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LXXII – La sfida dei BRICS

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L’allargamento dei BRICS deciso al vertice di Johannesburg rappresenta un vero e proprio cambiamento tettonico del mondo. Data la complessiva potenza economica, industriale e tecnologica di questa organizzazione (non ideologica ma multiculturale) e date le immense risorse naturali di cui dispongono i Paesi membri, l’emergere dei BRICS accelera il processo di dedollarizzazione e, favorendo la transizione ad un ordine mondiale multipolare, segna il definitivo declino dell’unipolarismo statunitense.

Descrizione

GEOPOLITICA E GEOSTRATEGIA

Il percorso politico di Ernst Niekisch è la descrizione del legame tra l’emancipazione sociale e gli ideali nazionali nell’ottica del destino comune di Russia e Germania, considerate in contrapposizione all’Occidente borghese e liberaldemocratico. Secondo Niekisch la Russia con la rivoluzione del 1917 era riuscita a realizzare uno Stato realmente sovrano, unendo riscatto nazionale e istanze sociali; invece la Germania, lacerata da lotte, umiliata dal Trattato di Versailles e in balia di un nazismo che aveva ceduto ai valori occidentali, abbandonava l’unico antidoto all’imborghesimento: la Ostorientierung, Niekisch fuse l’esaltazione dei valori prussiani, la critica al marxismo, la contrapposizione all’idealtipo borghese e la valutazione positiva della rivoluzione bolscevica, interpretata da Iosif Stalin in chiave nazionalistica e generatrice dello Stato assoluto. Di qui la sua concezione di un grande impero eurasiatico fondato sull’asse tedesco-slavo. Fu anche in relazione al punto di vista del nazionalbolscevico Ernst Niekisch che si sviluppò il pensiero di Jean Thiriart.

Dopo la guerra fredda, gli USA si dotano di un sistema antimissile strategico stratificato, introducendo un fattore inedito nel bilanciamento di forze tra le potenze nucleari. Nel suo particolarissimo contesto, segnato da un forte declino dell’arsenale nucleare russo, questo sviluppo è stato percepito come una minaccia alla sicurezza della Federazione Russa – e non solo – declinata nella possibile negazione della capacità di rappresaglia, quindi della deterrenza.

DOSSARIO: LA SFIDA DEI BRICS

Il 15° vertice dei BRICS ha rappresentato una svolta nella storia di questa particolare struttura di cooperazione intercontinentale. Oltre all’ingresso di sei nuovi membri (previsto a partire dal 1° gennaio 2024), l’incontro, sotto la spinta di Ignacio Lula da Silva e Vladimir Putin, ha concentrato i suoi lavori sul processo di dedollarizzazione delle economie dei Paesi membri. Tale operazione sancirebbe la fine del sistema egemonico semiparassitario in cui gli USA stampano biglietti verdi per commerciare col mondo in via di sviluppo produttore di materie prime. In altri termini, costituirebbe un ulteriore tassello nel già avanzato processo di costruzione della multipolarità. In questa analisi, dunque, si cercherà in primo luogo di esaminare l’idea di multipolarismo per poi affrontare nel dettaglio la storia e l’evoluzione dei BRICS.

Il dibattito tra gli studiosi delle relazioni internazionali ha prodotto numerose categorie che ci aiutano a interpretare le epoche della politica internazionale. Dopo la breve fase unipolare seguita alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, il sistema internazionale sembra essere entrato in un’era multipolare. Ne è dimostrazione il fatto che già da qualche anno gli Stati Uniti ammettono che stiamo vivendo in una nuova era di competizione tra grandi potenze. Inoltre, aumentano le istanze per dare vita a un sistema internazionale più equo, privo di nette divisioni ideologiche e in cui il potere degli Stati Uniti è bilanciato da altri attori statuali. In questo processo, oltre a Cina e Russia, svolgono un ruolo di protagonisti anche Brasile, India e Sudafrica.

Mentre, con l’Operazione militare speciale russa in Ucraina e le tensioni con Pechino sullo sfondo, gli Stati Uniti premono per un disaccoppiamento delle economie dell’Occidente da quella cinese e le nazioni emergenti spingono verso la dedollarizzazione, i vincoli per il nostro Paese, governato da un esecutivo votato alla più rigida ortodossia atlantica, nelle relazioni con il mondo “non occidentale” si fanno sempre più stringenti.

La richiesta turca di adesione ai BRICS è relativamente recente, essendo datata – benché in assenza di una formale domanda – 2018. In occasione del decimo vertice tenutosi in Sudafrica tra il 25 e il 27 luglio di quell’anno, infatti, Erdoğan – ospite invitato all’evento – ha esplicitamente affermato l’intenzione dei Turchi di entrare a far parte dell’organizzazione. Mentre l’ideologia originaria della Repubblica guardava innanzitutto ad occidente, l’attuale Turchia – particolarmente delusa dalla chiusura e dalle continue lezioni di comportamento provenienti dall’Unione Europea – si rivolge con maggiore fiducia al mondo dei BRICS. Un sistema BRICST permetterebbe alla Turchia di svolgere un ruolo più centrale e meno periferico rispetto a quello giocato in un’alleanza “transatlantica”; costituirebbe infatti l’allargamento di un’associazione di forze tendenzialmente sovrane e non subordinate al potere statunitense e al mondo degli affari e della speculazione. Particolarmente importante sarebbe per Ankara beneficiare dell’importante istituzione economica e monetaria dei BRICS, ovvero la Nuova Banca di Sviluppo, che agisce in controtendenza al Fondo Monetario Internazionale, il Grande Indebitatore entrato più volte in rotta di collisione con la Turchia in questi ultimi 20 anni.

La lotta contro l’egemonia statunitense ha diversi aspetti, tra i quali possiamo menzionare quello economico-finanziario e quello militare. Nell’alveo del primo contesto i BRICS sono i principali concorrenti di Washington, mentre per il secondo aspetto, almeno nel Vicino Oriente, l’Asse della resistenza (Iran, Siria, Hezbollah ecc.) è la principale minaccia per l’imperialismo americanosionista. Proprio per questo la sinergia tra BRICS e Asse della resistenza segnerebbe la fine dei piani egemonici nordamericani nel Vicino Oriente e alivello globale.

Dopo l’abolizione del regime dell’Apartheid nel 1994, il Sudafrica fu presentato come lo Stato africano perfetto, un paese che aveva evitato la guerra civile grazie ad un’agevole transizione verso la democrazia. Il suo futuro era promettente: aveva ottenuto riconoscimenti da parte dell’establishment politico mondiale e procedeva abilmente nella complessa diplomazia su scala domestica e internazionale. Le speranze e le aspettative erano elevate e gli occhi di tutti erano puntati su quel partito al potere che un tempo governava clandestinamente, in esilio, dalla giungla di Lusaka. Con l’approssimarsi del quindicesimo vertice dei BRICS a Johannesburg (22-24 agosto 2023) l’ambiente politico sudafricano è animato dallo stesso zelo che si respirava negli anni che condussero all’abolizione dell’Apartheid e alla transizione verso la democrazia.

L’ingresso dell’Argentina nel gruppo dei BRICS potrebbe rappresentare, almeno sul piano economico, una minaccia concreta per l’unipolarismo targato USA. In un momento storico in cui le simpatie di larga parte del Pianeta non sono rivolte all’Occidente, l’adesione del Paese latinoamericano al blocco che mira a spezzare l’egemonia valutaria degli Stati Uniti costituisce un fattore critico di enorme portata.

La XV Conferenza BRICS svoltasi nell’agosto 2023 a Johannesburg ha decretato l’allargamento del gruppo confermando l’adesione dell’Egitto e dell’Etiopia nel gennaio 2024. Da sempre luogo di incontro economico e culturale tra Oriente, Europa ed Africa, l’Egitto si è trovato ad un bivio internazionale. La grande destabilizzazione economica, la guerra in Ucraina e la sfida globale USA-Cina hanno risvegliato i sentimenti antimperialisti ed hanno indotto il Paese ad instaurare un nuovo rapporto col mondo. L’Etiopia, scossa dalla guerra interna e dagli effetti della guerra russo-ucraina, ha scelto di schierarsi fuori dall’Occidente, per poter agire in modo indipendente e trovare nuovi “amici”, senza che le vengano imposte ideologie estranee.

La Cina, la cui influenza è predominante all’interno dei BRICS, ha imposto la scelta di due Paesi arabi quali l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, situati sulle future “Vie della seta”. L’integrazione dell’Algeria avrebbe potuto costituire un contrappeso all’ingresso di questi due Paesi, noti per le loro relazioni con gli Stati Uniti e con Israele. È auspicabile che l’anno prossimo il vertice dei BRICS a Kazan decida per un equilibrio più consensuale in seno all’organizzazione.

CONTINENTI

Sono trascorsi 200 anni dalla proclamazione della Dottrina Monroe (2 Dicembre 1823) e dalla sua interpretazione unilaterale, che mira alla colonizzazione e al possesso del continente americano. Questo indirizzo di politica estera si fonda su un’ideologia messianica che armonizza la credenza nella supremazia religiosa e razziale del popolo nordamericano con una missione storica assegnata da Dio per realizzare i suoi disegni sulla Terra: il “Destino Manifesto”. Agli inizi del Novecento una serie di pensatori latinoamericani comprese il mortale pericolo che minacciava l’America Latina: oltre al dominio politico-economico del “Colosso del Nord”, incombeva l’asservimento della sua anima e della sua cultura. Nel mondo multipolare che sta per sorgere, dobbiamo rivolgerci a questi pensatori affinché possano illuminarci sul percorso strategico di una futura Seconda Guerra d’Indipendenza.

In uno studio di due anni fa concludevamo – correttamente – che nei due o tre anni successivi un conflitto aperto tra Pechino e Taipei sarebbe stato alquanto improbabile, e più improbabile ancora uno sbarco in forze dell’Armata Popolare di Liberazione sull’isola di Formosa. Partiamo da qui per tracciare un bilancio e immaginare alcuni scenari, due anni dopo: come sipuò prevedere se ci sarà un conflitto? La Repubblica Popolare Cinese pensa ad un’invasione dell’isola? Gli Stati Uniti e i loro alleati interverranno per difendere Taipei? Si prepara una guerra tra potenze nucleari per Taiwan? E se sì, quando? Proviamo, con un’analisi che parte dal quadro politico, a giungere a conclusioni di carattere militare e a delineare uno scenario strategico.

Mentre i media occidentali continuano a raccontarci di una Russia isolata a livello mondiale e alle prese con la crisi economica, il grande successo del Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo ci ha restituito un quadro ben diverso, nel quale Mosca continua ad intrattenere ottime relazioni commerciali con la maggioranza della comunità internazionale e mantiene una forte solidità economica interna.

Il ripristino delle relazioni diplomatiche tra l’Albania postcomunista e gli Stati Uniti (15 marzo 1991) ha inaugurato un rapporto che si è andato consolidando di anno in anno. Nonostante alcune frizioni con Washington, l’Albania ha assunto un totale orientamento atlantista, coronato il 1° aprile 2009 dalla piena adesione alla NATO. Attualmente, anche se la dirigenza del Partito Democratico guidata da Sali Berisha accusa George Soros di voler controllare la giustizia albanese per colpire i politici che non sono sotto il suo controllo, nella classe politica di Tirana è diffusa l’aspirazione ad un rapporto “incondizionato” con gli Stati Uniti d’America.

DOCUMENTI

“L’ultimo discorso dell’anno 1933 va oltre i limiti della vita nazionale e di quella europea, e tocca con spirito nuovo quel problema dei rapporti fra l’Oriente e l’Occidente che nell’ultimo decennio aveva, più intensamente che nel passato, occupato lo spirito dei maggiori pensatori e polemisti politici del tempo nostro. L’occasione venne offerta al Duce dal Primo Convegno di studenti d’ogni parte dell’Asia – cinesi, giapponesi, indiani, persiani, afgani, siamesi, arabi, siriani ecc. – nella sala di Giulio Cesare in Campidoglio, il 22 dicembre 1933. Il Duce, parlando agli studenti asiatici, prospettò in modo nuovo il complesso problema, lanciando ancora una volta da Roma il più vasto ed alto appello allo spirito civile e alla solidarietà umana”. (Scritti e Discorsi di Benito Mussolini. Edizione definitiva. VIII. Scritti e Discorsi dal 1932-X-XI al 1933-XI-XII E.F., Hoepli, Milano 1934-XII, pp. 285-286)

L’articolo, apparso in origine sulla “Novosti”, venne tradotto in italiano per “URSS oggi” (bollettino dell’Ambasciata dell’URSS), n. 13, Luglio 1977, pp. 16-20.

INTERVISTE

Intervista a Habib Salavati (Corpo dei Guardiani della Rivoluzione), a cura di Claudio Mutti.

RECENSIONI E SCHEDE

Ammiano Marcellino, Le res gestae di Giuliano il Grande (Recensione di Adelaide Seminara)

Roberto Vannacci, Il mondo al contrario (Recensione di Adelaide Seminara)

Alberto Bradanini, Cina. Dall’umanesimo di Nenni alle sfide di un mondo multipolare (Recensione di Luca Baldelli)

Claudio Mutti, Psychostasia (Recensione di Adelaide Seminara)

Luca Tadolini, Bologna: la pista israeliana (Recensione di Adelaide Seminara)

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