L’Egitto che fa notizia non è roba da tutti i giorni sui cosiddetti organi d’informazione italiani. Le ‘nostre’ tv hanno infatti dato un certo risalto (in particolare Rainews24) alle proteste popolari per il carovita scoppiate in questi giorni in alcune aree del Cairo (ma anche in altre città); proteste che vanno inquadrate nel contesto delle elezioni municipali, caratterizzate dal consueto “problema” dei Fratelli Musulmani, ufficialmente “fuori legge”[1].

Il corrispondente della Rai dal Cairo, Marc Innaro, ha così finalmente potuto proporre (anche sulle altre reti Rai) qualcosa, visto che per quanto riguarda la Palestina, e il “Medio Oriente” in generale, compresa Rai Tre, imperversa il megafono sionista Pagliara (mentre Filippo Landi, forse troppo “equidistante”, va pian piano a far compagnia a Riccardo Cristiano – reo d’aver ‘gestito male’ i primi giorni della nuova Intifada – e a Paolo Longo, spedito in Cina).

Oggi, inoltre, Prodi si trovava al Cairo, accompagnato da Montezemolo e da uno stuolo d’imprenditori italiani. “Le relazioni con l’Egitto sono ottime, e se il popolo muore di fame chi se ne frega”, potrebbe essere un lapidario commento a margine.

Ma a parte l’umorismo, va rilevato che l’informazione nostrana (quella ufficiale, intendo), disastrosa su tutti i fronti, in particolare sulla politica internazionale (si pensi all’isteria sul Tibet e alla relativa sinofobia diffusa dalle centrali della “democratizzazione arancione”), adotta per quanto riguarda l’Egitto, sistematicamente, un profilo decisamente basso. È rimasto così semisconosciuto (a parte le Ansa, che durano un battito di ciglia, ma c’è da divertirsi a ripescarle…) l’accordo sul nucleare con la Russia [2] (che potrebbe spiegare certi recenti problemi creati a Mubarak, in cerca di una stabilizzazione per la successione del figlio), ma più in generale va rilevato che è la percezione dell’importanza dell’Egitto quale perno dell’intero mondo arabo (e non solo) che con tale “profilo basso” viene completamente falsata. In altre parole, l’obiettivo costante del taglio dell’informazione riguardante questa gloriosa e popolosa nazione è quello di fornire non l’immagine di un Paese che potrebbe svolgere un ruolo da potenza regionale, quanto quella di un “Paese arabo moderato”, impegnato in un ruolo da “mediatore” nell’eterna “crisi mediorientale” che mai troverà soluzione fintantoché durerà l’assalto atlantico all’Eurasia; tradotto in parole povere, tutto ciò significa “Paese fidato”, “che non dà problemi”, “amico dell’Occidente” (e nemico perciò del suo stesso popolo [3]), con buona pace delle proteste per i “diritti umani violati”, in grado di appassionare solo dei romantici allocchi.

Questa, a mio parere, è la più evidente disinformazione sull’Egitto: una sorta di ‘disinformazione a monte’, sul peso e il ruolo che un Egitto restituito alla sua naturale funzione – com’ebbe chiaro ‘Abd el-Naser – potrebbe svolgere [4].

 


NOTE
[1] Tra gli arrestati, in questi giorni, decine di attivisti di Hizb al-‘amal al-Misri, come riferisce il giornale egiziano on line (il cartaceo è fuori legge) “Al-Sha‘b” (http://elshaab.org/). Lo stesso giornale parla d’infiltrati delle forze di sicurezza governative tra i dimostranti, di due ammazzati, decine di feriti e settecento arrestati.
La domanda posta al fondo della home page del giornale accanto alle immagini di dimostranti sanguinanti è: “Polizia egiziana o forze d’occupazione? Le immagini non mentono”.
Per approfondimenti (in arabo) sulla situazione egiziana in questi giorni: http://elshaab.org/index.php?view=all.
Sul quadro generale della politica egiziana dominata da Mubarak si legga M. Hamam, Egitto, la svolta attesa. Mubarak l’ultimo faraone, Memori, Roma 2005, mentre sulla storia degli ultimi due secoli v. M. Campanini, Storia dell’Egitto contemporaneo. Dalla rinascita ottocentesca a Mubarak, Edizioni Lavoro, Roma 2005.
[2] Cfr. Putin e Mubarak a colloquio su Medioriente e nucleare, “Peacereporter”, 25 marzo 2008 (http://www.peacereporter.net/default_news.php?idn=49370). Sui progressi della presenza russa nel mondo islamico si legga La Russia sfida gli USA nel mondo islamico, di M. K. Bhadrakumar, “Asia Times”, 5 aprile 2008, trad. it. “Arabnews.it” (http://www.arabnews.it/2008/04/05/la-russia-sfida-gli-usa-nel-mondo-islamico).
[3] Gli “aiuti” degli Stati Uniti, elargiti a condizione di “liberalizzare” l’economia del Paese, si sono tradotti – come nella ‘migliore tradizione’ di questi “aiuti” – in un progressivo impoverimento delle fasce sociali medio-basse della popolazione.
[4] Sintomatico il titolo di quest’utile rassegna stampa curata da “Arabnews.it”: Il ruolo perduto dell’Egitto (http://www.arabnews.it/?cat=157).


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Enrico Galoppini scrive su “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” dal 2005. È ricercatore del CeSEM – Centro Studi Eurasia-Mediterraneo. Diplomato in lingua araba a Tunisi e ad Amman, ha lavorato in Yemen ed ha insegnato Storia dei Paesi islamici in alcune università italiane (Torino ed Enna); attualmente insegna Lingua Araba a Torino. Ha pubblicato due libri per le Edizioni all’insegna del Veltro (Il Fascismo e l’Islam, Parma 2001 e Islamofobia, Parma 2008), nonché alcune prefazioni e centinaia di articoli su riviste e quotidiani, tra i quali “LiMes”, “Imperi”, “Levante”, “La Porta d'Oriente”, “Kervàn”, “Africana”, “Rinascita”. Si occupa prevalentemente di geopolitica e di Islam, sia dal punto di vista storico che religioso, ma anche di attualità e critica del costume. È ideatore e curatore del sito "Il Discrimine".