Un anno fa, il barile di petrolio raggiungeva il prezzo record di 147 dollari. Il mondo intero si rivolse allora all’Arabia Saudita — tradizionale produttore a cui appoggiarsi — per chiederle di aumentare la sua produzione al fine di rispondere alla domanda stabilizzando i prezzi. Ma il Regno non ne fu capace perché i suoi pozzi si stanno esaurendo. Questo avvenimento segna la fine di un periodo. In una drammatica concatenazione, la presa di coscienza che la crescita economica sarebbe ormai limitata dalla rarefazione dell’energia fossile, ha fatto crollare gli investimenti, la domanda di petrolio ed il suo prezzo.
In un’intervista esclusiva concessa al Réseau Voltaire, Richard Heinberg, autore noto per i suoi lavori sulla deplezione delle risorse, esamina questo storico avvenimento, le sue conseguenze per l’attività umana e le prospettive per il futuro.
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14 agosto 2009
Réseau Voltaire : Secondo la maggior parte dei media, l’origine della crisi finanziaria va cercata all’interno stesso del sistema finanziario. Questa spiegazione la soddisfa o, invece, come da lei suggerito in maniera premonitrice in Pétrole : La fête est finie ! [1], sarebbe un fattore essenziale anche la mancanza di fiducia nella ripresa della crescita fondata su una produzione di petrolio ?
Richard Heinberg : Nel 2008 si è prodotta la più importante impennata mai vista dei prezzi dell’energia. Storicamente, le fiammate del prezzo dell’energia hanno sempre condotto ad una recessione. Per questo, era ragionevole prevedere una grave recessione per il primo trimestre del 2008. infatti, la recessione è iniziata un po’ prima e si è rivelata più profonda e persistente di qualsiasi altra degli ultimi decenni. Ciò deriva dal fatto che un crac finanziario era divenuto più o meno invitabile a causa dell’esistenza di una moltitudine di bolle nell’immobiliare e nei mercati finanziari.
L’impatto della crisi sull’industria aeronautica e sui costruttori di automobili e di camion è largamente dovuta ai prezzi dell’energia. La caduta dei valori immobiliari e l’aumento del numero delle ipoteche non sono tanto legati al petrolio.
Tuttavia, ad un livello avanzato di analisi, l’aspirazione della nostra società ad una crescita economica perpetua è basata sull’ipotesi che avremo sempre a disposizione volumi crescenti d’energia a basso costo per alimentare i nostri mercati di produzione e di distribuzione. Tale aspirazione alla crescita si è istituzionalizzata attraverso livelli sempre crescenti di debito e di sopravvalutazione. È così che quando i volumi disponibili di energia hanno cominciato a stagnare o a declinare, il castello di carta del mondo finanziario è completamente crollato.
Sfortunatamente, la crisi resta ampiamente incompresa dai dirigenti del mondo intero. Questi ultimi pretendono che essa abbia un’origine unicamente finanziaria ; inoltre, pretendono che sia transitoria. Credono che, se noi sosteniamo a sufficienza le banche, la crescita economica ridiverrà positiva e tutto andrà bene. Di fatto, il nostro attuale sistema finanziario non può essere ricondotto a funzionare in un mondo in cui le risorse energetiche diminuiscono. Abbiamo bisogno di un’economia che possa andare incontro ai bisogni primari dell’umanità senza aumentare il nostro ritmo di consumo delle risorse. A questo fine sarà necessaria la creazione di sistemi monetari e di istituzioni finanziarie basati su altre cose che non siano il debito, gli interessi e e la cartolarizzazione.
Réseau Voltaire : Pensa che la speculazione sui mercati dell’energia accelererà malgrado l’episodio dell’anno scorso ? In questo caso, quale sarebbe secondo lei la miglior soluzione perché il serpente non si morda più la coda ?
Richard Heinberg : La speculazione dei contratti a termine dell’energia non è efficace nello sforzo collettivo per adattarsi ai ribassi caotici dei mercati in tempi di combustibili fossili a basso prezzo. Senza la messa in campo di controlli dei contratti a termine, non eviteremo divari ancora maggiori dei prezzi degli idrocarburi, cosa che abbiamo visto in questi ultimi diciotto mesi. Quando il prezzo degli idrocarburi prende il volo, l’economia viene gravemente colpita, l’abbiamo constatato una volta di più. Quando il prezzo crolla, gli investimenti nella produzione di energia sono trascurati.
L’OPEC si è sforzata di aiutare ad attenuare gli scarti di prezzo aumentando o diminuendo la produzione e di mantenere così il prezzo del barile più stabile di quello che sarebbe senza intervento. Ma l’OPEC sta già perdendo la sua limitata capacità di agire in tal modo, perché la maggior parte delle nazioni che essa raggruppa vedono diminuire la loro produzione e hanno poca o nessuna capacità di una produzione supplementare. L’Arabia Saudita è l’unico importante produttore di sostegno in questo senso ed uno Stato, da solo, non può veramente equilibrare a lungo i tassi di produzione del mondo intero.
L’unica soluzione praticabile è quella di un accordo internazionale per il razionamento della produzione e del consumo come ho proposto nel mio libro The Oil Depletion Protocol [2].
Réseau Voltaire : Che cosa pensa del numero crescente di scienziati che rimettono in discussione la responsabilità dell’Uomo nel cambiamento del clima ? All’interno dell’ASPO (Associazione per lo studio dei picchi di produzione di petrolio e di gas naturale) alcuni, come Jean Laherrère, sono molto scettici…
Richard Heinberg : Non sono sicuro che il numero di scienziati che rimettono in discussione la responsabilità umana nel cambiamento climatico sia in aumento ; secondo me, è piuttosto il contrario. Sì, so che Jean Laherrère, di cui ho un enorme rispetto, ha sollevato numerose questioni sull’argomento. In quanto geologo, egli articola la sua riflessione su milioni di anni e in effetti, su tale scala cronologica, il clima della Terra è molto variabile. Per questo posso capire che egli si chieda se ciò che noi constatiamo oggi sia dovuto o meno a processi climatici risultanti da modifiche delle radiazioni solari, dall’eccentricità dell’orbita terrestre ( i famosi parametri di Milankovich) e dalle correnti oceaniche. Tuttavia, i climatologi hanno spinto molto lontano le loro ricerche sui probabili effetti dei fattori diversi dal carbonio e hanno concluso che essi, da soli, ’non possono spiegare il riscaldamento che attualmente si produce.
Fondamentalmente, io mi schiero sul punto di vista della maggior parte dei climatologi, i quali concludono che noi umani esercitiamo una pressione su un sistema instabile per natura (l’atmosfera, il clima) e lo spingiamo al suo punto di rottura iniettandovi enormi quantità supplementari di gas ad effetto serra.
Réseau Voltaire : Che cosa le suggerisce questa ipotesi: il progetto internazionale di borsa del carbonio è solo un mezzo per l’elite finanziaria di mantenersi a galla e per i paesi ricchi finanziariamente e poveri di risorse naturali è quello di arrogarsi il diritto di consumare le riserve ancora disponibili di combustibili fossili in cambio di denaro, privando del loro diritto allo sviluppo gli Stati poveri finanziariamente ma ricchi di risorse naturali ? In altre parole, il fondo del problema non è « Andiamo a consumare le ultime riserve di idrocarburi ? » (è indubbiamente il caso, a meno di non riprendere più a crescere economicamente), ma « Chi le consumerà ? ».
Richard Heinberg : Per quanto riguarda i programmi internazionali di borsa del carbonio, sono cauto per parecchie ragioni, tra cui il fatto che essi innescheranno la creazione di un enorme mercato di contratti derivati che necessiterà di una ferma regolazione se vogliamo evitare le bolle e i crac finanziari di grandi dimensioni. Mettere un limite alle emissione di carbonio è necessario, ma forse ci sono metodi migliori per mettere in opera queste limitazioni invece di creare nuovi tipi di prodotti derivati. Ad esempio, potrebbe funzionare un sistema di razionamento che impegni la totalità dei cittadini, come le quote di emissioni di carbonio (TEQ, Tradeable Energy Quotas).
Una volta giunta la fine degli idrocarburi, essi saranno utilizzati solo da quelli che potranno comprarli. A volte questo avviene indirettamente: per produrre ed esportare le sue merci a basso prezzo, la Cina brucia carbone per conto dell’America del Nord e dell’Europa.
Ma, in ogni caso, lo sviluppo basato sul consumo di combustibili fossili non è più una via verso la ricchezza e la sicurezza, come lo era all’inizio del XX secolo. Oggi, è divenuto una trappola. Crea solo una dipendenza da risorse sempre più rare e costose. L’economia dei paesi poveri andrà in modo migliore se essi riusciranno a tenersi lontani da talee trappola.
Mi rendo conto che è più facile esprimersi per un semplice giornalista che per un capo di Stato il cui popolo si vede negare i vantaggi dell’era moderna. Eppure è una delle più dure realtà di questo ancor giovane secolo.
Réseau Voltaire : Quale dovrebbe essere la priorità in materia di presa di decisione ufficiale ? Prepararsi alla crisi dell’energia o al cambiamento climatico ?
Richard Heinberg : Sotto numerosi aspetti, le soluzioni ai due problemi sono identiche : ridurre la dipendenza dalle energie fossili e aumentare la produzione di energie alternative.
Malgrado tutto, certe proposte per risolvere la crisi climatica sono assurde per quanto riguarda i limiti di approvvigionamento di combustibili fossili. Prendiamo un esempio, quello del recupero e dello stoccaggio del carbonio emesso dalle centrali termiche che funzionano a carbone. È un progetto che necessiterebbe di un enorme investimento e di decenni di messa in opera ; nello stesso tempo, il prezzo del carbone salirà vertiginosamente; è un aspetto del problema di cui si è tenuto ben poco conto ’nelle previsioni dei costi di questo « carbone proprio ». A priori, meno di vent’anni ci separano dal picco di produzione mondiale del carbone, come ho detto nel mio ultimo libro Blackout [3]. Allora sarebbe più ragionevole investire con più moderazione per sviluppare la produzione di energie rinnovabile invece di mettere in piedi un’infrastruttura vasta e costosa destinata a mantenere un consumo ininterrotto di un combustibile in rarefazione, sempre più costoso e che emette grandi quantità di carbonio.
Réseau Voltaire : Lei prevede un aumento del numero di conflitti per le risorse energetiche ? Se sì, come lo spiega ?
Richard Heinberg : Dobbiamo aspettarcelo. Gli uomini si sono sempre battuti per le risorse essenziali. Oggi, mentre le risorse energetiche da idrocarburi che hanno alimentato la società moderna diventano rare e costose, è prevedibile che aumenti il numero dei conflitti per il controllo di queste risorse. Sapendo questo, quelli che decidono politicamente a livello nazionale devono prevedere i luoghi dove possono esplodere tali conflitti ; devono inoltre cercare di evitarli. Innanzitutto, il solo modo per arrivarci è ridurre la competizione per l’accesso a queste risorse diminuendo, là dove è possibile, la dipendenza (alcune risorse, come l’acqua, ci sono indispensabili) e concludendo degli accordi sulla limitazione della produzione e del consumo di energie fossili con l’ausilio di protocolli concertati di gestione della penuria.
Naturalmente, per questo ci vorrebbe un cambiamento radicale delle posizioni dei capi di Stato. Oggi, la loro riflessione ruota unicamente attorno alla questione di avere il vantaggio della competitività ; schématicamente, essi cercano ulteriormente di uscire vittoriosi dai conflitti energetici invece di evitarli. Questo modo di pensare è sempre più pericoloso man mano che cresce la popolazione mondiale e si riducono le risorse.
Réseau Voltaire : Secondo lei, qual è il ruolo dell’aumento dei prezzi delle energie fossili, dei fertilizzanti e dei pesticidi nell’attuale crisi alimentare ?
Richard Heinberg : A prima vista, certi aspetti della crisi alimentare non sembrano direttamente collegati alla dipendenza dalle energie fossili. Ad esempio, le penurie d’acqua si moltiplicano a causa dell’irrigazione; eppure, per la maggior parte del le volte, esse sono la conseguenza del cambiamento climatico, il quale è a sua volta dovuto alle emissioni di carbonio prodotte dai combustibili fossili. Poi, c’è l’erosione dei suoli, il più delle volte causata dai moderni metodi di produzione agricola intensiva che implicano l’utilizzo di trattori ed altri macchinari agricoli alimentati a gasolio. L’uniformità genetica delle sementi costituisce un altro fattore : le piante diventano più vulnerabili nei confronti dei parassiti ed allora hanno bisogno di più pesticidi contenenti idrocarburi. Se seguiamo le catene della causalità che si concludono con queste eterogenee minacce sul nostro sistema alimentare, quasi tutte tendono ad emergere da una stessa origine.
Generalmente, il nostro moderno sistema alimentare, basato sul consumo di energie fossili, soffre di una grave vulnerabilità a parecchi livelli e questa vulnerabilità trova prima di tutto la sua origine nella nostra dipendenza da tali energie. L’inevitabile riduzione del rifornimento di carburante per i trattori sarà nefasta per gli agricoltori ; in più, i composti chimici utilizzati in agricoltura diventeranno sempre meno abbordabili. Gli elevati costi del petrolio renderanno più oneroso lo scambio di prodotti alimentari a grandi distanze. Il cambiamento climatico e l’inaridimento diminuiranno le capacità di resa delle sementi.
Ci troviamo di fronte ad una crisi alimentare del tutto prevedibile, le cui cause sono evidenti. Le politiche da mettere in campo sono anch’esse evidenti : dobbiamo impegnarci nella riforma del nostro sistema alimentare nel suo complesso in modo da ridurre la nostra dipendenza dalle energie fossili.
Réseau Voltaire : Potrebbe presentarci in poche parole gli obiettivi del lavoro che lei ed I suoi colleghi conducete al Post Carbon Institute e qual è stato finora il suo impatto ?
Richard Heinberg : Attualmente, noi riuniamo una costellazione di ricercatori che condividono la stessa visione della crisi mondiale e che si dichiarano interessati a lavorare con i programmi di istruzione. Pensiamo di vivere in un momento storico che rende necessario ripensare in profondità i nostri postulati circa la crescita economica, il consumo di energia, il sistema alimentare, il cambiamento climatico e la demografia ; questioni che si intrecciano, ma che raramente sono affrontate in maniera sistematica da chi prende le decisioni politiche.
Nello stesso tempo, il Post Carbon Institute lavora in stretta collaborazione con le Iniziative di transizione (Transition Initiatives, transitiontowns.org) ; si tratta di una rete di comunità di cittadini che promuove l’economia del dopo-petrolio. Finché le necessarie riforme politiche non saranno pensate, adottate, sperimentate e promosse dagli individui e dalle comunità, i capi di Stato continueranno a tirarla per le lunghe.
Noi riteniamo che l’attuale crisi economica costituisca una svolta fondamentale nella nostra storia. L’economia mondiale ha incontestabilmente raggiunto i suoi limiti in termini di crescita. Ora, tutto dipende dalla nostra volontà di collaborare e di adattarci a questi limiti.
Noi condividiamo l’idea che, in definitiva, sia possibile una vita migliore senza energia fossile e senza una crescita continua in termini demografici e consumistici. Ma la transizione tra il paradigma attuale di una crescita basata sui combustibili fossili e quello di una società stabile basata sulle energie alternative ha tutte le possibilità di essere una parentesi difficile. In una maniera o nell’altra, l’umanità vi arriverà : la deplezione delle risorse lo garantisce. Ciò che desideriamo è semplicemente rendere questa transizione più facile, più equa e più vivibile per tutti coloro che ne sono interessati.
Traduzione eseguita da Belgicus dalla versione francese di Krieg per il Réseau Voltaire
Richard Heinberg ha scritto Pétrole, la fête est finie !. Questo libro di riferimento è raccomandato dal Réseau Voltaire e diffuso per corrispondenza dalla Libreria del Réseau.
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[1] Pétrole : La Fête est finie ! Avenir des sociétés industrielles après le pic pétrolier, Editions Demi-Lune, Collection Résistances, 2008, tradotto da Hervé Duval.
[2] Leggi il testo della proposta di protocollo. L’opera alla quale si riferisce R. Heinberg è disponibile solo in inglese : Richard Heinberg et Colin Campbell, The Oil Depletion Protocol, New Society Publishers, 2006.
[3] Disponibile in inglese : Richard Heinberg, Blackout : Coal, Climate and the Last Energy Crisis, New Society Publishers, 2009.
Voltaire, édition internationale
Sito personale di Richard Heinberg: http://www.richardheinberg.com/Home.html
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