L’Ungheria è in carica alla presidenza del Consiglio dell’Unione Europea per il primo semestre 2011, succedendo alle presidenze detenute nell’anno precedente da Spagna e Belgio. Le prossime saranno quelle di Polonia, Danimarca e Cipro. Si tratta, dunque,di un anno significativo per le scelte dell’UE, le quali senza dubbio saranno improntate ad una maggiore apertura verso l’Est ed alla valutazione di politiche vicine all’Europa Centrale ed Orientale. Strong Europe with a Human Touch è il motto scelto dalla presidenza ungherese, il cui programma si sta sviluppando lungo tre grandi aree: economia, questione energetica e coesione sociale. L’agenda tocca dei temi cruciali per l’UE, quali la crisi economica e politiche energetiche, ma anche dei temi importanti per l’Ungheria, quali la politica di coesione e, appunto, la realizzazione delle infrastrutture energetiche. La presidenza di turno è stata tuttavia accolta con una certa preoccupazione a Bruxelles, perché molti osservatori rilevano delle contraddizioni tra le misure di politica interna del governo Orbán e il programma di presidenza UE scelto dal medesimo Premier ungherese.
Crisi economica, crescita e occupazione
Secondo Péter Györkös, rappresentante permanente dell’Ungheria presso l’UE, non vi è dubbio che la priorità dell’agenda ungherese è la gestione economica della crisi. Sebbene l’Ungheria non sia nell’eurozona, essa sta ugualmente sostenendo con vigore un euro forte ed una governance finanziaria più efficiente. Cruciale, in tal senso, è l’accordo che la presidenza ungherese spera di raggiungere entro giugno su sei misure legislative concernenti il rafforzamento del Patto di stabilità e crescita. Tra le proposte, l’analisi del livello di indebitamento pubblico all’interno della procedura di deficit eccessivo, la correzione di squilibri macroeconomici che alterano la competitività, un migliore processo di pianificazione e creazione del budget, la definizione di sanzioni più pesanti per i membri dell’eurozona che violano le regole di deficit e debito.
La presidenza ungherese, sulla base delle linee generali della presidenza spagnola e belga che l’hanno preceduta, si concentra quindi sulla necessità di implementare una strategia di crescita dell’UE proiettata vero il futuro e di rafforzare il coordinamento tra le politiche economiche degli Stati membri.
In particolare, la Strategia Europa 2020 ha due principali obiettivi: la crescita e l’occupazione. D’intesa con la Commissione, la presidenza ungherese intende assicurarsi che gli Stati membri implementino i target di occupazione, istruzione, ricerca, lotta alla povertà e riduzione delle emissioni di gas serra. Oltre a porre l’accento su una governance economica incentrata sulla trasparenza e sulla lotta alla speculazione, l’Ungheria sta anche guidando dibattiti e sta formulando proposte circa la creazione di un meccanismo di supervisione finanziaria permanente, al momento al vaglio della Commissione.
Le priorità della Strategia Europa 2020 sono ambiziose ed il loro raggiungimento è necessario per lo sviluppo futuro dell’UE. Non di meno, la realizzazione di questi obiettivi dipende principalmente dalla volontà degli Stati membri e da una efficace allocazione delle risorse del budget. In tal senso, durante l’attuale semestre, gli Stati membri stanno inviando alla Commissione il loro budget nazionale perché ne sia verificata la congruità con le grandi linee guida UE e se ne rilevino eventuali incoerenze.
La questione energetica
La Strategia Europa 2020 rimarca che la crescita ad alta dipendenza dal carbone è proficua nel breve periodo, ma nel lungo periodo ha dei costi maggiori rispetto ad una crescita verde, soprattutto in rapporto alla creazione di competitività e occupazione. Oltre ad essere motivato da un’analisi cost-benefit, il graduale passaggio alle fonti rinnovabili si impone quale priorità a causa della concorrenza di Stati Uniti, Cina e Corea del Sud. Non esiste, è vero, un compromesso globale sul cambiamento climatico, ma la Cina sta assurgendo sempre più al ruolo di leader mondiale nella tecnologia per la produzione di energia solare ed eolica. L’attenzione cinese per le fonti rinnovabili trova ulteriore riscontro nel recente dodicesimo piano quinquennale varato da Pechino.
A ben guardare, i costi della decarbonizzazione assumono una rilevanza particolare nei Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale non solo per la presidenza ungherese e polacca, ma anche perché in quest’area i temi di efficienza energetica e di infrastrutture energetiche sono di vitale importanza. Restano, tuttavia, perplessità sui reali sforzi ungheresi a favore di una politica energetica comune perché la Russia è uno dei più importanti investitori in Ungheria e i rapporti tra Gazprom e Mol – la compagnia di Stato ungherese – sono ben consolidati.
Politica di coesione sociale
In questi giorni la presidenza ungherese sta incentrando la propria attività diplomatica sui temi di coesione sociale, per combattere povertà, esclusione e discriminazione, con particolare attenzione alla comunità rom. La popolazione rom è la maggiore minoranza etnica in Europa e secondo gli analisti costituisce un gruppo di circa 10-12 milioni di persone negli Stati membri, di cui 700-800 mila in Ungheria. Si tratta quindi di una questione cruciale per lo Stato magiaro che, in continuità con la presidenza spagnola e la presidenza belga, auspica l’implementazione della Strategia dell’UE per l’inclusione dei rom. Durante la recente assemblea plenaria di Strasburgo, in cui è stato approvato il testo della Strategia, l’Ungheria ha ribadito la necessità di creare programmi di inserimento nazionali e regionali con dei target minimi da rispettare sui temi dell’istruzione, assistenza sanitaria, alloggi e diritti delle donne, prevedendo penalità nel caso in cui questi non vengano rispettati.
Anche l’ammissione di Bulgaria e Romania all’area Schengen resta una priorità assoluta per la presidenza ungherese, ma sia la Francia che la Germania sono contrarie. Per questo, l’Ungheria al momento ritiene più efficace concentrare i propri sforzi diplomatici su una europeizzazione della questione, legandola, cioè, ai temi di sicurezza e immigrazione clandestina, con l’obiettivo di ottenere risultati concreti prima di giugno.
Instabilità nel Vicino e Medio Oriente
Un tema che si è inaspettatamente imposto al vertice dell’agenda della presidenza ungherese è l’instabilità nel Vicino Oriente e, in particolare, la complessa questione libica. Recentemente il Parlamento europeo, forte del sostegno della presidenza ungherese, ha chiesto in una risoluzione approvata a larga maggioranza il riconoscimento ufficiale da parte dell’UE del Consiglio di transizione libico, auspicando anche una no-fly zone d’intesa con Nazioni Unite, Unione Africana e Lega Araba.
Secondo il Ministro degli Esteri ungherese Janosz Martonyi, l’UE avrebbe già riconosciuto de facto il Consiglio nazionale libico in virtù dei recenti incontri svoltisi al Parlamento europeo – e alla presenza dell’Alto Rappresentante UE per la Politica Estera e di Sicurezza Comune – con i rappresentanti dell’opposizione al regime di Gheddafi. Inoltre, il Consiglio europeo, su richiesta dell’ONU, ha esteso le misure restrittive adottate in precedenza ad altre cinque organizzazioni finanziarie (Banca centrale della Libia, Portafoglio di investimenti Libia Africa, Libyan Foreign Bank, Libyan Housing and Infrastructure Board, Libyan Investment Authority), in quanto controllate da Muammar Gheddafi e famiglia e potenziale fonte di finanziamento del suo regime, e ad una persona fisica, Mustafa Zarti, cittadino austriaco in stretta associazione con il regime, vicepresidente del consiglio d’amministrazione
della Libyan Investment Authority, membro del comitato esecutivo della National Oil Corporation, capo della società petrolifera Tamoil e vicepresidente della First Energy Bank nel Bahrein.
La controversa legge sui mezzi di comunicazione in Ungheria
Se in ambito comunitario l’Ungheria ha adottato un’agenda congrua alle esigenze europee e affine ai valori dell’UE, molti osservatori ravvisano delle contraddizioni nella sua politica interna. Di recente la Commissione ha bocciato la richiesta di alcuni Stati dell’Europa Centrale e Orientale di accettare un maggiore deficit per finanziare la transizione verso un sistema pensionistico parzialmente sovvenzionato dallo Stato. Tensioni tra la Commissione Barroso e l’Ungheria erano già emerse lo scorso novembre, quando il nuovo governo Orbán ha chiesto di finanziare la riduzione delle tasse con il deficit.
Inoltre, il partito di centro-destra guidato da Orbán, Fidesz, è stato per otto anni all’opposizione e nelle ultime elezioni è riuscito ad assorbire i voti tradizionalmente ricevuti dal partito di estrema destra Jobbik, con il quale non si è alleato. Molti osservatori europei sono però concordi nel ritenere che lo stile politico di Orbán ne condivida lo stampo nazionalista e populista.
Più in particolare, l’UE è preoccupata da un lato dalla rinazionalizzazione di alcune aziende, operazione difficilmente sostenibile dalla fragile economia ungherese e, dall’altro, da una legge che ha fissato al 4 giugno la festa dell’Unità nazionale, in memoria del Trattato di Trianon del 1920 che sancì la fine del glorioso impero austro-ungarico. La più controversa delle leggi riguarda però i mezzi di comunicazione: questa prevede la creazione di un organo presieduto da membri eletti dalla maggioranza di governo che vigili sui mezzi di comunicazione attraverso multe e sospensione di servizi di informazione.
Il Parlamento europeo ha votato una risoluzione, fortemente voluta dalla Germania, che assieme alla Russia è uno dei principali investitori in Ungheria, in cui si chiedono ulteriori modifiche della legge, già rivista dall’esecutivo Orbán dopo le pressioni sul suo governo da parte della Commissione europea. Secondo la risoluzione parlamentare, infatti, una iper-regolamentazione dei media è controproducente per l’esistenza di un effettivo pluralismo nella sfera pubblica. Per questo motivo il Parlamento ha anche chiesto alla Commissione di proporre una direttiva UE su libertà dei media, pluralismo e governance indipendente. Il governo Orbán si è detto disponibile a modificare ulteriormente la legge laddove questa non sia in linea con il diritto europeo.
Prospettive del semestre di presidenza ungherese
Le proposte della presidenza ungherese sembrano inserirsi senza grandi problemi nelle attuali priorità dell’UE. Il binomio crescita-occupazione è difatti diventato quasi un imperativo in seguito alla crisi economia che attraversa l’Unione Europea e che necessita, pertanto, di una strategia tanto nel breve quanto nel medio-lungo periodo.
Anche la questione energetica, tornata in auge alla luce delle situazioni critiche nel Vicino Oriente, resta una priorità per molti degli Stati membri occidentali e ancor più per gli Stati dell’Europa Centrale e Orientale, la cui dipendenza dalla Russia non sembra dare sufficienti garanzie nel breve periodo. Oltre al tema delle infrastrutture energetiche, la presidenza ungherese, e con molta probabilità anche la presidenza polacca che comincerà nel secondo semestre del 2011, continuerà a portare al centro dei dibattiti gli interessi degli Stati entrati durante l’allargamento ad Est del 2004 e del 2007, quali la politica di coesione sociale, di vicinato e di ulteriore allargamento ai restanti Paesi dell’Europa Orientale..
Sul tema della coesione sociale, con particolare riferimento alla comunità rom, il Parlamento europeo si è espresso a favore della proposta ungherese. Budapest attende quindi il parere della Commissione, in modo da poter inserire la Strategia dell’UE per l’inclusione dei rom nell’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri che si terrà giugno.
Bruxelles continua, tuttavia, a nutrire alcune preoccupazioni per le contraddizioni tra l’agenda ungherese in sede comunitaria e gli interessi dell’esecutivo Orbán nella politica interna del Paese. In particolare, sono emerse tensioni sulla legge concernente i mezzi di comunicazione, già rivista in seguito alle pressioni da parte della Commissione. La via dell’intransigenza, oltre ad essere diplomaticamente insostenibile, sarebbe dannosa per i risultati che l’Ungheria è decisa a conseguire. La ricerca del giusto equilibrio tra l’agenda della politica interna e le linee guida delineate in seno alla presidenza del Consiglio UE, e quindi la scelta della via europea e diplomatica, è non solo più probabile ma anche cruciale per il successo cui l’Ungheria aspira alla fine del semestre di presidenza.
* Oronzo Daloiso ha studiato presso il King’s College London (Bachelor of Arts Honours in European Studies), l’Institut d’Etudes Politiques-Sciences Po Paris, la London School of Economics e la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. In precedenza ha lavorato presso il Parlamento della Provincia di Buenos Aires, il Parlamento Europeo, la Fondazione Joseph Károlyi di Budapest.
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