“Guarda: le tante pietre di Aquincum seppelliscono anche noi”
(Árpád Tóth, In un’osteria di Aquincum)

 

Presso il museo archeologico di Aquincum, inventariata col numero 63.10.64, si trova una stele funeraria che venne rinvenuta nel 1962 nell’attuale Bécsi út di Budapest. Giancarlo Susini ne dà la descrizione seguente.

Stele funeraria del legionario Lucio Vario Pudente.

“La pietra da cui è stata ricavata la stele è un calcare giallastro, porosissimo, comune a molte stele del medio Danubio, e proveniente da alcuni filoni delle alture settentrionali del Balaton. La stele in parola ha forma ortogonale; la sua sommità, scheggiata all’angolo sinistro, ha la forma di un frontoncino assai basso. I lati ed il retro non presentano tracce di grappe, ma sono stati solo sommariamente sbozzati con lo scalpello. La fronte contiene invece uno specchio riquadrato da una cornice a gola diritta: nell’interno dello specchio è racchiusa l’epigrafe; tutto attorno sono disegnati, in un rilievo assai sommario, tralci e grappoli d’uva: uno dei motivi preferiti dell’arte decorativa romana nei monumenti funerari, non alieno da significazioni simboliche e destinato a grande fortuna sui sarcofagi del tardo impero e nelle sculture paleocristiane. Nella parte inferiore del bordo campeggia un càntaro; tutto il rilievo appare molto consunto sul bordo destro. La stele è alta m. 1,32; la sua larghezza media è di m. 1,18 ed il suo spessore raggiunge m. 0,22”1.

La stele, che alcuni2 fanno risalire ad un periodo compreso tra il 105 e il 130, viene invece datata da Susini, in base alla struttura ed alla tecnica del rilievo, alla seconda metà del II secolo d. C.

L’iscrizione funeraria, incisa in maniera regolare ed accurata, dice:

“D(is) M(anibus) / L(ucius) V(arius) Pude(n)s / vet(eranus) leg(ionis) X g(eminae) / domo Parm(a) / an(norum) LX h(ic) s(itus) e(st) / Maria Geis / coneugi [sic] pient(issimo) / p(osuit)”.

“Agli Dei Mani. Qui giace Lucio Vario Pudente, veterano della Legione X Gemina, di anni sessanta, da Parma. Al piissimo coniuge Maria Geis pose”.

Il nomen gentilicium del legionario proveniente da Parma, Varius, è uno dei più comuni nell’onomastica latina; è uno dei più diffusi anche tra i gentilizi della popolazione parmense d’età romana3. Per quanto concerne l’onomastica della moglie, il gentilizio Maria è anch’esso uno dei più comuni, mentre il cognomen è un unicum che trae verosimilmente origine dal greco Ge.

La Legio X Gemina, nella quale Lucio Vario Pudente aveva militato, è la gloriosa X legio creata da Cesare nel 59 e ridenominata da Augusto. Sotto il principato di Traiano, verso il 104, la X Gemina venne trasferita dalla Germania Inferiore nella Pannonia superiore, ad Aquincum, in vista della seconda campagna dacica (105-106). Dal 113-114 fu trasferita a Vindobona, per rimpiazzarvi la XIIII Gemina. Nel periodo di Adriano essa inviò dei reparti distaccati (vexillationes) a reprimere la rivolta giudaica (132-135); partecipò alle campagne partiche di Lucio Vero (163-166) e alle guerre di Marco Aurelio contro i Marcomanni (166-172).

La località di Aquincum, dove il veterano Lucio Vario Pudente morì sessantenne, era diventata sede di una postazione militare nel 49-50, quando l’imperatore Claudio volle rafforzare il limes danubiano al fine di prevenire un’eventuale invasione della Pannonia da parte di Quadi e Marcomanni. Oltre alla fortezza di Carnuntum, vennero così fondati anche i fortini ausiliari di Brigetio e di Aquincum: quest’ultimo, in particolare, sorse come forte ausiliario (190 x 250 metri circa) di un’ala di cavalleria nell’odierna zona di Viziváros, alla periferia di Budapest, su un preesistente sito celtico. Nel 73 l’Ala I Tungrorum Frontoniana costruì nell’attuale zona di Óbuda un altro fortino (140 x 180 metri circa), che fu presumibilmente distrutto nel 92-93, nella seconda fase della campagna suebo-sarmatica intrapresa da Domiziano.

Nell’89, durante la prima fase della guerra, nella fortezza legionaria di Aquincum (415 x 415 metri circa) venne acquartierata una legione (la Legio V Alaudae o la Legio XXI Rapax) che, completamente distrutta nel 92 in seguito ad un’invasione dei Sarmati Iazigi, fu sostituita dalla II Adiutrix. Questa legione partecipò alle campagne di Traiano in Dacia (101-106) e contro i Parti (114-116); sotto il comando di Lucio Vero, combatté di nuovo contro i Parti (163-166).

Difficile stabilire con certezza a quali tra queste imprese militari avesse preso parte Lucio Vario Pudente. L’assegnazione della stele alla seconda metà del II secolo e l’età del legionario parmense rendono teoricamente possibile una partecipazione di quest’ultimo alla campagna partica di Lucio Vero ed a quella marcomannica di Marco Aurelio; poté invece combattere agli ordini di Traiano qualora si accetti l’altra datazione.

In ogni caso, dopo il congedo Lucio Vario rimase ad Aquincum, dove sposò la cittadina romana Maria Geis, magari regolarizzando col matrimonio un rapporto preesistente. Ricordiamo infatti che, se nel periodo della ferma il soldato dell’esercito romano non può contrarre unioni coniugali, è tuttavia improbabile che “uomini lontani dal loro lare per 20 o 25 anni (a seconda che si tratti di legionarii o auxilia), e anche più, non contraggano vincoli con una qualche donna, non abbiano una contubernalis o focaria”4.

Arruolato in una regione dell’Italia in cui la maggior densità demografica induceva a cercare impiego nella milizia, Lucio Vario Pudente, cittadino romano di pieno diritto, rappresenta con la sua pur incerta biografia “un aspetto sostanziale della storia della latinizzazione delle province e della formazione dei ceti locali nelle diverse terre dell’impero”5


NOTE       

1. Giancarlo Susini, L’iscrizione di un soldato romano ad Aquincum, in: AA. VV., Miscellanea di studi dedicati a Emerico Várady, S.T.E.M. Mucchi, Modena 1966, p. 291.

2. Ubi erat Lupa. Römische Steindenkmäler, www.ubi-erat-lupa.org/monument.php?id=2808

3. Luigi Grazzi, Parma romana, Artegrafica Silva, Parma 1972, p. 22.

4. Santo Mazzarino, L’Impero romano, Laterza, Roma-Bari 1973, vol. II, pp. 357-358.

5. Giancarlo Susini, op. cit., p. 293.


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Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).