Il pieno riconoscimento turco dell’integrità territoriale cinese ha cancellato le passate polemiche su Uiguri e Xinijang e decisamente favorito il forte sviluppo delle relazioni fra i due Paesi, soprattutto dal punto di vista economico. L’avvicinamento di Ankara all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai costituirà il primo passo per una più ampia integrazione di carattere geopolitico?
Superata la breve crisi del 2009 – allorché una serie di incidenti fra Han e Uiguri nella regione dello Xinijang determinò le dure critiche dell’esecutivo turco alla politica cinese in quell’area – gli anni più recenti hanno visto un significativo aumento delle relazioni sino-turche.
Innanzitutto, il governo cinese ha potuto incassare il pieno sostegno di Ankara nei confronti di ogni separatismo e di ogni forma di eversione terrorista: nel luglio 2013 Repubblica Popolare Cinese e Turchia hanno affermato la loro volontà di cooperazione in questo campo, nel rispetto dell’ integrità nazionale dei due Paesi. La politica cinese ha effettivamente confermato la sua buona volontà e la sua apertura nei confronti della minoranza uigura, sicché i disordini che di tanto in tanto affiorano sono interpretati da parte turca per quello che sono, e cioè manifestazioni periodiche di frange separatiste che non coinvolgono la grande maggioranza della popolazione uigura; in qualche caso si tratta di dissapori e problemi di carattere locale che rientrano in un limite fisiologico di scontro/confronto, e la cui gestione non richiede certamente intrusioni di Stati esteri o prese di posizione invasive da parte di organizzazioni internazionali.
Il 2013 è stato dichiarato in Cina “anno della Turchia” (con inaugurazioni ufficiali tenutesi nel mese di marzo a Pechino e a Shanghai), mentre il 2012 era stato “anno della Cina” nel Paese della Mezzaluna: riscontri evidenti di una rinnovata attenzione fra i due Paesi, i cui interessi gravitano anche verso la vasta area dell’Asia centrale ove la turcofonia è ben presente così come la capacità di investimenti economici di Pechino. L’inserimento della Turchia come “partner di dialogo” dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (aprile 2013) – lo stesso ruolo attualmente ricoperto dalla Bielorussia e dallo Sri Lanka – costituisce una svolta importante nelle relazioni fra Ankara e Pechino, considerato anche che la dirigenza turca considera il ruolo di partner come preliminare a una futura adesione a pieno titolo all’Organizzazione.
Nell’ottobre 2010 il Primo Ministro Wen Jiabao si era recato in Turchia dando il via a una positiva ripresa delle relazioni sinoturche. In quell’occasione venivano stipulati fra i due Paesi ben quattro accordi di carattere generale:
- Accordo di contesto per l’ulteriore espansione e approfondimento della cooperazione bilaterale in materia di commercio ed economia;
- Memorandum di intesa per l’avvio di uno studio congiunto riguardante un piano di sviluppo a medio e a lungo termine della cooperazione in materia di commercio ed economia;
- Memorandum di intesa per il miglioramento della cooperazione nella realizzazione di infrastrutture e nei servizi di consulenza tecnica in Paesi terzi;
- Memorandum di intesa per la composizione di un gruppo di lavoro congiunto avente a oggetto la nuova Via della Seta.
Tali accordi si aggiungevano a quelli già in vigore nel 2010, da quello sul commercio (stipulato fra le parti fin dal 1974) a quelli su economia, industria e cooperazione tecnica (1981), sulla protezione e promozione degli investimenti (1990), sulla salvaguardia dalla doppia tassazione (1995) e al memorandum d’intesa fra il sottosegretariato del Primo Ministro presso il ministero del commercio estero turco e il ministero per il commercio estero e la cooperazione economica della RPC in tema di consultazioni fra i due Paesi in materia di commercio (1999).
Nel 2012 si è registrata un’altra importante visita: in febbraio il Vicepresidente Xi Jinping ha incontrato ad Ankara il Presidente Gül, indicando nella Turchia “uno dei Paesi più interessanti del mondo” e rievocando il legame intercorrente lungo la storica Via della Seta. Oltre cento delegazioni di affari provenienti dalla Cina hanno stabilito nell’occasione importanti contatti con la controparte, mentre sono stati sottoscritti accordi economici per un valore di quasi quattro miliardi e mezzo di dollari.
Nell’aprile 2012 è stato il Primo Ministro turco Erdogan a recarsi in Cina e a incontrare Wen Jiabao, per il primo incontro fra Capi di Governo dei due Stati dopo 27 anni. Oltre che a intensificare gli accordi commerciali, la visita ha contribuito a fissare la cooperazione fra i due Paesi in ambito nucleare, con forti investimenti cinesi in Turchia in quel settore. Nel 2013 meritano particolarmente di essere menzionati gli accordi per la modernizzazione e in qualche caso la creazione ex novo di linee ferroviarie in Turchia, in vista anche di un collegamento ad alta velocità fra i due Paesi e della realizzazione di una linea che collegherà Istanbul a Shanghai senza fermate intermedie (un primo approccio sulla questione si era tenuto nel luglio 2010 a Pechino in un incontro fra i rispettivi ministri dei trasporti).
Negli anni recenti, insomma, le relazioni e la cooperazione fra Cina e Turchia hanno prese il volo: il valore dell’interscambio commerciale, che nel 2000 era di un miliardo di dollari, nel 2012 ha superato i 24 miliardi, ed è in fortissima crescita, tanto che alcuni analisti pensano possa raggiungere i 50 miliardi nel 2015 e rasentare i 100 miliardi intorno al 2020. Di tali 24 miliardi, le esportazioni cinesi verso la Turchia rappresentano la gran parte (21,3 miliardi, contro 2,8 miliardi di esportazioni turche verso la RPC); in forza di ciò, la Cina rappresenta per la Turchia il terzo più importante Paese al mondo – dopo Germania e Russia – per quanto riguarda le importazioni. Le categorie più rappresentate sono quelle delle telecomunicazioni, dell’elettronica e dell’elaborazione dei dati, dei filati tessili e del macchinario industriale, mentre ultimamente sta crescendo grandemente anche l’importazione di tubi senza saldatura.
Nel campo degli investimenti il margine di crescita è senza dubbio ampio, posizionandosi l’impegno cinese in Turchia – a quanto segnala la Banca Centrale turca – intorno ai 26 milioni di dollari nel decennio 2002/2012, un importo non particolarmente rilevante. La politica di massicci investimenti all’estero perseguita dal governo della RPC determinerà certamente una consistente crescita dei flussi, secondo quella linea di tendenza che è già stata anticipata – come segnalato – nel settore ferroviario e in quello nucleare, e che potrebbe riguardare anche i collegamenti autostradali. Per il momento sono circa 450 le imprese cinesi che operano nel Paese della Mezzaluna, e di queste circa il 10 % dispone di un capitale sociale superiore ai 500.000 dollari.
Confronto culturale e spiccata cooperazione economica non consentono ancora di parlare di convergenza politica fra Cina e Turchia, anche se l’avvicinamento di Ankara all’Organizzazione di Shanghai e l’assenza di reali motivi di frizione fra i due Paesi possono favorire a medio – lungo termine questa ipotesi. Sarà importante, in questo contesto, che cinesi e turchi sappiano percorrere il loro cammino sulla strada di un’effettiva sovranità geopolitica non compromessa da pressioni internazionali.
* Aldo Braccio è redattore di “Eurasia”
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