L’intervista originale può essere letta qui: http://www.irna.ir/NewsShow.aspx?NID=30187967.
Di seguito la trascrizione italiana:
l’invito è destinato a dimostrare che l’Iran non ha mai cercato di dotarsi di armi nucleari e non intende provarci in futuro e a contrastare le iniziative di paesi come Usa, Francia e Regno Unito destinate a rallentare i colloqui sul programma atomico di Teheran.
Ma se la Ashton conferma che non è compito dell’Ue fare gli ispettori e a visitare i siti nucleari –si chiedo gli esperti Iraniani – allora perché l’Ue partecipa al tavolo dei negoziati con l’Iran e reagisce negativamente al buon senso di Teheran?
E’ legittimo e nel suo interesse che Teheran conduca delle iniziative, rivolte ad autorità nazionali e internazionali, miranti alla “trasparenza” dei suoi siti nucleari. Il rifiuto della Ashton di far visita a degli impianti sul piano formale è di per sè corretto. Dal punto di vista tecnico, in quanto ella non è un ispettore e il suo ruolo prevede altre competenza. Dal punto di vista diplomatico, mostra l’intenzione di voler mantenere un atteggiamento di distacco, dettato anche dal fatto che l’Alto Rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione europea ricopre l’incarico di mediatore tra il 5+1 e l’Iran. Ma il nodo è politico e la domanda in questione, in realtà, solleva un aspetto delicato e da tenere in considerazione. Si tratta di un aspetto che va ben oltre le trattative sul nucleare iraniano e riguarda la stessa cifra politica dell’Ue. L’Ue, cioè, ha una sua strutturale carenza politica, un deficit di effettiva rappresentanza politico-diplomatica dei Paesi europei per tutta una serie di motivi. Questa carenza-deficit è una delle manifestazioni più sensibili dell’inconsistenza politica dell’Europa come soggetto unitario. Da ciò derivano almeno due considerazioni generali per quanto concerne il tavolo diplomatico con l’Iran. La prima è che l’Europa nel suo insieme non vi partecipa se non nelle vesti di una figura para-istituzionale, qui nel ruolo di mediatore tra le parti, con poteri politici a basso impatto decisionale. Situazione evidentemente di facciata da cui, si deduce, non ci sono da attendersi notevoli prese di posizione se non a rimorchio di altri decisori. La seconda è che, come dimostra tutta una serie di aspetti dell’esperienza comunitaria, le alte rappresentanze politico-economiche dell’Ue sono praticamente integrate nelle strategie atlantiche di fondo. Infatti, anche nel caso del nucleare iraniano, il gioco si sviluppa secondo un copione che vede gli Stati Uniti interessati a voler dare l’idea di coinvolgere altri soggetti, che però, in realtà, siano a loro più congeniali nelle trattative. Nella sostanza sono essi stessi a determinare, quantomeno sul versante occidentale, la linea di condotta e l’esito delle scelte. Ciò non toglie, naturalmente, che sulla bilancia pesino sicuramente le singole posizioni di Paesi come Francia, Germania e Gran Bretagna con le loro rispettive relazioni con l’Iran, ma queste difficilmente agiranno in maniera difforme dalle linee guida di Washington. Il discorso, invece, come è noto, si fa molto diverso sull’altro versante, dove agiscono potenze come Russia e Cina che perseguono un’autonoma e sovrana politica internazionale e a loro volta sono in grado di far pesare l’insieme delle loro relazioni con la Repubblica Islamica. Anche in occasione degli incontri di Istanbul, Teheran potrà giocare delle carte a proprio vantaggio cercando di mettere a nudo l’inconsistenza decisionale dell’Ue, se non come soggetto a rimorchio di Washington.
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