Le relazioni austro-russe hanno costituito una costante dello scenario geopolitico dell’Europa centrale fin dal XVIII secolo. Ai tempi in cui l’Austria era parte dell’allora Sacro Romano Impero, le relazioni tra le due corone imperiali (quella degli zar e quella della casata d’Asburgo) furono centrali nel costituire una barriera cristiana all’espansione dell’Impero Ottomano verso nordest e nordovest. A testimonianza di quanto strategiche a livello territoriale fossero considerate queste relazioni da parte della corona d’Asburgo, va ricordato che le prime notizie di carattere etnografico sul popolo russo, entrarono in Europa occidentale nel XVI secolo grazie al Rerum Moscoviticarum Commentarii, opera del diplomatico imperiale Sigmund Von Heberstein, che fu due volte ambasciatore del Sacro Romano Impero in Russia(1).
Peraltro è curioso osservare come, già ai tempi di Von Heberstein, sul piano ideale e spirituale le due corone fossero unite non solo da interessi strategici, ma anche dalla stretta correlazione di stampo tradizionale tra il potere politico e il potere religioso. Il termine slavo “Tsar” derivava infatti dal latino “Caesar”(2), utilizzato quindi per indicare una monarchia di stampo imperiale nel senso medioevale del termine. Tre secoli più tardi tale unità ideale trae nuova linfa nell’ambito delle guerre napoleoniche, quando fu lo zar Alessandro I a farsi promotore di quella Santa Alleanza che includeva anche l’Austria e la Prussia e il cui compito, sconfitto Napoleone, era quello di prevenire il riemergere di focolai di carattere antimonarchico in Europa occidentale, ponendovi come argine un significativo blocco mitteleuropeo(3). A suggellare la sacralità di tale missione era venuta in soccorso, già dal biennio 1806-1807, la presa di posizione della Chiesa Ortodossa russa, da parte della quale il Bonaparte era frequentemente presentato come l’Anticristo(4). Tale affinità ideologica tra Russia ed Austria perdurò in maniera significativa fino alla conclusione dei moti del 1848.
Dalla seconda metà del XIX secolo, le pulsioni panslaviste dell’impero russo, che minavano le sostanziali fondamenta dell’impero austroungarico, accesero un periodo di ostilità intermittente tra i due Paesi che si concluse solamente al termine del secondo conflitto mondiale, quando l’Austria fu suddivisa in quattro zone d’influenza (americana, francese, inglese e sovietica), salvo recuperare pienamente la propria sovranità nel 1955. Fu allora che le relazioni tra due Paesi (l’Austria democratica e l’Unione Sovietica) ripresero quota, questa volta su un filo conduttore per certi aspetti diametralmente opposto a quello che aveva caratterizzato il sodalizio di un secolo prima, dato che all’opposizione al liberalismo si sostituì, quale collante, il socialismo. Primo cancelliere, già dal 1945, dell’Austria liberata dai nazisti fu infatti il socialista Karl Renner, il quale godeva del favore di Stalin(5) e che per questo solo dopo diversi mesi fu riconosciuto quale legittimo governante dalle altre forze alleate.
Proprio Karl Renner fu uno dei leader della corrente cosidetta “austromarxista” che, formatasi nella polveriera culturale dell’ultimo impero austroungarico, sviluppò all’interno del Partito Socialdemocratico (SPO) una propria e autonoma visione del socialismo che tentava di realizzare una sintesi tra il rispetto dell’autodeterminazione delle comunità etniche locali e il concetto di stato nazionale(6). Tale terzietà di pensiero rispetto alle posizioni politiche dominanti a livello globale (gli austromarxisti si opponevano decisamente alla critica dell’interesse nazionale quale “stratagemma borghese”(7)), all’interno del mondo politico austriaco non fu tuttavia esclusiva del fronte socialista. Basti qui citare la figura di Julius Raab, cancelliere del Partito Popolare Austriaco (OVP) dal 1953 al 1961 e precedentemente membro del Governo di Engelbert Dollfuss (1934-38). Raab nel 1955 si fece promotore della Commissione congiunta dei prezzi e dei salari, una chiara rievocazione del pensiero corporativista, che era appunto alla base dell’esecutivo Dollfuss ma anche, come è noto, della dottrina economica fascista(8). E proprio in una prospettiva di collaborazione consociativa e corporativa, a differenza di altri Paesi europei, l’Austria si caratterizzò nel dopoguerra per una coalizione tra le due principali forze politiche (socialisti e popolari) che fino agli anni ’60 produssero governi di unità nazionale che procedettero alla nazionalizzazione di comparti industriali strategici e alla costruzione di un moderno sistema di welfare.
Sia tale carattere di terzietà, che la presenza di un forte partito socialista come il SPO, ebbero un ruolo non secondario nel determinare il comportamento dell’Austria durante la Guerra Fredda. Il 26 ottobre del 1955, il giorno seguente all’abbandono del territorio austriaco da parte delle ultime truppe alleate, il parlamento approvò infatti la neutralità del Paese, che è ancor oggi parte del diritto internazionale(9). Questo fu un successo della diplomazia di Mosca, che, tramontato definitivamente nel 1950 il tentativo di inglobare il Paese nella sua orbita con l’appoggio di socialisti e comunisti, evitò in questo modo una “nuova Germania” contesa tra il blocco atlantico e quello sovietico. Che il sentimento di indipendenza rispetto ai principali attori geopolitici fosse sentito realmente dalla classe dirigente austriaca è del resto ben rappresentato dal fatto che il 26 ottobre è tutt’ora celebrato come giorno festivo.
Dalla fine degli anni ’80, con il progressivo venir meno della pressione di Mosca a Est per il mantenimento di una rigida posizione di neutralità, si ripropose la questione di un ingresso del Paese nella Comunità Europea(10), che fu infine formalizzato nel 1995 e, salvo eccezioni nell’ala sinistra dell’SPO, appoggiato trasversalmente negli anni dalle forze politiche di Governo. Un’integrazione del Paese alla NATO, opzione questa tradizionalmente vista, soprattutto a partire dagli anni ’60 che videro la fine dei governi di coalizione, con favore dai popolari dell’OVP e invece osteggiata dai socialdemocratici del SPO(11). Il ruolo del SPO nei rapporti con l’Unione Sovietica meriterebbe una trattazione più approfondita. Basti però citare come, negli anni ’50 e ’60, il partito fosse frequentemente sospettato di lassismo nei confronti dell’intelligence sovietica(12).
Tali atteggiamenti restarono sostanzialmente immutati fino ai primi anni 2000. Gli eventi subirono un’accelerazione con la guerra in Bosnia Erzegovina, che vide l’Austria siglare il documento Partnership for Peace (1995) per poi inviare le proprie truppe a sostegno dei contingenti NATO nei balcani e di nuovo nel 1999 in Kossovo. Nel luglio 2002, il presidente austriaco Thomas Klestil incontrò il Segretario Generale della NATO, Lord Robertson, incontro che precedette l’invio di truppe austriache a supporto del contingente atlantico in Afghanistan. Nel giugno 2011 si registrò la visita ufficiale di Anders Fogh Rasmussen (Segretario Generale della NATO) a Vienna(13). Politicamente significativo è infine stato il processo di valutazione svoltosi dal 21 al 30 maggio del 2013 alla base di Allentsteig, dove funzionari NATO hanno supervisionato il livello di preparazione delle truppe destinate al progetto PfP per verificare che fossero compatibili con gli standard dell’alleanza per il progetto EURAD13(14). D’altra parte è bene dire che, se da un lato i servizi di intelligence sovietica ebbero per l’Austria un interesse particolare, dall’altro sebbene al di fuori della NATO oggi il Paese ha sul suo territorio due basi militari americane: si tratta di Neulengbach e Konigswarte, gestite e coordinate dal Comando generale statunitense della National Security Agency di Fort Meade (nel Maryland) e organizzate in cooperazione con i servizi segreti britannici, canadesi, australiani e neozelandesi(15).
Il processo di integrazione europea non ha però troncato le relazioni dell’Austria con la Federazione Russa. Anzi. Secondo un analista della The Jamestown Foundation, lo scomparso austro-americano Roman Kupchinski, anche dopo la fine della Guerra Fredda, l’Austria è rimasto uno degli hub favoriti dall’intelligence di Mosca tanto che, secondo il medesimo autore, l’SVR (servizio di intelligence russo all’estero) avrebbe proprio a Vienna la sua centrale più importante in Europa(16). Quel che è certo tuttavia, è la presenza proprio in Austria di numerose compagnie legate al mercato delle commodities e connesse con la compagnia di stato russa Gazprom. Proprio il comparto energetico è centrale nell’attuale assetto di relazioni commerciali tra Austria e Russia. Il 24 aprile del 2010, la partecipata statale OMV, prima tra le aziende dei Paesi europei a siglare accordi commerciali con l’Unione Sovietica nel 1968, siglò un accordo di cooperazione con Gazprom per la costruzione della sezione austriaca di South Stream mentre il 29 aprile del 2014, già in piena crisi ucraina, il CEO di OMV, Gerhard Roiss siglò con Gazprom un memorandum che prevedeva la partecipazione della compagnia russa nel Central European Gas Hub, situato nel piccolo comune di Baumgarten, nello stato federato del Burgenland(17). Un luogo quasi simbolico: governato dal 1964 da esponenti dell’SPO, il Burgenland, trovandosi al confine con l’Ungheria, Paese del quale ospitava un significativa minoranza etnica, era negli anni della “cortina di ferro” strategicamente significativo.
Lungi dal rappresentare un atto di sudditanza, l’accordo tra OMV e Gazprom rientrava in una logica di mutuale convenienza. Dipendente per il 60% dalle forniture di gas provenienti dalla Federazione Russa, OMV aveva avviato nel 2012 un progetto per estrarre gas dalle coste rumene del Mar Nero attraverso una partnership tra la Petrom (compagnia rumena controllata a maggioranza da OMV) ed Exxon Mobil. In questo modo OMV, qualora South Stream avesse visto la luce, avrebbe paradossalmente potuto utilizzare le infrastrutture realizzate con la collaborazione di Gazprom per ridurre la propria dipendenza dal mercato russo, come osservato anche dal New York Times in un articolo dello scorso 22 luglio(18).
Visto lo scenario, non sorprende dunque che nel mese di dicembre, anche in seguito all’annuncio da parte del presidente russo Vladimir Putin della cancellazione del progetto South Stream, il cancelliere austriaco del PSO Werner Faymann abbia preso rigidamente posizione sia contro le sanzioni alla Russia (17 dicembre)(19), sia contro il Trattato transatlantico di libero scambio (TTIP)(18 dicembre)(20), che prevede un’integrazione tra il mercato europeo e quello nordamericano. Relativamente al TTIP, Faymann ha spiegato come l’Austria non intenda avallare una concessione di privilegi alle multinazionali americane, mentre relativamente alle sanzioni, il cancelliere ha affermato che l’Unione Europea non deve essere “una versione in abiti civili della NATO”.
Tale dichiarazione, più che la prima, è significativa in quanto rappresenta non solo una presa di posizione squisitamente pratica, ma anche e soprattutto ideologica (per il rifiuto di un trattato estremamente liberomercatista) rispetto ai rapporti di Vienna con l’alleanza atlantica che, come abbiamo visto, dalla metà degli anni ’90 si sono evoluti in un sostanziale crescendo. Tale presa di posizione dimostra come l’Austria, sebbene oggi integrata nel contesto dell’Europa comunitaria, sia ancora pronta a tornare a svolgere, all’occorrenza, un ruolo di autonomia, terzietà e alterità nel contesto politico europeo. Una possibilità questa che, rispetto ad altri Paesi europei, deriva, oltre che dal diritto internazionale, anche da una ridotta presenza militare straniera sul proprio territorio. L’Austria può dunque appresentare, nell’ambito dell’attuale momento di forte criticità nei rapporti tra la Federazione Russa, l’Unione Europea e la NATO, un cuscinetto in grado di ammorbidire in seno all’Europa le posizioni atlantiste più intransigenti, rappresentando così per Mosca un potenziale partner di primissimo piano anche per gli anni a venire e, data la sua lunga storia, un punto di riferimento strategico per il panorama mitteleuropeo.
NOTE
1. http://www.hs-augsburg.de/~harsch/germanica/Chronologie/16Jh/Sigismund/sig_intr.html
2. G.Davidson, Coincise English Dictionary, Wordsworth Editions Ltd. 2007, ISBN 1840224975, pag.1000
3. cfr. H.Troyat, Alessandro I. Lo zar della Santa Alleanza, Bompiani, 2001, ISBN 8845291170, 9788845291173
4. P.G.Dwyer, Napoleon and Europe, Routledge, 2014, ISBN 1317882717, 9781317882718, pag.255
5. H.Picks, Guilty victims: Austria from the holocaust to Haider, I.B.Tauris, 2000, ISBN 1860646182, 9781860646188, pag.35
6. M.Cattaruzza, La nazione in rosso: socialismo, comunismo e questione nazionale, 1889-1953, Rubbettino Editore, 2005, ISBN, 8849811772, 9788849811773, pag.17
7. M.Lallement, Le idee della sociologia, volume 1, EDIZIONI DEDALO, 1996, ISBN 8822002024, 9788822002020, pag.108
8. P.S.Adams, The Europeanization of the Social Partnership: The Future of Neo-corporatism in Austria and Germany, ProQuest, 2008, ISBN 0549663916, 9780549663911, pag.171
9. J.A.K.Hey, Small States in World Politics: Explaining Foreign Policy Behavior, Lynne Rienner Publishers, 2003, ISBN 1555879438, 9781555879433, pag.96
10. R.Luther – W.C.Mueller, Politics in Austria: Still a Case of Consociationalism, Routledge, 2014, ISBN 1135193347, 9781135193348, pag.203
11. G.Bischof-A.Pelinka-M.Gehler, Austrian Foreign Policy in Historical Context, Transaction Publishers, 2006, ISBN 1412817684, 9781412817684, pag.212
12. B.Volodarsky, The KGB’s Poison Factory, Frontline Books, 2013, ISBN 1473815738, 9781473815735 , pag.118
13. http://www.nato.int/cps/en/natohq/news_75912.htm?selectedLocale=en
14. http://www.aco.nato.int/nato-evaluates-the-capability-of-the-austrian-armed-forces.aspx
15. http://www.eurasia-rivista.org/dal-mare-nostrum-al-gallinarium-americanum-basi-usa-in-europa-mediterraneo-e-vicino-oriente/15230/
16. http://www.jamestown.org/single/?no_cache=1&tx_ttnews%5Btt_news%5D=34516#.VJ2_KV4BY
17. http://www.south-stream.info/press/news/news-item/south-stream-returning-to-austria/
18. http://www.nytimes.com/2014/07/23/business/energy-environment/an-austrian-company-in-gazproms-grip.html?_r=0
19. http://derstandard.at/2000009627760/Faymann-zieht-EU-Sanktionen-in-Zweifel
20. http://www.krone.at/Oesterreich/Faymann_droht_im_Ernstfall_mit_TTIP-Klage-Auch_im_Alleingang-Story-432130
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