze, e dal presidente uscente Juščenko, fermatosi come anticipato dai sondaggi pre-elettorali ad un misero 5,45%.
Grazie al risultato ottenuto, e in forza del distacco inferto alla Timošenko, Janukovič si presenterà dunque al ballottaggio come indiscusso favorito, apparendo al momento assai improbabile un ribaltone al secondo turno. Ad ogni modo le prossime settimane saranno cruciali per determinare se si tratterà davvero di una corsa senza storia, o se, nel caso di un testa a testa ravvicinato, il paese si troverà nuovamente spaccato in due, col rischio di protrarre ulteriormente l’instabilità politica ed economica dell’Ucraina.
Molto di tutto questo dipenderà dalle scelte di Sergeij Tihipko, destinato ad essere il perno della bilancia dopo il suo exploit elettorale, e probabile futuro primo ministro.
Tuttavia, nonostante si debba ancora attendere l’esito del prossimo ballottaggio per poter trarre delle conclusioni definitive, da questo primo turno sono già emersi alcuni dati che consentono di fare delle prime considerazioni abbastanza significative.
Il primo dato è, senza dubbio, la definitiva sconfitta della “rivoluzione arancione” e delle sue aspettative. Il voto di domenica è stato in primo luogo un voto di accusa contro Juščenko e ha segnalato la disillusione per le grandi promesse di rinnovamento politico ed economico del 2004. La pesante sconfitta del leader di Nostra Ucraina ha messo inoltre in evidenza il generale rifiuto degli elettori per un orientamento troppo filo-occidentale e troppo antagonista nei confronti del vicino russo, dopo le tensioni degli ultimi anni.
Al fallimento arancione ha pagato dazio anche la Timošenko, riuscita ad evitare una debacle analoga a quella del suo ex alleato, ma non in grado di ridurre il distacco da Janukovič al di sotto della soglia-rischio del 10%.
Un secondo dato estremamente importante che riguarda tutti i candidati è invece quello dell’affluenza che, seppur abbastanza elevata, ha fatto registrare un calo di quasi dieci punti rispetto al primo turno del 2004 (66% contro il 75%), testimonianza della crescente sfiducia degli ucraini nella propria classe politica, vista in gran parte come corrotta e incapace di risolvere i problemi del paese.
Il terzo dato, e forse il più importante da un punto di vista geopolitico e di maggior interesse per gli spettatori internazionali, è che indipendentemente dall’esito della sfida tra Janukovič e Timošenko si può affermare che Putin e la Russia sono i veri vincitori delle elezioni ucraine.
Già nel corso della campagna elettorale era emerso sempre più come la questione dei rapporti con la Russia fosse uno dei fattori determinanti per la vittoria, e entrambi i prossimi contendenti al ballottaggio del 7 febbraio hanno più volte espresso la propria intenzione di avviare un “reset” nelle relazioni con il Cremlino, definito come un partner strategico ed essenziale.
In generale si può quindi affermare che chiunque vinca è indubbio che l’Ucraina avrà un ripensamento rispetto al proprio orientamento filo-occidentale dell’ultimo quinquennio. E Mosca ne è pienamente consapevole, come dimostrano le dichiarazioni del ministro degli esteri russo Lavrov rilasciate all’indomani delle elezioni: «Credo che il nuovo presidente ucraino saprà certamente come costruire le nostre relazioni reciproche e non le scambierà con delle ambizioni – sue o di qualcun altro – che non hanno niente a che vedere con gli interessi della nazione Ucraina».
Un chiaro messaggio alla NATO e alla politica statunitense nell’area ex-sovietica.
* Andrea Bogi si occupa di Russia ed estero vicino per il sito di “Eurasia”
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